Prima volta per lui? Niente panico: ecco cosa fare

Le prime volte sono spesso cariche di aspettative, personali ma anche sociali e di genere. Ecco i consigli per vivere insieme questo momento senza stress.

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Veronica Colella

Sex Editor

Content writer con una laurea in Scienze antropologiche e un passato tra musei e archivi. Scrive di sessualità e questioni di genere da un punto di vista sex positive, con la consapevolezza che non esistono risposte semplici a psicodrammi complessi.

Se le ragazze crescono sentendosi dire che la verginità è qualcosa che si “perde”, per i loro coetanei è più un rito di passaggio. Questo se vogliamo adottare la definizione restrittiva di verginità che la lega al primo rapporto penetrativo: una definizione più elastica permette di ripensare alla perdita della verginità nei termini di un processo in divenire, fatto di tutte le prime volte che fanno parte della scoperta del sesso senza per forza tracciare una linea netta tra il prima e il dopo.

Nella vecchia concezione di verginità invece diventare sessualmente attivi coincide con il diventare uomini, quasi un banco di prova della propria sessualità. E sarà forse per questo che la prima volta può essere vissuta con impazienza e un filo di insicurezza, in particolare se lei ha già avuto rapporti.

Perché può essere difficile ammetterlo

Tra i rari studi che si sono occupati di verginità maschile, c’è l’indagine condotta da Sarah P. Hinman e Sandra L. Caron raccogliendo 237 testimonianze tra gli studenti di un college americano. Pubblicata su Sexuality & Culture, si sofferma sul punto di vista di chi ha vissuto la sua prima volta con una ragazza che aveva già avuto altre esperienze e delle ragazze a cui è capitato di essere la prima volta di qualcuno.

Dal momento che lo stereotipo assegna più facilmente i ruoli opposti, la prima domanda che si sono poste le ricercatrici è quanto sia facile per un ragazzo ammettere la propria inesperienza. Per una buona metà degli intervistati che hanno risposto a questa domanda la verginità di lui non è mai stata un segreto, ma c’è anche chi lo ammette solo durante o dopo il rapporto, o chi per imbarazzo o insicurezza sceglie di mentire.

La difficoltà nasce dallo stigma legato all’idea di verginità come condizione di inferiorità, rispetto a un’ideale di mascolinità legato alla conquista e all’esperienza. Ma non è detto che per le partner sia un problema, anzi. Condividere l’esperienza può essere bello, sia per una coppia che per chi si è sentita onorata di essere stata “scelta”.

Come organizzare la (sua) prima volta

Essere sinceri ha il pregio di rendere l’atmosfera più rilassata, sapendo che non si ha niente da dimostrare. Ecco qualche consiglio da seguire se si ha un partner vergine.

  1. Partite dalle basi. In un paese in cui i percorsi di educazione sessuale e affettiva sono sporadici e non garantiti, lacune e disinformazione sono piuttosto comuni. E come in altri paesi europei, il primo contatto con la sessualità avviene per lo più attraverso la pornografia, materiale pensato per intrattenere e non per informare. Ecco perché è meglio non presumere che il proprio partner sappia già tutto, incluso come indossare correttamente il preservativo o evitare che si sfili, a prescindere dal fatto che sia o meno vergine. Guidarlo dolcemente, in maniera propositiva e non giudicante, può rendere le cose più facili per entrambi.
  2. Siate gentili e comprensive. Le prime volte possono essere intense, a livello emotivo e non solo rispetto alle sensazioni. Per questo gentilezza e comprensione andrebbero estese anche al prima e dopo, assicurandosi di non sminuire o ignorare i suoi sentimenti solo perché si suppone che gli uomini siano portati a separare il sesso dalle emozioni. Se socialmente si tende a mettere in secondo piano l’aspetto sentimentale su quello sessuale, riflette Lorenzo Gasparrini in Diventare uomini (Settenove), è perché ai ragazzi si insegna ancora a vivere il sesso nei termini di affermazione della propria mascolinità, ma non mostrare apertamente quello che si prova non significa non provare niente.
  3. Dategli la giusta importanza. Fare sesso per la prima volta può essere un momento importante, oppure no. Tutto dipende dal valore e dal significato che si attribuisce all’esperienza: c’è chi aspetta la persona giusta e chi invece non vede l’ora di superare il panico da debutto, come quando si strappa un cerotto tutto di un colpo. Vero però che è spesso un momento delicato per la costruzione della fiducia nelle proprie capacità di donare e ricevere piacere, se non addirittura della propria autostima. Per questo vale la pena di tenere a mente che tutto si impara per tentativi e che la prima volta non è un esame da superare.

Se qualcosa va storto

Le aspettative possono essere molto alte, non solo per i romantici. Eppure, tensione, imbarazzo e piccoli incidenti di percorso fanno parte dell’esperienza. Nello studio di Caron e Hinman, circa un terzo del campione ha vissuto la prima esperienza di lui con qualche intoppo, dovuto soprattutto al nervosismo. In caso di eiaculazione precoce o, al contrario, di difficoltà nel mantenere l’erezione o raggiungere l’orgasmo, può aiutare ricordarsi che il sesso non è solo penetrazione e che la durata ideale di un rapporto non si misura con il cronometro.

È una misura mutevole e soggettiva, non esistono davvero standard a cui attenersi. Potete prendervi tranquillamente tutto il tempo necessario per provare sensazioni diverse, sperimentare altre posizioni o semplicemente godervi l’intimità emotiva e fisica della scoperta del sesso.

Quanto alle (rare) esperienze classificate come negative (il 12%), i sentimenti più difficili da gestire sono il rimpianto di chi a posteriori avrebbe voluto rendere il momento speciale o di chi avrebbe preferito aspettare ancora un po’ e il senso di inadeguatezza di chi si è sentito sotto pressione o giudicato per la propria performance. Ecco perché è importante seguire i propri tempi e non forzarsi in situazioni che mettono a disagio per paura di deludere o per la fretta di conformarsi.

La verginità può essere sexy?

A quanto pare sì, almeno secondo le scrittrici di romance. Lo è per la protagonista di Outlander (pubblicata prima da Corbaccio, poi da Mondadori), finita indietro nel tempo dritta tra le braccia di un illibato ventitreenne scozzese, così come per le lettrici dei romanzi analizzati dallo studioso canadese Jonathan A. Allan sul Journal of Popular Romance Studies.

Nell’immaginario popolare dei romanzi rosa, la verginità maschile può essere ricondotta a una serie di archetipi che per quanto lontani dal solito copione prendono le distanze dalla rappresentazione del vergine come impacciato (o “sfigato”) tipica delle commedie americane, da American Pie (1999) e Suxbad (2007) a The Forty Year old Virgin (2005). Nulla di cui vergognarsi, anzi, una potenzialità inespressa e per questo desiderabile.