Molestie sul posto di lavoro: come riconoscerle e cosa fare

Battute, apprezzamenti, allusioni e contatti fisici non graditi: le molestie sul lavoro sono un problema attuale, specialmente per le donne. Ecco come riconoscerle e cosa fare

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Alfonsa Sabatino

Lifestyle e Sex editor

Da anni ricopre la professione di giornalista pubblicista e ufficio stampa, come freelancer. Di recente, sta esplorando il mondo dei podcast, per dare nuova forma ai suoi approfondimenti. Per DiLei si occupa di sessualità, benessere e lifestyle.

A volte una battuta non è solo inopportuna, ma è un’allusione imbarazzante. Poi ci sono gli apprezzamenti estetici non richiesti e decontestualizzati; quella promozione al collega che arriva proprio durante la gravidanza o il congedo; un contatto deciso, un massaggio, un piedino che davvero non era il caso. Un linguaggio non adeguato all’ambiente lavorativo, anche. Sono tutte forme di molestie sul posto di lavoro, di cui generalmente sono vittime le donne più che gli uomini, che rendono il contesto lavorativo sbilanciato e discriminante.

«Settembre è un momento importante perché, lavorativamente parlando, si tratta di un nuovo inizio e si rientra in ufficio con nuove motivazioni, emozioni e obiettivi da raggiungere. È importante prestare attenzione al benessere personale cercando di avere quanto più possibile un corretto equilibrio tra vita lavorativa e personale» consiglia Debora Moretti, fondatrice e presidente di Fondazione Libellula (realtà che attraverso workshop e seminari dedicati in azienda intende prevenire e contrastare la violenza sulle donne e la discriminazione di genere), che ci spiega meglio anche cosa significa molestia sul lavoro e come agire in questi casi.

Quando si parla di molestia

Sono tre le caratteristiche che ci aiutano a definire e identificare una molestia.

  • Intanto la percezione sgradevole, inopportuna, fastidiosa e irrispettosa della vittima e quindi la sensazione negativa di chi la subisce. Qualsiasi sia la motivazione della battuta detta o del gesto fatto, si tratta di molestia ed è un problema se chi la subisce lo ritiene tale.
  • La molestia poi, a differenze di semplici battute o galanterie, crea un ambiente degradante o intimidatorio, con grande difficoltà della vittima a reagire.
  • Secondo il Codice di Pari Opportunità (Dlgs 198/2006), infine, “sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”.

Cosa prevede la normativa italiana

«In Italia, diversamente da altri Paesi, non esiste una legge specifica che riguardi le molestie sessuali, di volta in volta ricondotte a diverse sfere di tutela – ci spiegano da Fondazione Libellula – Nel caso di azioni penali, vengono spesso identificate come violenze sessuali, per poi non trovare una conferma nella sentenza a causa di un’assenza di reato. Anche la consapevolezza sociale è ancora bassa: molti e molte non sanno esattamente cosa sia una molestia, né cosa sia una molestia sessuale». Per questo è importantissimo lavorare sulla coscienza e sensibilità su tutti i livelli, di lavoratori e lavoratrici, ma anche manageriali, per la promozione di modelli virtuosi.

Quali sono i numeri

Come evidenziato dai risultati della Survey LEI (Lavoro, Equità, Inclusione), ovvero la ricerca realizzata da Fondazione Libellula che ha coinvolto oltre 4.300 lavoratrici e libere professioniste in tutta Italia proprio con l’obiettivo di fotografare lo stato dell’equità di genere del mondo del lavoro italiano, più di una donna su 2 (55%) si dichiara vittima di una manifestazione diretta di molestia e discriminazione sul lavoro. Tra le altre evidenze emerse:

  • il 22% ha dichiarato di aver avuto contatti fisici indesiderati e il 53% ha subito complimenti espliciti non graditi;
  • i responsabili di queste azioni sono i colleghi o le colleghe nel 55% dei casi; i capi, sia uomini sia donne, per il 19% e altri responsabili o superiori di ambo i sessi per il 6%.

E sono anche le (non) reazioni a preoccupare: «le conseguenze si riflettono in una limitazione del proprio comportamento per paura che possa essere male interpretato o portare a conseguenze negative. Il 58% delle donne intervistate non reagisce efficacemente di fronte ad una molestia, di queste il 38% non vuole passare come una persona troppo aggressiva o “quella che se la prende”, mentre l’11% non sa come fare».

Cosa fare e a chi rivolgersi

«Non c’è una risposta che vale per tutte le situazioni» commentano dalla Fondazione. In assenza di un reale pericolo fisico, può essere sufficiente mettere in atto strategie di fronteggiamento e confronto personale per chiarire il disagio una volta per tutte. Diversamente o in caso di insistenza, è necessario coinvolgere l’organizzazione di appartenenza, facendo riferimento al/alla proprio/a responsabile o al Sindacato, con richiamo al regolamento interno e alla legge. Davanti ai casi di violenza o molestie sessuali sul luogo di lavoro, l’INAIL invita a non restare in silenzio e a contattare:

  • il Comitato Unico di garanzia, che opera per assicurare, nell’ambito di lavoro, parità e pari opportunità di genere, l’assenza di qualunque forma di violenza morale o psicologica e di discriminazione;
  • la Consigliera di parità regionale o provinciale, a cui possono rivolgersi tutte le donne che ritengono di aver subito discriminazioni sul luogo di lavoro per una consulenza gratuita, riservata e – se lo si desidera – in forma anonima;
  • il Numero verde antiviolenza e stalking 1522, attivo h24.