Quando “fare Rete” ti salva. Camminare insieme è rinascere

La storia di Eva Allevi, che dice: "Camminare è sentirmi in pace, accogliere le emozioni che provo in quel momento. Stare bene"

Foto di Ilaria Canali

Ilaria Canali

Walk experience designer

“Ho camminato fin da piccola per le montagne vicine insieme alla mia famiglia e poi da adulta con amici. La montagna ti fa sentire piccola e forte nello stesso tempo”. Parla Eva Allevi, una delle “Ragazze in Gamba” che ha partecipato alla Staffetta Letteraria Pellegrina organizzata dalla Rete Nazionale Donne in Cammino per scrivere il “Diario delle Ragazze in Gamba sulla Via Francigena”. Un’iniziativa per accompagnare il Road to Rome con la missione speciale di dare risalto alla voce delle donne, sempre più presenti e attive nel mondo dei cammini.

Eva viene dalla provincia comasca, ma si sente cittadina del mondo. Ha ripreso a camminare nel 2017 in seguito alla morte di un carissimo amico. L’hanno portato in cima alla Grigna settentrionale e da lì camminare è stato l’unico modo per elaborare il lutto, trovando conforto nei passi. Due anni dopo Eva ha iniziato a camminare in solitaria trovando in questo un modo per ossigenarsi, ritrovarsi e riuscire poi a salvarsi da una relazione tossica che la stava consumando. Camminare la fa sentire connessa con il suo corpo e la sua anima.

Cosa ti ha portato nel gruppo delle Ragazze in Gamba e poi nel Road to Rome?
Le Ragazze in Gamba le ho incontrate per caso su Facebook per la bellissima iniziativa della Feste delle Donne in Cammino promossa per l’8 marzo dalla Rete Nazionale delle Donne in Cammino. Ho sempre trovato appagante la condivisione al femminile. Mi sento accolta, riesco ad esprimere me stessa e sentirmi parte di un gruppo mi fa stare bene. In questa comunità condividiamo i benefici del camminare, ci accomuna qualcosa di viscerale e il legame si crea istintivamente. Facciamo rete, appunto. E la rete salva. Dopo il mio percorso di liberazione e rinascita desideravo fare un cammino e, causa pandemia, pensavo proprio alla Francigena, per restare in Italia. Sei stata tu però, Ilaria, a propormi di partecipare alla Staffetta Letteraria Pellegrina che si agganciava al Road to Rome. È stato istintivo accettare il tuo invito! Ho percorso tre tappe dal 2 al 4 settembre (Acquapendente-Bolsena- Montefiascone- Viterbo) e poi le adrenaliniche tappe finali Otranto-Vignacastrisi/Tricase-Santa Maria di Leuca) il 17 e 18 ottobre.

Eva Allevi Staffetta Letteraria

Ti senti una Ragazza in Gamba? Se sì, in che modo lo sei – o speri di esserlo?
Mi sento una ragazza in gamba perché nella mia fragilità trovo il coraggio di mettermi alla prova, di ricominciare, di guardarmi dentro e accogliermi. Questa è stata la parte più difficile. Sono una ragazza in gamba perché dico quello che penso, perché metto il cuore in ciò che faccio, perché credo nei legami e mi piace fare gruppo. Sono una ragazza in gamba perché nel mio lavoro, che prevede l’ascolto e l’accoglienza ho scelto l’autenticità. E il ritorno è potente. Sono una ragazza in gamba perché credo nel “women power”, nell’importanza della condivisione e dell’aiuto reciproco, dello scambio come fonte vitale per creare un tessuto sociale migliore. Ce n’è un gran bisogno sempre, ma in questo momento storico, ancora di più.

Parlaci della scrittura in cammino
Scrivo il mio diario da quando sono adolescente, a mano, carta e penna, e ovviamente ho sentito naturale voler partecipare a questo progetto della Staffetta Letteraria Pellegrina. Affascinante e simbolico il passaggio dello stesso come il testimone di una staffetta. Ho fatto atletica leggera per molti anni e la gara più esaltante era la staffetta, si vince e si perde in quattro. La sinergia tra i componenti del gruppo è essenziale, così come la fiducia, in se stessi certo, ma soprattutto nell’altro. E poi la consapevolezza della cura per il testimone (nel nostro caso del diario), da tenere saldamente tra le mani e poi lasciarlo andare alle cure dell’altro. Durante il cammino le emozioni e le avventure sono molteplici, annotarle aiuta a non farle scappare via, ma soprattutto scrivere è poi far partecipare chi legge di un’esperienza. Scrivere in cammino è mettere i passi in parole.

Se dovessimo paragonare la tua penna al bordone del pellegrino, che cosa racconterebbe?
Direbbe che la Via Francigena, quindi l’Europa, è fatta da persone e natura e cultura e tradizioni e storia e arte. Percorrerla è scoprire chi siamo, come individui, come popolo, come cittadini Europei che poi salpano verso il mondo. Racconterebbe l’importanza dell’avere gambe forti e ben piantate a terra per poter stare bene con gli altri, per affrontare il cammino metafora della vita e poi l’energia che si genera comminando con altre persone, lo scambio che produce bellezza proprio perché arricchisce interiormente. La spinta propulsiva che questo scambio genera. Non vorrei essere banale e ripetitiva, ma è proprio questo che succede. Parlerebbe di me, di come si sente la Eva che cammina, di come si emoziona per ogni piccola cosa che incontra.

Cosa ti ha lasciato questa esperienza di condivisione sia con il gruppo generale che con il nucleo delle Ragazze in Gamba?
È stato un po’ come cambiare pelle. Lasciare quel pezzo sofferente di me sul cammino e ritrovare la persona allegra e attiva che sono. Questo mi ha lasciato la condivisione. Soprattutto dopo un percorso fatto in solitaria, sia interiore che nei fatti, un po’ causa pandemia, un po’ per scelta, per necessità di guarigione. Mi sono tuffata nel flusso del gruppo, chiacchierando un po’ con tutti come se ci conoscessimo da sempre. Nelle due tappe finali erano presenti molte donne del gruppo Ragazze in Gamba e quindi ho potuto avvertire la naturale sinergia tra noi, il sentirci parte di una comunità. Ho ascoltato, ho imparato, ho accolto i sentimenti delle altre, le vite delle altre, il loro essere uniche nella loro autenticità.

Le Ragazze in Gamba con cui hai condiviso il cammino chi sono?
Durante le tappe del Road to Rome tutti noi abbiamo incontrato Myra Stals, volto e voce e penna di questa avventura. Ha camminato da Calais a Santa Maria di Leuca e ha lavorato duramente per svolgere al meglio il suo compito, non deve essere stato facile. Ci siamo confrontare lungo il cammino, lei mi ha accolta subito. Ho incontrato Linda Tambosi, di Rovereto, Daniela Scianaro, di Lecce, e Jennifer Deckert, di Firenze, che hanno lasciato il classico lavoro sicuro per realizzare il loro sogno: fare ciò che le fa sentire bene e realizzate. Sono diventate guide ambientali e ognuna gestisce nel suo personalissimo modo la nuova professione. Mi è piaciuto sentire nei loro racconti, nel tono della loro voce, la felicità. Vederla nei loro occhi e nei sorrisi a ottantamila denti, respirarla nei passi che stavamo facendo insieme verso l’arrivo-inizio là in fondo alla Puglia, alla nostra Italia. Fabiola Ventricelli invece gestisce una struttura di accoglienza con la sua famiglia, proprio in Puglia a San Severo, io purtroppo non c’ero quando il gruppo è arrivato da loro, ma ho incontrato lei che è generatrice di bellezza. Monica Nanetti, di Milano, un giorno ha preso la bici e ha iniziato a pedalare, senza allenamento e, come dice lei, a una certa età. Ha seguito il suo bisogno ed è partita e le piace testimoniare che è sempre possibile fare ciò che ci fa stare bene. Daniela De Sanctis, di Roma, scrive come giornalista e anche lei ha fatto una scelta decisa rispetto al lavoro. Lavoro che è parte integrate della realizzazione di sé e per me tutte loro sono state una testimonianza concreta del “si può fare”.

Camminare cosa significa per te e come pensi possa aiutare la nostra rinascita sia come Stato che come comunità?
Camminare è connettermi con il mio centro. Con il mondo intorno. Camminare è sentirmi in pace, accogliere le emozioni che provo in quel momento. Stare bene. Se tutti camminassimo saremmo più sereni e vivremmo in una società migliore, quindi da domani basta lavoro, solo cammino! Scherzo. Però sono convinta dell’’ffetto terapeutico del camminare, quindi andrebbe promossa come pratica. Senza dimenticare l’indotto che i cammini generano, lo Stato ha solo da guadagnarci in termine di benessere inteso da tutti i punti di vista.