Paolo Crepet: «Spegnete quei telefoni e parlate coi vostri figli»

A 20 anni dall'avvento dei social, l'effetto sui ragazzi (e non solo) in Italia. Il libro è scaricabile gratuitamente qui

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Alessandra Del Re

Giornalista esperta di Costume&Società

Scrive per necessità e passione. Ama le storie degli altri, famosi e non, leggerle e raccontarle

Sono passati 20 anni dalla nascita dei social media, che fanno ormai parte delle nostre vite. Un fenomeno che ha ribaltato i paradigmi della comunicazione e ci ha cambiato fortmente. Ed è proprio per indagare sul cambiamento, e provare a comprenderne la portata, che è nato Schemi Futuri, il primo osservatorio per capire la relazione tra le persone e la tecnologia. Una ricerca prodotta da Unieuro, leader del mercato Consumer Electronics italiano, in collaborazione con Ipsos e con la direzione scientifica di Paolo Crepet. Una ricerca diventata anche un libro bianco che fornisce un’istantanea reale dei fenomeni in atto. Il libro è scaricabile gratuitamente qui: Schemi futuri. Generazione Z e social tra legami liquidi e nuove comunità.

Partiamo col fornire qualche dato di partenza: lo studio ha preso in esame un campione di 1.200 ragazzi tra i 14 e i 19 (quelli della cosiddetta Generazione Z o zeddler), studiando i loro comportamenti sia online che no. L’importante premessa degli addetti ai lavori che è i ragazzi non sono incasellabili in un unico cluster, e che le community of sentiment non hanno la testa immersa solo nei social. Certo, vi è una grossa fetta di “bramosi si ammirazione”, che potremmo tradurre come ragazzi e ragazze insicuri alla ricerca matta di like, ma anche una bella percentuale di “pacati e riflessivi”, giovani dotati di quel senso critico che permette loro di avere un pensiero spesso discordante dal gregge.

Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca. (Papa Francesco)

La tecnologia ha fatto livella tra Nord e Sud, i ragazzi hanno sempre meno la percezione delle differenze di genere, ma seppur tanto “sgamati online”, capaci di muoversi tra social e motori di ricerca fin dalla più tenera età, spesso vanno incontro disarmati ai pericoli della rete, oppure non sanno utilizzare il potenziale “buono” della rete, ovvero la conoscenza e la vastità di informazioni utili, capaci di arricchire.

La soluzione invocata durante la conferenza stampa tenutasi al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, è la scuola, che dovrebbe insegnare loro a difendere la privacy online, ma anche a verificare le fonti per scansare le fake news. A tal proposito il libro fornisce un decalogo di consigli e pratiche per non diventare dipendenti dalle piattaforme digitali, contrastare le dinamiche che spingono ad aspirare a certi canoni estetici, combattere il cyberbullismo e il ghosting.

Abbiamo scambiato qualche battuta con il dottor Paolo Crepet, noto psichiatra, sociologo, educatore, saggista e opinionista. Secondo Crepet la risorsa dei ragazzi di oggi è che «Hanno un distacco nei confronti del mondo online che i 40enni non riescono ad avere. Questo rappresenta un problema di tipo educativo, perché genitori e figli fanno cose simili».

A cosa andiamo incontro con l’infantilizzazione genitoriale?
Purtroppo è pieno di donne e uomini che non vedono l’ora di essere più giovani dei loro figli, fare a gara con loro su chi è più alla moda, fare loro quasi concorrenza. Non capisco e non sono mai riuscito a capire che cosa c’è di divertente in un genitore che si traveste da adolescente. Francamente mi fa ridere. Ma mi fa meno ridere quando vedo gli effetti negativi prodotti sui ragazzi.

Tradotto, qual è il problema?
Se hai una mamma che gioca a essere più giovane di te, è chiaro che non cresci. Non hai più un istruttore di volo ma una persona che ti abbatte, perché si mette al tuo pari. Il risultato ce lo abbiamo davanti agli occhi: delle generazioni ferme. I genitori devono essere capitani dei loro figli.

Diceva: “Il vero problema sono i quarantenni”
I quarantenni non sono nati nel boom digitale, ma hanno ricevuto il digitale come un dono divino e lo considerano una sorta di divinità. Lo trattano come un modello, un modello da cui dipendono. E sono molto più dipendenti rispetto ai nativi digitali, che già vedono i social con un occhio più critico: questo è un bene, perché può produrre un cambiamento.

Se per i ragazzi la risposta dovrebbe essere la scuola, per gli adulti?
Per i giovani la scuola è guida, per gli adulti la risposta dovrebbe essere la consapevolezza. Ma quella non la si può insegnare, non posso certo dire al signor Rossi cosa deve fare stasera.

Uno studio riporta che la durata media della cena in famiglia è di 13 minuti, troppo pochi per dirsi qualcosa
Dovremmo fare della sperimentazioni. Sarebbe divertente se una famiglia dicesse: stasera invece dei canonici 13 minuti, la cena la facciamo in 20. E quei 20 devono essere privi di cellulare e di televisione, privi di distrazioni in generale. Della serie siamo qui tutti attorno a un tavolo, usiamo questa bella opportunità.

Un consiglio per trovare un punto di contatto tra figli e genitori?
Andare a farsi una passeggiata in un bosco, dove non prende il telefono.