“The specials-Fuori dal comune”, l’autismo alla Festa del Cinema di Roma

"The specials-Fuori dal comune", intenso film con Vincent Cassel sui ragazzi autistici, presentato alla Festa del Cinema di Roma

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Sara Gambero

Giornalista esperta di Spettacolo e Lifestyle

Una laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia del Cinema. Appassionata di libri, film e del mare, ha fatto in modo che il lavoro coincidesse con le sue passioni. Scrive da vent’anni di televisione, celebrities, costume e trend. Sempre con un occhio critico e l'altro divertito.

“The specials-Fuori dal comune” é il titolo del nuovo bellissimo film con Vicent Cassel, ispirato a una storia vera, quella di Stéphane Benhamou, fondatore dell’associazione Le Silence des Justes, specializzata nella cura di bambini e adolescenti autistici per l’integrazione nella società. E gli “speciali” cui si riferisce il film, presentato al pubblico alla Festa del Cinema di Roma, domenica 18 ottobre, nella sezione “Alice nella città”, sono sia i ragazzi autistici protagonisti, casi gravi rifiutati dalle strutture sanitarie ufficiali, ospedali e centri di recupero, e accolti dalle due organizzazioni no-profit gestite da Bruno (Vincent Cassel) e Malik (Reda Kateb), sia gli stessi Bruno e Malik, che anziché seguire i protocolli medici ufficiali, si fanno guidare esclusivamente dal cuore e dalla fede. Accogliendo da una parte i casi più difficili, dall’altro formando ragazzi presi dalla strada, senza lavoro, affinché diventino operatori socio assistenziali.

Due organizzazioni che in realtà operano senza permessi da 15 anni, e che per questo finiscono nel mirino della legge (dell’IGAS, l’ispettorato francese degli affari sociali ), ma che accolgono i casi più disperati, quelli per i quali secondo i servizi socio sanitari non ci sarebbe nulla da fare se non rinchiuderli nelle loro case o bombardarli di psicofarmaci e renderli dei vegetali.

Ci sono due momenti illuminanti nel film: nel primo la madre di Joseph, uno dei ragazzi autistici protagonisti del film, fissato con le donne e le lavatrici, il primo accolto nella associazione di Bruno, spiega agli agenti dell’IGAS che indagano sulle associazioni: “Mio figlio era aggressivo, violento, un caso disperato che nessuno voleva. In ospedale lo avevano imbottito di medicinali e si era spento. Bruno è stato l’unico ad accoglierlo e con lui si è trasformato. Ora è felice, vitale. Cosa può importare a me, a qualunque madre, di permessi e certificati?”

Nel secondo la dottoressa dell’ospedale con cui collabora Bruno (quando i ragazzi vengono definiti senza speranza vengono dirottati nella sua associazione) spiega agli agenti IGAS: “In medicina si lavora applicando dei protocolli, loro lavorano su binari diversi. Sono mossi dal cuore, dalla fede, e in questo sono degli innovatori, rompono degli schemi. Puoi anche ripetergli all’infinito: fate attenzione, il ragazzo non migliorerà, è rischioso. Lasciate perdere.. Ma tanto non ti ascoltano. E sapete una cosa? Forse hanno ragione loro!”.

Un film che pone molte domande, che parlando di autismo racconta anche le difficoltà che si trovano a dover affrontare le famiglie dei ragazzi affetti da questo disturbo. E raccontando una storia vera, reale, spiega con semplicità, e le tante risate ricorrenti nel film, come l’unica cura e medicina per questi ragazzi sia sempre e soltanto l’amore.

La situazione descritta dal film non è irreale. Anche in Italia esistono realtà simili che si battono per andare oltre le difficoltà apparentemente insuperabili. Il comitato Uniti per l’autismo (che raccoglie 50 associazioni in Lombardia) è “ambassador” di questo film collaborando con la distribuzione allo scopo di sensibilizzare la società civile su questo tema.