Dodi Battaglia, la forza per andare avanti senza Paola grazie alla figlia

Dodi Battaglia parla del dolore per la morte della amata moglie Paola e della forza che ha dovuto trovare in se stesso per andare avanti.

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Redazione

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Il dolore per la perdita della persona che si ama è qualcosa di impossibile da descrivere, ma Dodi Battaglia riesce a far trasparire cosa sia il vero amore e cosa si provi a non averlo più al proprio fianco.

In un’intervista al Corriere della Sera, l’ex Pooh ripercorre la sua storia con Paola Toeschi, sua moglie, morta a soli 52 anni per un tumore al cervello con il quale combatteva ormai da tempo. Undici anni di malattia, più della metà di quelli trascorsi insieme, 21. Ma il loro rapporto, se possibile, è migliorato. È stato un amore in crescendo, come lui stesso racconta.

“Io posso dire che Paola mi ha insegnato che l’amore può crescere. Siamo abituati ad amori che si affievoliscono. Il nostro è sempre cresciuto e voglio dire a tutti che questa possibilità c’è e dobbiamo continuare a crederci, perché la condizione di stare insieme è preziosa. Ci penso ogni volta che esco, vedo un certo ristorante, passo davanti al casello dell’autostrada che attraversavo con lei e penso che non esisterà un altro amore, che non potrò mai più essere così felice”, dice.

Un amore, quello tra Dodi Battaglia e Paola Toeschi, nato da un colpo di fulmine, ma anche dalla pazienza di saper aspettare il momento giusto. “Ero con i Pooh a un concerto di beneficenza a Macugnaga, in Piemonte. Lei arrivò con una mia amica di lì, vidi una persona luminosa, bellissima. Avrei voluto invitarla fuori il giorno dopo, ma ero in una storia che stava per finire e ho sentito subito che donne come Paola meritano rispetto. Un anno dopo, quando sono tornato libero, un minuto dopo, l’ho cercata. Abbiamo cominciato a frequentarci in maniera pulita. È nata una storia bellissima, trasparente così come è nostra figlia”, racconta.

E proprio grazie a Sofia, la figlia di 15 anni nata dalla loro unione, Dodi sta trovando la forza di andare avanti, nonostante il dolore, nonostante l’assenza che crea un vuoto dentro.

“Quando se n’è andata, mi sono sentito come un pallone che si sgonfia. Ho sempre trovato impensabile la depressione, non mi assomiglia, sono combattivo, ma ora comincio a pensare cosa può provare una persona che resta senza l’amore della sua vita e magari non ha amici, non ha una figlia di 15 anni da accompagnare nel futuro. Ecco, adesso, io ho la fortuna di avere come obiettivo mia figlia. Dover andare avanti per lei è una forza enorme. Sofia è forte, è una ragazza ormai, porta con orgoglio e dignità il cognome di famiglia, ma è sempre un cuoricino di 15 anni”.

Nel corso dell’intervista il cantante ripercorre anche la malattia della moglie, come tutto è cominciato: “Una mattina, cominciò a tremarle una gamba in modo inconsulto. Andò in ospedale, la raggiunsi, ci battezzarono subito col quadro generale, ci dissero: se sopravvive all’intervento, farà un percorso di terapie dai cinque ai quindici anni che ora non sappiamo quanto e come potranno servire. Ci pronosticarono quello che è accaduto. Per fortuna, l’operazione andò bene, anche se una parte del tumore non poté essere rimossa. Tornò a casa dopo un mese, dopo due o tre giocava a pallacanestro, usciva con le amiche. Poi, sono stati anni di cicli di chemio e radioterapia, di alti e di bassi. Una cosa inimmaginabile. Anche perché Paola aveva 18 anni meno di me e ci avevo sempre scherzato su, dicevo: sono il vecchietto della famiglia. Temevo che me ne sarei andato via molto prima di lei”.

Forse anche per questo in certi momenti si è sentito sopraffare dalla rabbia, dal senso di ingiustizia, dalla stanchezza. E per questo ha voluto chiedere perdono alla moglie, “Perché quando sei sottoposto a certi stress puoi diventare nervoso, brusco. Non sono la persona più inattaccabile, non sono stato il miglior marito, ma neanche uno dei peggiori”.