Tubercolosi: cos’è, sintomi e trattamenti

La tubercolosi è una patologia infettiva che può essere anche molto pericolosa. Scopriamo quali sono i sintomi e i trattamenti di questa malattia ad elevata velocità trasmissione

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Federico Beretta

Medico chirurgo

Medico Chirurgo abilitato, da anni collabora con diversi magazine online e si occupa di divulgazione medico/scientifica.

Pubblicato: 12 Maggio 2023 10:00

La tubercolosi (Tb) è una malattia infettiva con potenziali conseguenze gravi per la salute dell’individuo. Ancora oggi, se non trattata correttamente e tempestivamente, può portare alla morte del soggetto.  Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità rappresenta, a livello globale, la tredicesima causa di decesso tra tutte le patologie e la seconda tra le malattie infettive, dopo il COVID-19. Solo nel 2021 sono state circa 10,6 milioni le persone che si sono ammalate di tubercolosi nel mondo.

Pur essendo presente in tutto il globo, la tubercolosi presenta un’incidenza che varia di paese in paese. L’Italia, ad esempio, secondo i dati pubblicati nel documento “Tuberculosis Annali Epidemiological Report for 2020” rientra tra quelli a bassa incidenza, ovvero <20/100.000. Ben diversa è la situazione nel Sud Est Asiatico, in Africa, nel Pacifico occidentale (paesi ad alta incidenza), dove si verificano numerosi casi.

La tubercolosi multiresistente (MDR-TB), secondo l’OMS, rappresenta un rilevante problema di salute pubblica e una minaccia per la sicurezza sanitaria. Si tratta di una forma di tubercolosi provocata dall’azione di batteri resistenti ai due antibiotici di prima linea più efficaci per il trattamento di questa malattia, ovvero la rifampicina e l’isoniazide.

Che cos’è la tubercolosi

Per tubercolosi intendiamo una patologia infettiva causata dal Mycobacterium tubercolosis. La patologia può avere differenti manifestazioni cliniche. La forma più comune è quella che interessa i polmoni e, perciò, si parla di tubercolosi polmonare. Ad essere interessati possono essere anche altri sistemi, come quello nervoso, le ossa, i reni: in questo caso si para di tubercolosi extra polmonare. Quest’ultima può essere presente anche in concomitanza con la tubercolosi polmonare. Non tutti i soggetti che vengono infettati si ammalano, ecco perché si distingue l’infezione da tubercolosi latente dalla malattia da tubercolosi.

L’infezione tubercolare latente è una condizione in cui il soggetto, infettato dall’agente microbico, non sviluppa la malattia. I batteri possono restare latenti per anni senza dare alcuna manifestazione clinica; in altri casi però, spesso a causa di un indebolimento del sistema immunitario (immunodeficienza), i batteri iniziano a moltiplicarsi, dando segni clinici. Nel periodo di latenza, i soggetti con questa condizione non sono contagiosi e non presentano la sintomatologia specifica della tubercolosi.

Quali sono le cause della tubercolosi

Il batterio responsabile dell’insorgenza della tubercolosi è un micobatterio, il Mycobacterium tuberculosis, anche definito Bacillo di Koch per via del nome del medico che, per primo, lo ha scoperto. Secondo le stime, circa 1/4 della popolazione globale è esposto al micobatterio. Tra coloro che vengono infettati la maggior parte svilupperà una tubercolosi latente, mentre solo il 10% svilupperà una patologia manifesta.

Come si trasmette la tubercolosi

La trasmissione di questa patologia infettiva avviene per via aerea, attraverso goccioline di saliva emesse nell’aria da parte di un soggetto contagioso attraverso colpi di tosse o starnuti. Il batterio può essere inspirato e arrivare ai polmoni dove inizia la sua replicazione. Può capitare poi che, attraverso il sangue, il batterio raggiunga altri distretti corporei.

La contagiosità è variabile e dipende da diversi parametri. Aumenta nel caso in cui si presentino le seguenti condizioni:

  • ci si trova in un’area affollata in cui è assente o insufficiente il ricambio d’aria;
  • ci si trova in presenza di un soggetto con tubercolosi polmonare attiva (elevata carica batterica);
  • l’individuo infetto non è in terapia (o comunque la terapia non ha ancora permesso di ridurre la carica batterica del soggetto);
  • ci si trova in presenza di alcuni ceppi che sono più contagiosi di altri.

Diversamente, il contatto con cibi, bevande, oggetti personali, ma anche una stretta di mano o un bacio, non sono, generalmente, veicolo di trasmissione.

A seguito del contatto con una quantità sufficiente di particelle batteriche, si sviluppa l’infezione primaria che dura circa 3 settimane, durante la quale il microrganismo si replica in maniera incontrollata.

A seguito di questo periodo si sviluppa la fase definita latente in cui il sistema immunitario riesce a controllare la diffusione dell’infezione tubercolare.

In particolari condizioni, che riducono le capacità del sistema immunitario del soggetto di tenere sotto controllo la replicazione batterica, si sviluppa la tubercolosi attiva che può essere polmonare o extrapolmonare.

Quali sono i sintomi della tubercolosi attiva polmonare

Tra i segnali che possono indicare la presenza di tubercolosi polmonare attiva rientrano:

  • tosse (in alcuni casi con sangue, che può perdurare anche diversi mesi);
  • febbre;
  • dolore a livello del torace;
  • senso generale di stanchezza (astenia);
  • perdita di peso;
  • mancanza di appetito;
  • sudorazione notturna.

La sintomatologia può essere lenta e lieve (soprattutto in fase iniziale), ritardando la diagnosi e aumentando le possibilità di trasmissione.

Sintomi della tubercolosi extra polmonare

La tubercolosi extra polmonare può riguardare il 15/20% circa dei casi in cui si sviluppa tubercolosi polmonare attiva. I sintomi variano in base all’organo interessato dall’infezione e a come reagisce il sistema immunitario. Si possono dunque osservare:

  • meningite tubercolare (sistema nervoso centrale);
  • urina nel sangue (apparato genito-urinario);
  • dolore nella zona interessata;
  • ulcera tubercolare (pelle);
  • linfonodi ingrossati (sistema linfatico).

Nel 10% circa dei casi di tubercolosi extra polmonare, può manifestarsi la tubercolosi miliare, una forma un po’ più grave.

Soggetti a rischio tubercolosi

Alcuni individui, avendo un sistema immunitario debole per via dell’età o per la presenza di alcune condizioni, possono sviluppare questa malattia in forma attiva con maggiore probabilità. Tra questi rientrano:

  • anziani;
  • bambini al di sotto dei 5 anni;
  • persone con infezione da HIV;
  • soggetti con diabete;
  • soggetti con malattia renale grave;
  • individui che fanno uso di droghe;
  • coloro che hanno subìto un trapianto di organi;
  • fumatori.

Quanto è pericolosa la tubercolosi?

La tubercolosi, se non diagnosticata e trattata il prima possibile, può portare a complicanze, in alcuni casi anche alla morte. Inoltre, una diagnosi tardiva permette al micobatterio di circolare, infettando soggetti sani.

Diagnosi della tubercolosi

L’OMS raccomanda l’utilizzo di test diagnostici molecolari rapidi nel caso in cui siano presenti sintomi da tubercolosi. Tra quelli raccomandati ci sono i test Xpert MTB/RIF Ultra e Truenat, poiché hanno un’elevata accuratezza diagnostica.

Grazie alle innovazioni tecnologiche, oggi è possibile eseguire un esame di screening affidabile attraverso il test della tubercolina. La positività a questo esame rivela che il sistema immunitario è entrato in contratto con il batterio, non per forza che si sia instaurata una patologia latente o attiva. Per rilevare poi l’eventuale presenza di una tubercolosi polmonare viene eseguita una radiografia del torace, ma anche un esame microbiologico e colturale dell’espettorato ed eventualmente un test di amplificazione degli acidi nucleici.

In caso di tubercolosi extra polmonare potranno essere utili esami come:

  • biopsia;
  • risonanza magnetica nucleare;
  • analisi del sangue e delle urine;
  • ecografia;
  • tomografia.

Per valutare la possibilità che la malattia abbia colpito il sistema nervoso centrale, viene eseguita una puntura lombare per il prelievo del liquor. Su questo campione viene eseguito un esame microbiologico per verificare la presenza del micobatterio.

Quali sono i trattamenti della tubercolosi

La terapia antibiotica è il trattamento principale per la cura della tubercolosi. È importante rispettare le indicazioni del medico per quanto concerne le tempistiche di assunzione dei medicinali, dal momento che questa terapia può avere una durata piuttosto lunga (anche 6 mesi).

Terapie parziali o inefficaci, causate ad esempio da una non regolare assunzione dei farmaci da parte dei pazienti, possono portare allo sviluppo di alcuni ceppi che resistenti ai medicinali di prima linea. In questi casi, è possibile fare ricorso a farmaci di seconda linea.

Tra i farmaci impiegati attualmente per il trattamento della tubercolosi rientrano:

  • l’isoniazide (anche in caso di infezione latente);
  • l’etambutolo;
  • la streptomicina;
  • la rifampicina;
  • la pirazinamide.

A decidere la tipologia di trattamento più efficace per il paziente sarà il medico, dopo averne valutato la storia clinica e i referti degli esami eseguiti. Sarà poi cura del soggetto seguire scrupolosamente le indicazioni mediche e sottoporsi ai controlli di routine.

A tal proposito l’OMS, insieme alle associazioni scientifiche, ha messo a punto un regime di terapia grazie al quale l’operatore sanitario si assicura che il paziente assuma il farmaco nelle dosi indicate. Porta il nome di DOT (Directly Observed Therapy) ed è un metodo efficace per ridurre il rischio di resistenza ai farmaci antibiotici.

Come prevenire la tubercolosi

Tra le principali misure preventive rientra, innanzitutto, la diagnosi precoce, ma anche il trattamento terapeutico idoneo, l’informazione sulla malattia e l’eliminazione progressiva delle condizioni che predispongono alla sua diffusione.

Ad oggi, è disponibile un vaccino vivo attenuato BCG (Bacille Calmette-Guérin) contro la tubercolosi che viene di solito impiegato nei neonati e nei bambini piccoli nei paesi in via di sviluppo; in Italia invece, viene utilizzato in specifiche categorie a rischio, come indicato dal DPR n.465 del 7 novembre 2001. Nello specifico, il vaccino dovrebbe essere somministrato a neonati o bambini di età inferiore a 5 anni con test tubercolinico negativo ad alto rischio di contagio e nel personale sanitario con test tubercolinico negativo che opera in contesti ad alto rischio di contagio da parte di batteri multiresistenti.

In caso di infezione tubercolare latente rilevata a seguito di un test, è bene valutare con il proprio medico la possibilità di assumere farmaci per prevenire lo sviluppo della tubercolosi attiva. Proteggere i propri cari e gli altri dal rischio di infezione è importante seguire i trattamenti consigliati. Per questo, in caso di positività, è bene seguire degli accorgimenti per ridurre ed evitare la diffusione del micobatterio. Eccone alcuni:

  • restare a casa, evitando di entrare in contatto con altri individui (anche nella stessa abitazione);
  • utilizzare delle mascherine;
  • ventilare correttamente le stanze dell’appartamento;
  • starnutire o tossire in un fazzoletto, cercando di limitare la diffusione dei germi nell’aria;
  • smaltire correttamente i fazzoletti;
  • evitare di dormire nella stessa camera con altre persone.

In conclusione, la tubercolosi pur essendo una malattia contagiosa che può essere trasmessa solo in determinate condizioni, può diventare grave. Il consiglio è di non sottovalutare i sintomi, piuttosto di consultare il proprio medico e seguire le sue indicazioni. Grazie, infatti, alle misure preventive e ai trattamenti farmacologici disponibili, è possibile contenere la diffusione della tubercolosi e curarla in modo efficace. A fare la differenza è la tempestività nella diagnosi e l’attenzione scrupolosa alle dosi e ai tempi previsti di somministrazione dei farmaci.

 

Fonti bibliografiche: