Ornella Vanoni ci ha lasciati e, per un istante, l’Italia si è fermata col cuore a pezzi. E mentre eravamo lì a sentir riecheggiare nel cuore e nella mente la sua incredibile voce, gli occhi si sono rivolti più che mai verso il luogo che l’ha accolta fino alla fine. Nessun posto parla di lei quanto la sua casa nel quartiere Brera, non una fortezza inaccessibile né una costruzione opulenta, ma un appartamento che lei definiva la sua “cuccia”. Un rifugio in cui il design d’autore non era ostentazione, ma l’elemento imprescindibile di un racconto autobiografico.
Il rifugio di Ornella Vanoni a Brera
Il vero lusso per Ornella Vanoni non era ostentare, ma scegliere. Ogni dettaglio nella sua ultima casa a Milano la rispecchia alla perfezione, dalla scelta dell’arredo alle opere d’arte esposte, fino ai colori delle pareti e dei singoli elementi. Ogni cosa ha un significato.

Per anni la cantante aveva abitato in Largo Treves, sempre a Milano, in una casa di 300 metri quadrati con soffitti a cupola e un lampadario veneziano a barca che sovrastava tutto. Ma c’è stato un momento in cui le circostante l’hanno costretta a ridimensionarsi: “Ero rimasta con trenta euro sul conto”, aveva raccontato al Corriere della Sera.
Come si suol dire, di necessità si fa virtù. Ed è così che la Vanoni è riuscita a trasformare un momento “no” nell’ennesima occasione per creare qualcosa di unico e magnifico, proprio come la sua voce. Affidandosi all’architetto Alessandro Trevisani, ha plasmato un appartamento in un palazzo affacciato su Parco Sempione, seguendo il concetto di edgeless apartment: una casa “senza spigoli”, fluida, dove la luce irrompe dalle finestre, illuminando ogni cosa. Uno spazio curvo e accogliente, che la avvolgesse come un morbido abbraccio.
Il living con la sua “macchia di sugo”
Il cuore pulsante della casa è il living, un ambiente in cui a dominare la scena sono l’arte e il colore. Non passa inosservato il divano rosso di Cargo, un pezzo di design che Ornella Vanoni, con la sua consueta ironia, aveva descritto come “una macchia di sugo su una camicia light green”. Un tocco di “imperfezione” che dona allo spazio delle vibrazioni uniche.

Da una parte il calore domestico, accentuato dalla presenza del camino (che non voleva, come aveva spiegato ad AD Italia Nadia Orecchio, architetta che era stata a lungo anche sua assistente), dall’altra la cultura. Spicca una scultura di Lothar Fischer, insieme a uno dei pezzi forti della sua personale collezione, lo spezzone di Arnaldo Pomodoro. La cantante temeva che quella scultura monumentale, barattata nel 1977 per un servizio su Playboy (“Non voglio soldi, voglio un Pomodoro”), fosse troppo grande per la nuova casa. Invece, proprio in quel punto, è perfetta.
Elementi che donano leggerezza al living sono, poi, le sculture filiformi di Fausto Melotti e i celebri “pulcini” in vetro di Murano di Alessandro Pianon, posti sulla porta accanto al tavolo bianco circondato da sedie Chiavarine. Si tratta di sedute tipiche dell’artigianato ligure, realizzate in paglia e legno, che la Vanoni aveva recuperato e riportato al loro splendore.
La camera da letto verde
Se il salotto è il luogo del racconto, la camera da letto è il santuario del silenzio. Qui Ornella Vanoni aveva bandito ogni colore che non fosse il verde: pareti, arredi, dettagli, tutto era declinato in questa tinta “calmante alla vista”, pensata per conciliare il sonno e favorire il riposo. “Il verde delle pareti è rasserenante, qui non ho nessuna angoscia. E d’altronde io non credo nei muri bianchi in una città come Milano, non siamo mica in Sardegna!”, aveva detto ad AD Italia.

Sul letto realizzato su misura spicca un’opera di Laura Panno, posta sopra la testiera, e poco distante dei bozzetti di Hugo Pratt. In questo spazio ordinatissimo – era leggendaria la precisione con cui teneva la cabina armadio – Ornella Vanoni si ritirava con la sua barboncina Ondina, compagna fedele di passeggiate e avventure.
Casa Vanoni è rimasta fino all’ultimo una creatura viva e vibrante, accogliente per chiunque entrasse e luminosa. Proprio come lei.