Gary Low, La Colegiala [Revolution] è il nuovo tormentone: “La balliamo da 40 anni”

Gary Low, pioniere della italo disco e icona anni Ottanta, spopola con "La Colegiala [Revolution]", la nuova versione del suo brano che ha fatto epoca

Foto di Federica Cislaghi

Federica Cislaghi

Royal e Lifestyle Specialist

Dopo il dottorato in filosofia, decide di fare della scrittura una professione. Si specializza così nel raccontare la cronaca rosa, i vizi e le virtù dei Reali, i segreti del mondo dello spettacolo e della televisione.

Era il 1984 quando Gary Low, in pieno boom della disco music, (Gary Low è uno dei pionieri della italo disco già nel 1982) spopolava in tutto il mondo con La Colegiala. Il testo narra la descrizione suadente di una studentessa che con i suoi libri raggiunge la scuola; questo tragitto resta impresso negli occhi di chi la osserva, quasi incantato. A 40 anni di distanza La Colegiala resta la canzone manifesto di un’epoca.

In occasione dei suoi 70 anni, Gary Low la propone in una nuova versione La Colegiala [Revolution] che è già il nuovo tormentone dell’estate 2024.

Per i 70 anni ti sei fatto un regalo, la nuova versione di uno dei tuoi più grandi successi: La Colegiala, perché hai aggiunto al titolo la parola Revolution?
Perché questa nuova versione è una rivoluzione totale del brano del 1984, dal punto di vista dei suoni e degli arrangiamenti. Così, ho voluto aggiungere la parola “revolution” per sottolineare che è appunto una versione completamente rinnovata.

La Colegiala [Revolution] si preannuncia come il tormentone dell’estate: ci farai di nuovo ballare?
Penso proprio di sì, anche perché da 40 anni non si è mai smesso di ballarla. Faremo 41… [ride ndr].

Nel 1984 come è nata l’idea di incidere La Colegiala che era un brano originariamente interpretato dal gruppo Rodolfo y su Tipica?
L’avevo già sentita negli anni Settanta quando ero in tournée con mio papà che era un cantante famoso di musica spagnola e latinoamericana. Andava molto in Sud America e non ricordo se in Cile o in Perù l’ho scoperta. Mi piaceva molto il tipo di melodia e ho pensato che riarrangiandola in una versione più dance e moderna avrebbe funzionato. Così, quando è stato il momento, nel 1984 ricordo che ho dovuto discutere non poco con la mia casa discografica per inciderla, perché non pensava avrebbe funzionato. Infatti, i discografici non erano convinti dello spagnolo, visto che avevo iniziato a cantare in inglese. Ma io ho insistito, facendo leva sulle mie origini spagnole, e alla fine la casa discografica ha ceduto. E ho avuto ragione visto che La Colegiala è un evergreen da 40 anni.

Come ti senti ad essere un’icona disco degli anni Ottanta?
Felice, prima di tutto. Ma non per essere un’icona, ma perché questa “immortalità” che ti regala il pubblico non ti può non influenzare positivamente. Ed è bello sentirsi partecipi dopo tanti anni di emozioni che le persone provano quando vengono ad ascoltare la tua musica e a ballare. Ci sono state coppie che si sono sposate, gente che ha vissuto momenti indimenticabili in vacanza con le mie canzoni, grazie alle quali hanno avuto modo di sperimentare che cosa significhino la spensieratezza e la gioia. Essendo io un’icona di quegli anni Ottanta, mi sento particolarmente orgoglioso.

Gary Low
Fonte: Roberto Autuori
Gary Low

Ma com’erano questi magnifici anni Ottanta?
Dal punto di vista della musica, della moda, della creatività artistica erano splendidi. Non che i problemi non ci fossero, ma c’era il desiderio di musicalità, di progressione che proveniva dagli anni Settanta dove si era messo tutto in discussione. Dal punto di vista musicale, noi con la italo disco abbiamo creato un genere che prosegue ancora oggi. E non è che l’abbiamo programmata o studiata a tavolino, la italo disco è nata spontaneamente ed è stata una sorpresa per tutti, diventando una tendenza che ci copiavano ovunque nel mondo.

Tu sei stato il pioniere della disco in Italia?
Sì, nel 1982 è uscito You Are A Danger e non esisteva nulla del genere prima in Italia. La italo disco è nata un po’ dopo. All’inizio si chiamava “Spaghetti dance” ma era poco convincente. Si dice che fu un discografico tedesco a iniziare a chiamare tutta la musica dance proveniente dall’Italia, italo disco e da lì è rimasto questo nome, diffondendosi ovunque. Poi tutti ce l’hanno copiata, si è un po’ imbastardita, ma questo significa che funzionava.

Qual è il ricordo più bello che hai degli anni Ottanta?
Uno dei più bei ricordi che ho degli anni Ottanta è l’incontro con la donna che è diventata la mia compagna di vita. L’ho conosciuta prima di diventare famoso, anche se già cantavo con mio papà. Non mi aspettavo quest’incontro, anche se ho sempre voluto avere una famiglia mia, dei figli, anzi avrei voluto avere più figli di quelli che ho, ma per il fatto di essere sempre in tournée non è stato possibile. Grazie all’incontro con la mia compagna, negli anni Ottanta, ho visto il mio futuro insomma. Oggi abbiamo due figli stupendi. E poi di quel periodo ricordo i successi, l’emozione di cantare all’Arena di Verona al Festivalbar o negli stadi del Sud America dove c’erano 50mila persone: il calore che ti dà il pubblico che balla e canta con te è indimenticabile.

Oggi è diverso fare musica?
Molto diverso. Dal punto di vista tecnico è tutto cambiato. Oggi si fa tutto “nell’angolo cottura”, ce l’ho pure io, perché è tutto digitale, anche gli arrangiamenti e l’ottimizzazione. Purtroppo questa facilità nel creare musiche e armonie è stata deleteria dal punto di vista della creatività, è diventato tutto più piatto. Oggi ci sono pochi veri cantanti, molti parlano, sono oratori, usano l’autotune perché non hanno intonazione. E questo è un peccato, perché la prima cosa che un cantante dovrebbe avere è l’intonazione. Insomma, bisogna studiare per suonare e cantare. Poi manca lo stile, anche nel look, ma ovunque, non solo in Italia.

Tu che musica ascolti?
Difficilmente ascolto musica di oggi. Ascolto molto più musica di ieri. In generale ascolto brani che mi danno emozioni come quelli di Stevie Wonder. Oggi  l’unico che mi dà le stesse emozioni ed è l’erede di Michael Jackson e Prince è Bruno Mars. È veramente bravo a cantare, ballare, suona tutti gli strumenti. Insomma è un artista veramente eccellente. Ascolto anche la musica techno, perché mi piacciono certe sonorità.

In questo momento stai lavorando a nuovi progetti?
Certo, sto lavorando su un LP di 10 brani dove propongo anche delle mie canzoni rifatte, alcune le ho già presentate, come Niña, che è del 1985 e in questa nuova versione ha già avuto un discreto successo. Per questo progetto sto utilizzando una tecnica coreana che si chiama newtro che sta per “new” “retro” ed è una tendenza culturale che ri-presenta le cose vecchie o classiche in chiave moderna.

Hai in programma delle esibizioni dal vivo?
Quando mi chiamano, io vado volentieri, perché amo moltissimo esibirmi davanti al pubblico. Come qualsiasi artista del resto. Quando uno canta per passione e per stare con gli altri, ha bisogno di comunicare. Io comunico allegria, spensieratezza e dolcezza. Non parlo di cose serie o di politica. È sempre emozionante cantare in mezzo alla gente. A volte faccio serate anni Ottanta in discoteca dove tutti ballano e si divertono con noi e questo è favoloso. Quest’estate andrò parecchio in giro.