Non era facile. Non dopo gli inizi con Chissà chi è, certamente non benedetti da ascolti stellari, ma Amadeus non si è arreso. Dopotutto, come potrebbe: ha quattro anni di sperimentazione di fronte a sé ed è appena agli inizi. E, ai grandi debutti, è dedicata la prima puntata de La Corrida nella quale non poteva non ricordare Corrado Mantoni, colui che – col fratello Riccardo – ha dato vita a un format che porta ancora tutti i suoi segni. Quella del conduttore ravennate è di certo la formula che si avvicina di più a quella originale, tornata in onda più volte dopo la prematura scomparsa di uno dei presentatori pilastro della tv di un tempo, ma che mai erano riuscite a riproporre il programma con la medesima incisività del suo ideatore. Ma com’è andata la prima puntata?
Amadeus, l’omaggio a Corrado Mantoni
“Sono sinceramente emozionato lo vedevo da ragazzo, addirittura lo ascoltavo da bambino in radio con i miei nonni”, ha raccontato Amadeus, ricordando come La Corrida abbia raggiunto il primo successo proprio in radio, il mezzo che più gli sta a cuore e nel quale ha mosso i primi passi come deejay. Quei tempi sono ormai lontani, ma l’entusiasmo degli inizi è quello che l’ha smosso per avviare questa nuova edizione del programma che ha debuttato sul Nove il 6 novembre. Con lui c’è Ofelia Passaponti, la neo-eletta Miss Italia, che ricopre il ruolo di valletta come un tempo faceva Antonella Elia.
“È un programma che appartiene alla storia della televisione perché colui che l’ha inventato e portato nelle case di milioni di italiani è un personaggio che io ho sempre ammirato e amato, Corrado”, ha aggiunto. Di certo, la sua è l’edizione che maggiormente ricorda l’originale. Un po’ per la scenografia accogliente, che ci riporta rapidamente “a casa”, un po’ per le scelte fatte in termini di cast che potrebbero rivelarsi quelle vincenti.
La scelta di coinvolgere il Maestro Leonardo De Amicis non è di certo casuale. È di sicuro un grande professionista ed è un amico. Vi avevamo già parlato dell’intesa tra Corrado e il Maestro Roberto Pregadio, ricordate? Ecco, in questo suo sentirsi così a suo agio, ha giocato un ruolo fondamentale la presenza del direttore dell’orchestra di Sanremo, vera spalla dello show che ha riportato in tv un pubblico che non fa sconti, armato di fischietti, campanacci, piatti e ogni sorta di arnese rumoroso pronto a stroncare ogni velleità artistica dei più disparati dilettanti allo sbaraglio.
Il ruolo di Nino Frassica
È stato il primo capopopolo, l’arbitro famoso che Amadeus ha voluto accanto a sé per dare giusto un tocco di originalità alla sua lettura del programma. Un nome che in questi anni ha attirato moltissimo pubblico e che lui stesso ha proposto in una nuova veste. Attore e comico di lungo corso, Nino Frassica si è prestato con gentilezza alla tv d’intrattenimento facendo spesso da contorno illustre senza invadenza, come ha fatto proprio per Amadeus. Non c’è bisogno di molto altro.
D’altro canto, Amadeus ha proprio fatto tutto da solo. E il conduttore del Festival di Sanremo, di cinque Festival di Sanremo, è ancora lì a dispetto di tutte le assurde critiche che gli sono piovute addosso nelle ultime settimane. I dati d’ascolti sbattuti sotto il naso quasi a voler rivendicare un “te l’avevamo detto”, i confronti con i competitor che chiaramente non hanno senso di esistere, ma la paura di fallire non l’ha proprio fermato, anzi, gli ha dato una spinta in avanti per provarci ancora una volta.
“Cambio perché sono un irrequieto”, aveva detto, prendendosi anche la responsabilità di essere criticato – duramente – e di vedere polverizzata la credibilità acquisita in questi anni di grande lavoro su se stesso e sulla sua conduzione che non ha mai perso vigore. Amadeus sa quello che fa, se ne facciano una ragione i detrattori. Andrà bene? Forse. Di certo, La Corrida ci ha fatto sognare per un paio d’ore. Regalandoci l’illusione che il tempo non sia mai passato e che tutti siano ancora qui, davanti alla tv a sorridere pensando che il futuro sia ancora una conquista. Come aveva fatto Corrado, che aveva aperto quel palco ai suoi dilettanti, anche a chi suonava la marcia con mestoli e pentoloni. Dopotutto, un minuto di gloria – a volte – vale una vita.