Tumore del colon-retto, come arrivare alla diagnosi precoce, riconoscerlo e curarlo

Quello al colon-retto è tra i tumori più diffusi. I sintomi sono generici e ha una crescita lenta. Oggi le cure sono aumentate ma la diagnosi precoce è fondamentale

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 10 Settembre 2024 12:03Aggiornato: 18 Settembre 2024 10:44

Quella del colon-retto è una delle forme tumorali più diffuse nella popolazione, con un incremento dei casi al crescere dell’età, visto che il rischio tende a salire dopo i 50 anni. Oggi, rispetto a qualche anno fa, sono molto aumentate le opportunità di cura, grazie ad interventi chirurgici sempre meno demolitivi, lo sviluppo di terapie mirate, il supporto della radioterapia. Ma rimane una sfida importante: arrivare prima possibile.

Quali sono i fattori di rischio e i sintomi

In termini generali, fatta salva la possibile predisposizione genetica (l’ereditarietà entra in gioco in circa il 5% delle forme neoplastiche che si manifestano, quindi occorre considerare eventuali altri casi in famiglia anche in chiave di controlli su misura), l’alimentazione è importante. Un alto consumo di grassi di origine animale ed un ridotto introito di fibre vegetali nel tempo appare come un potenziale fattore di rischio, altrettanto importante è mantenere sani stili di vita.

Bisogna anche prestare attenzione all’assunzione non voluta di composti potenzialmente nocivi, dipendenti dalla modalità di cottura della carne (idrossicarburi aromatici policiclici, amine eterocicliche).

Un ampio studio statunitense recentemente pubblicato dalla rivista medica Food and Chemical Toxicology (FCT) mostra che gli uomini consumano più carne rossa che bianca rispetto alle donne e sono esposti a maggiori quantità di sostanze cancerogene; lo studio rivela che le modalità di cottura delle carni rosse e processate più a rischio di produrre sostanze cancerogene sono il barbecue e la cottura in padella, modalità utilizzate nel 68% dei casi dai partecipanti all’indagine. È importante, quindi, scegliere modalità di cottura alternative per minimizzare la formazione di composti cancerogeni: ad esempio, per la cottura in padella di un hamburger viene suggerito di girare la carne ogni minuto e di non innalzare troppo la temperatura della padella, per evitare di carbonizzare o cuocere troppo la carne.

Per il resto, l’obesità e la carente attività fisica sono stati associati ad un rischio più elevato. Sul fronte dei sintomi, questi possono essere molto aspecifici e vanno indagati assieme al medico. Sempre in termini generali, debbono mettere in guardia la presenza di sangue nelle feci, un cambiamento delle abitudini intestinali, come la comparsa di diarrea o stitichezza che si mantiene nel tempo senza un motivo evidente, il dolore alla parte bassa della pancia o più in generale all’addome, un inspiegabile calo del peso.

Come si arriva alla diagnosi e come si fa lo screening

Il tumore del colon-retto va scoperto precocemente. Ma spesso non è semplice, visto che i segnali che invia sono molto generici. E soprattutto in moltissimi casi ha una crescita lenta. Per questo è basilare lo screening, per identificare in un’ampia popolazione di soggetti apparentemente in buona salute quelli che hanno un rischio aumentato di avere una malattia e quindi può mettere in sospetto.

Per il tumore del clon-retto si punta sulla ricerca del sangue occulto nelle feci: bastano pochi minuti per conoscere se si è a rischio. La sanità pubblica offre il controllo a chi si trova nella fascia d’età in cui l’esame ha più significato, Lo screening colorettale è in grado di individuare, oltre alla presenza della neoplasia ogni 850 persone asintomatiche, anche adenomi, cioè polipi, potenzialmente in grado di trasformarsi in cancro ogni 150 individui analizzati.

La loro rimozione prima dello sviluppo della neoplasia permette di ridurre i nuovi casi.  Infatti con lo screening si può arrivare a ricercare lesioni precancerose che potrebbero subire una trasformazione neoplastica maligna. Con lo screening si può ipotizzare la presenza di queste lesioni e rimuovere i polipi prima che diventino neoplastici. In pratica, quindi si fa una vera e propria prevenzione mirata. Ma non basta.

Non dimentichiamo mai che se si individua la neoplasia durante le prime fasi, è più facile intervenire tempestivamente e raggiungere i migliori risultati in termini di guarigione. Ovviamente se il risultato della ricerca del sangue occulto è positivo, occorre passare alla colonscopia, che può essere anche un esame di prima istanza in molti casi, sempre ascoltando il medico.

La colonscopia non è un classico test di screening ma è consigliata almeno una volta nella vita. Si effettua introducendo un colonscopio, un tubo flessibile di 9-10 millimetri  di diametro, attraverso l’ano. La preparazione comporta una dieta povera di fibre per i tre giorni precedenti all’esame ed il digiuno totale accompagnato da una pulizia intestinale il giorno prima. Durante l’esame si può procedere, se necessario, direttamente al prelievo di campioni per ulteriori analisi o alla rimozione di polipi adenomatosi, precursori morfologici del tumore.

Come si affronta il tumore del colon-retto

Il trattamento va studiato caso per caso, anche alla luce degli studi più recenti e delle condizioni del/della paziente. In termini generali si punta sempre ad eliminare innanzitutto la lesione, con particolare attenzione ai linfonodi (ovvero delle ghiandole linfatiche) più vicini. La resezione della parte malata, con ampi margini di sicurezza, è il trattamento principale dei pazienti nei quali il tumore non si è diffuso nelle altre parti dell’organismo, e può essere effettuata in associazione con radioterapia o chemioterapia.

La prima viene spesso impiegata in aggiunta alla chirurgia e alla chemioterapia per ridurre le probabilità di ricadute. La chemioterapia post-chirurgica (detta adiuvante) può essere applicata per ridurre le probabilità di ricadute, oppure se il tumore è in un stadio avanzato. Ovviamente si tratta di indicazioni molto generiche. La presenza di lesioni secondarie, ad esempio al fegato, può prevedere trattamenti specifici mirati.