Serena Iansiti è l’affascinante Livia Lucani nella nuova serie di successo Il Commissario Ricciardi, tratta dai romanzi di Maurizio de Giovanni, e ambientata nella Napoli degli anni Trenta, che ha debuttato su Rai Uno il 25 gennaio 2021.
Serena Iansiti, che ha lavorato in fiction amatissime dal pubblico come CentoVetrine, I Bastardi di Pizzofalcone, Il Giovane Montalbano, Il Commissario Montalbano, Don Matteo – solo per citarne alcune – ci ha raccontato della sua Livia e del rapporto con Luigi Alfredo Ricciardi, interpretato nella fiction da Lino Guanciale, svelandoci alcuni particolari del set.
Nel Commissario Ricciardi interpreti Livia Lucani: ci racconti del tuo personaggio, una donna sofisticata con amicizie potenti?
Livia è molto amica della figlia del Duce, Edda Ciano, ma lei non è fascista. In qualche modo, proprio per essere una personalità della vita mondana romana, un soprano, una donna importante, è dentro suo malgrado nella società politico-culturale dell’epoca che era molto legata alla dittatura fascista. Però, come si è visto anche nel terzo episodio, Livia ha anche molta diffidenza e timore dei fascisti, come nella scena in cui cercano di aggredire Ricciardi o come si rapporta a questa figura misteriosa, Falco, interpretato da Marco Palvetti, che è un agente dell’Ovra. Livia inizia quindi a subire il peso di questo regime di controllo, quasi come se presagisse il periodo pesantissimo e pericoloso che l’Italia si troverà a vivere negli anni successivi.
Detto ciò, Livia è anche estremamente brillante. Lei ha vissuto la perdita del figlio di un anno, la sua vita coniugale non è stata felice, però ha questa carica vitale che forse è la chiave del suo successo, è ciò che la rende così carismatica e sensuale. Livia vuole vivere, scrollarsi di dosso tutta questa pesantezza dovuta al dolore e al fascismo. E lo fa anche gettandosi a capofitto in questa storia con Ricciardi anche se non sa dove la porterà. È molto coraggiosa, molto moderna per l’epoca. Nonostante non debba chiedere nulla, perché è adulata da tutti e potrebbe adagiarsi sulle cose che già ha, lei va avanti come un ariete, pronta a sbattere contro il muro, perché così potrebbe andare con Ricciardi. Ma a Livia non interessa, a lei Ricciardi piace come persona, non si tratta solo di attrazione, le è entrato in qualche modo sotto pelle e quindi vuole capire, vuole buttarsi.
Per preparare il tuo personaggio ti sei ispirata a qualche attrice o donna dell’epoca in cui è ambientata la fiction?
Sicuramente Greta Garbo e Marlene Dietrich. Poi ho fatto una ricerca su altre dive, anche meno conosciute, del panorama cinematografico degli anni Trenta. Per esempio mi ha molto colpita Tallulah Bankhead. Era un’attrice molto avanti per l’epoca, faceva ruoli misteriosi ma anche brillanti. Tutte queste dive degli anni Venti e Trenta erano molto più anticonformiste e trasgressive di quanto si pensi e avevano un lato oscuro molto pronunciato, erano molto tormentate. Ho voluto mettere anche questo nella mia Livia. Le attrici dell’epoca erano in grado di interpretare un ruolo in modo non bidimensionale, lo stesso ho cercato di fare con la mia Livia, perché il rischio è quello di cadere nello stereotipo della donna piacente e affascinante e poi Livia è così insistente con Ricciardi. Devo dire che mi è piaciuto mettermi alla prova con questo personaggio.
Tra l’altro Livia nella fiction ha una rivale in amore, Enrica, interpretata da Maria Vera Ratti
Eh sì. Si apre proprio la serie con quell’ “amore mio”. Già si parte con una situazione sfavorevole per Livia. Lei però non si ferma, non perché è una conquistatrice, ma perché vuole vivere ed essere felice. Lei a Ricciardi chiede se ha una donna e lui le risponde di no, ma pensa a qualcuno. Ecco, finché le cose stanno così, la strada è ancora aperta e dunque perché frenarsi? Per lei è più importante amare ed eventualmente soffrire, piuttosto che non amare affatto e limitarsi in un sentimento.
La rivalità tra Livia ed Enrica è solo nella fiction, vero? Perché Maria Vera Ratti ha scritto su Instagram che nella realtà siete amiche
Assolutamente sì. Da quando ci siamo incontrate sul set, abbiamo subito stretto amicizia. Maria Vera Ratti, oltre a essere una bravissima attrice, è una persona molto carina. Già a Taranto [dove si è girata la fiction ndr.] abbiamo iniziato a vederci anche al di fuori dal set, ormai un paio di anni fa, e ancora qualche volta ci vediamo qui a Roma. Ho solo belle parole per lei.
Con Lino Guanciale come è andata?
Anche con lui ottimamente. Il primo giorno di lavoro è stato il primo per entrambi, a Taranto. È un compagno di lavoro eccezionale, molto disponibile con tutti, con gli attori e la troupe, molto generoso. Ma devo dire che con tutto il cast, artistico e tecnico, c’è stata una grande sinergia fin da subito ed è rimasta fino alla fine. E questo grazie al regista Alessandro D’Alatri, che è stato come un papà di questo Ricciardi veramente eccezionale e appassionato. È stato davvero un bel lavoro. Anche nella cura dei dettagli, dall’arredamento degli ambienti ai costumi. Magari uno spettatore non si accorge dei particolari, ma se per due ore riesce a perdere il contatto con la realtà e a immergersi nella storia e negli anni in cui è ambientata, allora vuol dire che il nostro lavoro è valso a qualcosa. Qualcuno mi ha detto ‘Adesso il lunedì è meno triste col Commissario Ricciardi’, queste sono cose che fanno davvero molto piacere. Il fatto di fare una serie in costume è indubbiamente più impegnativo, ma i risultati che abbiamo ottenuto sono molto buoni e poi penso che una serie ambientata nel passato dia la possibilità di sognare di più e di evadere.
Forse sei l’unica ad aver lavorato coi Commissari più famosi della tv, penso a Montalbano e naturalmente a Ricciardi: cosa ci racconti?
Ho lavorato anche col giovane Montalbano [ride ndr]. Nel Giovane Montalbano interpretavo una delle protagoniste della seconda serie, invece del Commissario Montalbano ho partecipato a un episodio, Amore. È stato bellissimo. Là eravamo in Sicilia e anche in quel caso c’era un’atmosfera onirica, nonostante le due fiction siano ambientate in un tempo più vicino al nostro. Ma anche la Vigata di Montalbano è una città che non esiste così come è descritta da Andrea Camilleri anche se naturalmente si trova nel Ragusano, quindi ha il potere di trasportarti in una nuova dimensione che non è quella tipica dei gialli, è un’atmosfera invece più impalpabile e diradata, non classica. Le storie e i personaggi sono quindi entrati a far parte della nostra vita. Poi Michele Riondino e Luca Zingaretti sono bravissimi. Ho davvero un bellissimo ricordo di quelle esperienze.
Hai sempre voluto fare l’attrice?
Da quello che ricordo, sì. Mi è sempre piaciuto molto fantasticare, giocare. Non a caso gli inglesi usano lo stesso termine “play” sia per indicare il gioco che la recitazione, perché uno gioca seriamente quando recita, così come giocano seriamente i bambini.
La tua attrice preferita?
Ne ho tantissime. Mi piace tanto Marion Cotillard, Kate Winslet, Cate Blanchett, Meryl Streep che neanche si nomina più tanto è oltre. Loro sono bravissime, mi piacciono perché interpretano ruoli diversi, si mettono in gioco sia in ruoli drammatici che più brillanti.
Dopo Il Commissario Ricciardi, dove ti rivedremo?
Prossimamente, tra marzo e aprile, dovrebbe andare in onda la sesta stagione di Un passo dal cielo, anche se in realtà il titolo è cambiato, si dovrebbe chiamare I guardiani del cielo, anche se il cast è lo stesso. Forse il cambiamento è dovuto al fatto che il set si è spostato dall’Alto Adige al Veneto. Lì ho un ruolo brillante, interpreto Carolina che è una consulente green molto imbrogliona e combinerà un sacco di pasticci.
Ritroverai Enrico Ianniello?
Esatto, lo ritrovo in un’altra epoca e in altre vesti. Nel Commissario Ricciardi interpreta Bruno Modo, mentre in Un passo dal cielo è Vincenzo Nappi.