Rita Levi Montalcini: storia di una donna che ha cambiato la scienza e il mondo

Il suo contributo al mondo della scienza e della medicina è ancora oggi preziosissimo: la storia di Rita Levi Montalcini

Foto di Virginia Leoni

Virginia Leoni

Giornalista e Lifestyle Editor

Nata nel 1981, giornalista, ufficio stampa e socia di una casa editrice, ha trasformato la sua passione in lavoro. Ama scrivere, leggere e raccontare.

Ha cambiato la scienza, il mondo e ha cambiato anche noi. Lo ha fatto dimostrando dove una donna può arrivare, contribuendo a rompere il soffitto di cristallo che impediva a molte di raggiungere risultati, ottenere riconoscimenti, dare il proprio, preziosissimo, apporto.

Gli occhi accesi, intelligenti, capaci di cogliere con un semplice sguardo il mondo. La figura esile e minuta, i modi eleganti. Rita Levi Montalcini è stata una grande rappresentante della scienza, tanto da vincere il Premio Nobel per la Medicina, ma non solo. Ha percorso la vita con quel garbo e quella determinazione che la contraddistinguevano e che l’hanno resa un simbolo per tutti. Ancora oggi è un esempio che ci ricorda l’importanza dell’impegno e del portare avanti i propri obiettivi con passione e dedizione.

Rita Levi Montalcini, gli anni di studio e quei tre studenti eccezionali

Se si guarda alla biografia di Rita Levi Montalcini si può vedere quanto la sua famiglia abbia influito sul suo percorso professionale. Soprattutto per il fatto che mamma e papà hanno cresciuto Rita, le sue sorelle e il fratello dando valore alla ricerca intellettuale. Il papà era un ingegnere elettrotecnico e matematico, la mamma una pittrice.

Nata nel 1909, ha fatto il suo ingresso nella Facoltà di Medicina di Torino nel 1930. Lì ha avuto modo di studiare con alcune delle menti più brillanti del suo tempo: da Giuseppe Levi che è stato suo insegnante, ai futuri premi Nobel Salvador Luria e Renato Dulbecco. Che con Rita Levi Montalcini vanno a formare un gruppo di tre studenti eccezionali che hanno lasciato un’enorme eredità al mondo. La laurea è datata 1936, a cui ha fatto seguito la specializzazione in neurologia e psichiatria.

Un periodo non semplice, perché è coinciso con la promulgazione delle leggi razziali e per la scienziata, in quanto ebrea, è iniziato una fase della vita segnata dal dolore e dalla fuga. Basti pensare che nel 1939 è emigrata in Belgio, dove ha proseguito con gli studi sul differenziamento del sistema nervoso.

Poi è tornata in Italia, a Torino, nello stesso anno e lì ha continuato con il lavoro allestendo un laboratorio nella sua stanza e iniziando a collaborare con il suo maestro Giuseppe Leivi, in questa occasione nel ruolo di assistente. Fu in quel periodo che scoprirono l’apopotosi. Ma la guerra ormai era realtà e Rita è dovuta nuovamente fuggire, prima nella campagna astigiana, poi nel Sud Italia e infine a Firenze.

Gli anni americani e il Premio Nobel

Alla fine della guerra Rita Levi Montalcini ha ricevuto un invito a cui era impossibile di re di no: una di quelle svolte che accadono poche volte nella vita e che è bene cogliere. Il biologo Viktor Hamburger, sui cui studi si erano concentrati gli esperimenti della scienziata, le ha chiesto di raggiungerla alla Washington University di Saint Louis.

Il suo soggiorno americano è durato 30 anni circa: dal 1946 al 1977, ed è lì che ha scoperto la proteina NGF e il suo coinvolgimento nello sviluppo del sistema nervoso, portando avanti studi che oggi si stanno rivelando ancora fondamentali.

Negli anni americani ha comunque continuato a lavorare anche in Italia, dirigendo – ad esempio – dal 1961 al 1969 il Centro di Ricerche di neurobiologia presso l’Istituto Superiore di Sanità. Poi è stata per dieci anni direttrice del Laboratorio di Biologia cellulare del CNR e, dal 1989 al 1995, è stata “super esperta” dell’Istituto di neurobiologia del CNR. Questo sono solo alcuni dei tanti, tantissimi, ruoli che ha ricoperto nel corso della lunga carriera.

Il Premio Nobel per la Medicina le è stato conferito nel 1986 insieme al suo allievo biochimico Stanley Cohen. La motivazione era stata la seguente: “La scoperta dell’NGF all’inizio degli anni Cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza, i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell’organismo”.

Ma questo non è stato l’unico premio che Rita Levi Montalcini ha ricevuto nella sua lunga carriera. Tantissimi i riconoscimenti: è stata nominata Senatrice a vita nel 2001, ha ottenuto cinque lauree honoris causa, nel 1963 è stata la prima donna scienziata a essere insignita del Premio Max Weinstein, che viene dato dallo United Cerebral Palsy Association per contributi eccezionali nel campo della ricerca neurologica, nel 1987 ha ricevuto – dall’allora Presidente degli Stati Uniti Ronald Regan – la National Medal of Science, il più importante riconoscimento del mondo scientifico americano. È stata anche la prima donna a essere ammessa alla Pontificia Accademia delle scienze.

Questi sono solo alcuni deinumerosissimi riconoscimenti che ha ottenuto nel corso della sua vita, una vita in cui è riuscita a fare la differenza non solo in ambito medico ma anche sociale.

Rita Levi Montalcini, i suoi messaggi tra le eredità più importanti

Una donna libera, che ha lavorato con dedizione, passione e impegno nell’ambito della medicina e, al contempo, è stata capace di rompere gli schemi, di prendersi il posto che le spettava nel mondo.

Un mondo che a lungo, e forse ancora oggi, sembra difficile, in cui la parità salariale e di opportunità, sembra una meta ancora lontana. Tutti obiettivi che lei ha saputo avvicinare un po’ di più a noi, con il suo lavoro e con il suo preziosissimo contributo, con i suoi primati, ma anche dimostrando che è l’impegno a fare a la differenza, non il genere di appartenenza.

“La donna è stata bloccata per secoli. Quando ha accesso alla cultura è come un’affamata. E il cibo è molto più utile a chi è affamato rispetto a chi è già saturo”: parole sue che descrivono alla perfezione questa fame, viva ancora oggi, che ogni giorno noi donne cerchiamo di alimentare dando il meglio di noi in ogni campo. Proprio sulla scia di esempi come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack.

Lei, che con gli uomini ha lavorato a lungo, ha sempre allacciato rapporti paritari. Ed è stata capace di portare avanti tante  battaglie da quelle sociali, a quelle a favore dell’ambiente sino all’impegno verso i giovani. Un esempio, ancora oggi vivido, profondo, trasversale: non solo per le donne ma per tutti coloro che vogliono fare la differenza nel mondo.

Rita Levi Montalcini è morta a 103 anni, nel 2012. In un’intervista rilasciata per i suoi 100 anni ha detto della morte: “Che venga domani o qualche tempo dopo per me non fa differenza, perché alla morte del corpo sopravvivono i messaggi che abbiamo dato in vita”. E i suoi sono potenti e preziosi ancora oggi.