«La tua gravidanza è un danno». Questo è quello che ha letto Lara Lugli, di anni 38, professione pallavolista, nella citazione in opposizione al decreto ingiuntivo da lei depositato, per avere lo stipendio che le spettava di diritto e come da contratto. Questa è la sua storia, ma è anche la storia di tante atlete che giocano in campionati dilettantistici, ma che di dilettante hanno solo il nome della categoria, non di certo gli allenamenti, quotidiani, con giorni di doppia seduta, e la partita ogni sabato. Nel 2018/2019 l’atleta gioca per la Asd Volley XXX, rimane incinta il 10 marzo e comunica alla Società lo stato, risolvendo il contratto. Il giorno 8 aprile purtroppo perde il bambino. A due anni di distanza viene citata per danno da questa società a seguito di un decreto ingiuntivo fatto dalla stessa ragazza, per avere lo stipendio del mese di febbraio, l’ultimo, in cui la giocatrice si era prestata e aveva lavorato interamente.
Ho fatto vedere questo atto a una mia amica avvocato, che in un primo momento lo ha preso per una bufala, le sue parole sono state: «Nel decreto di opposizione viene chiesta la compensazione di quanto dovuto economicamente con il danno che lei avrebbe arrecato alla società rimanendo incinta con il suo inadempimento, da un punto di vista giuridico è un’aberrazione, mi fanno rabbrividire. È una causa civile, non è illegale, ma fuori dal mondo il pensare che una gravidanza posso arrecare un danno in termini di risarcibilità per un inadempimento contrattuale, giuridicamente lo puoi affermare, ma legare il danno alla gravidanza è cosa una inaccettabile. È semplicemente aberrante che una gravidanza possa essere anche solo definita come un danno».
Poi preso atto del fatto che fosse stato pubblicato sul profilo della stessa Lugli, quindi che non fosse una fake news, ( lo trovate cliccando qui), ha concluso con: «Tu dal punto di vista giuridico puoi anche affermare una cosa di questo genere, ma poi dovrai esporlo a un giudice che non potrà che trovare fuori dal mondo le accuse di inadempimento legate ad una gravidanza, la gravidanza non può essere giudicata o ritenuta un danno».
Le accuse mosse alla giocatrice sono che al momento della stipula del contratto avesse ormai 38 anni e, data l’età, la società non pensava che potesse avere ancora desiderio di una gravidanza, e che in caso contrario avrebbe dovuto informare la dirigenza, vista la richiesta economica secondo loro esorbitante in termini di mercato, incolpandola delle successive sconfitte in campionato dopo la sua assenza e la dipartita degli sponsor. Quindi i soldi dell’ingaggio a quanto pare li valeva tutti signori miei, oppure vi state già contraddicendo.
Leggetevi le carte. Sono aberranti. Oggi è la festa della donna, e nel 2021 esistono ancora società sportive che si permettono di sindacare sul corpo di una giocatrice, di decidere per lei l’età giusta per rimanere incinta, o il momento perfetto per desiderare di mettere su famiglia. Chi dice che una donna a 38 anni, o dopo una certa età, non debba avere il desiderio o il progetto di avere un figlio? Ho sentito Lara telefonicamente stamani e queste sono le sue parole: «È una situazione grave, perché anche se non sono una giocatrice di fama mondiale, questo non può essere un precedente per le atlete future che si troveranno in questa situazione, perché una donna se rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo. L’unico danno lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita».
Cos’è che ti ha dato più fastidio?
Il fatto che, oltre al dolore della perdita del mio bambino, debba vedere associata la parola danno a quello che sarebbe dovuto essere uno dei momenti più belli ed emozionanti della mia vita. Il sentirmi giudicata per la mia età, per la scelta di avere un figlio a 38 anni, il sentirmi considerata inadeguata e inopportuna. Nessuna donna merita di sentirsi così, per questo ho deciso di pubblicare sui miei profili social l’atto di citazione della società, perché dobbiamo smettere di chiudere gli occhi di fronte a queste situazioni di sopruso, dobbiamo avere il coraggio di denunciare. Dopo averlo fatto mi sono arrivati un sacco di messaggi privati da parte di colleghe atlete cui è capitata la mia stessa situazione, contratti interrotti, stipendi non pagati per una gravidanza giudicata fuori luogo, solo che nessuna ha avuto la forza e il coraggio di andare fino in fondo. Ho deciso di farlo io. Anche per loro.
Questa è la storia di Lara Lugli, ma è la storia di centinaia di atlete che si ritrovano nella sua situazione, e che si vedono negare mensilità, rescindere contratti o anche semplicemente, il diritto ad accogliere una gravidanza con gioia. Buona festa della donna.
A parole.