Risonanza magnetica con contrasto: a cosa serve

La risonanza magnetica con contrasto è un esame diagnostico che impiega un mezzo di contrasto per migliorare la visibilità di tessuti e vasi sanguigni nelle immagini MRI

Foto di Ivan Shashkin

Ivan Shashkin

Medico

Medico appassionato di immunologia ed ematologia con interesse e esperienza in ambito di ricerca.

Pubblicato: 7 Maggio 2024 11:29

La risonanza magnetica con contrasto è un esame diagnostico preciso e affidabile, che permette di studiare nel dettaglio parenchimi, tessuti, vasi sanguigni e rimane non-invasivo con pochissime controindicazioni. La RM è particolarmente utile per valutare i tessuti molli, come i muscoli, i tendini, i legamenti e i vasi sanguigni, consentendo una diagnosi accurata di una vasta gamma di condizioni mediche.

L’uso del mezzo di contrasto rende questa metodica ancora più specifica e sensibile rispetto alla risonanza magnetica basale, senza impiego del mezzo di contrasto. La risonanza magnetica ha anche il vantaggio di non utilizzare radiazioni.

Come funziona la risonanza magnetica con contrasto

Prima di spiegare in che cosa consiste la risonanza magnetica con contrasto, è bene spiegare come funziona la risonanza magnetica basale, senza l’uso del mezzo di contrasto. Il nome corretto è risonanza magnetica nucleare o Rmn. Si tratta di un sistema complesso, che solo gli esperti in materia di fisica quantistica possono comprendere a fondo. Ecco in breve e in modo molto semplice il funzionamento.

L’apparecchiatura della risonanza magnetica è dotata di un grande magnete, che provoca una serie di modificazioni nei campi magnetici presenti normalmente nel corpo umano. Questo fa sì che gli atomi di idrogeno presenti nelle cellule del tessuto esaminato modifichino il loro orientamento originario.

Durante questo processo, gli atomi producono energia. Il dispositivo rileva l’energia stessa e la rielabora attraverso un sistema software che la trasforma in immagini. La risonanza magnetica riesce a esaminare nel dettaglio molti distretti del corpo: dallo scheletro con muscoli e articolazioni, al collo, alle mammelle, alla pelvi, ai parenchimi addominali, dal cuore con i suoi grossi vasi sanguini al sistema nervoso.

Che cosa fare prima della risonanza magnetica

Il dispositivo che viene impiegato per acquisire una risonanza magnetica con contrasto è lo stesso che si usa nell’esame senza uso di mezzo di contrasto. La differenza consiste nell’impiego di una sostanza che, entrando in circolo nel sangue, rende ancora più visibili dettagli piccoli ma essenziali ai fini della diagnosi.

La preparazione della risonanza magnetica con contrasto, nella parte iniziale, è identica a quella di quando non si impiega il mezzo di contrasto. In pratica il medico si accerta che il paziente non soffra di claustrofobia. Il dispositivo consiste infatti in un macchinario piuttosto chiuso che può infastidire i soggetti sensibili. Verifica che la persona non indossi oggetti metallici sul corpo, come monili di qualsiasi tipo, piercing e così via. Esclude, attraverso una accurata anamnesi medica, che il paziente non porti dispositivi medici incompatibili, come: pacemaker, apparecchi acustici, protesi in metallo posizionate prima dell’anno 2000, neurostimolatori.

Il medico deve anche accertarsi che una persona non abbia nel corpo schegge in metallo o altri oggetti, per esempio proiettili non estratti. Si assicura che non si corrano rischi di reazioni allergiche al mezzo di contrasto utilizzato, ovvero il gadolinio.

È necessario escludere che una donna sia in stato di gravidanza, soprattutto in alcuni momenti specifici. Per esempio, durante il primo trimestre, quando gli organi del feto sono in fase di sviluppo, solitamente si cerca di evitare qualsiasi procedura di imaging non necessaria, inclusa la RM, per ridurre al minimo il rischio per il feto. Dopo il primo trimestre, in alcuni casi il medico potrebbe dover eseguire un esame di imaging; in tali situazioni, la risonanza magnetica è decisamente preferibile.

Una volta che il medico ha accertato tutti gli aspetti, è possibile effettuare la rm basale senza mezzo di contrasto. Se invece è necessario utilizzare il mezzo di contrasto, sono necessarie altre valutazioni.

Cose da sapere

Questo esame viene prescritto quando è necessario individuare e studiare reperti, forme infiammatorie, neoformazioni molto piccole, che con la risonanza magnetica senza mezzo di contrasto potrebbero non essere viste. Richiede la somministrazione di una sostanza, di solito a base di gadolinio, che impregna le cellule. In questo modo le immagini risultano ancora più dettagliate e precise. L’impiego del mezzo di contrasto richiede però alcune condizioni.

Il paziente non deve soffrire di insufficienza renale poichè i reni eliminano il mezzo di contrasto. Devono pertanto essere perfettamente funzionanti in modo che la sostanza non resti in circolo nell’organismo. Per questo motivo, il paziente deve portare con sé il giorno della risonanza con contrasto due esami del sangue.

Questi sono la creatinina e l’urea eseguiti in tempi recenti (circa 30 giorni ma può variare da centro a centro) per escludere insufficienza renale. Si deve anche escludere che il paziente possa avere problemi di reazioni allergiche al gadolinio. Si tratta comunque di un fatto abbastanza raro. Infine, per eseguire l’esame la persona deve essere digiuna da circa 6-8 ore.

Prepararsi alla risonanza magnetica con contrasto

Una volta giunto nel luogo dove si svolgerà l’esame, il paziente deve prima compilare un documento. Si tratta del consenso informato e riguarda lo svolgimento della procedura, i tempi, le controindicazioni e i possibili rischi. Questi aspetti devono essere già stati valutati in fase di richiesta dell’esame, ma è opportuno che la persona ne prenda consapevolezza e lo dichiari.

In questo modo si è ancora più certi del fatto di svolgere la risonanza magnetica con contrasto in tutta sicurezza. A questo punto la persona si sveste, indossa uno speciale camice e si assicura di aver tolto tutti gli oggetti metallici e i monili.

Si sdraia sul lettino e il medico radiologo insieme al tecnico radiologo inizia l’esame con una acquisizione di immagini prima e dopo la somministrazione del mezzo di contrasto endovenosa, solitamente iniettato nella vena che si trova nell’incavo del gomito. Il paziente deve cercare di restare il più possibile immobile perché i movimenti interferiscono con la qualità delle immagini.

Come si svolge la risonanza con contrasto

Durante lo svolgimento dell’esame, il paziente e il radiologo si trovano in due postazioni differenti. Infatti il dispositivo per la risonanza magnetica con contrasto è in una stanza, mentre la stazione di comando è in un locale attiguo.

Il locale è però provvisto di un altoparlante, attraverso il quale l’operatore parla con il paziente, comunicandogli istruzioni come trattenere il respiro, restare immobile e così via. Il paziente a propria volta in caso di necessità può parlare con il radiologo.

Il macchinario per la risonanza magnetica emette un rumore abbastanza fastidioso. Per questa ragione è possibile indossare una cuffia isolante oppure tappi per le orecchie, con funzione isolante. La durata dell’esame può variare a seconda della zona del corpo esaminata.

Che cosa succede dopo

Molti pensano di avere problemi nell’effettuare la risonanza magnetica con contrasto, per problemi di claustrofobia o per i danni dei raggi X. Ripetiamo allora che questo esame non impiega le radiazioni, ma sfrutta i campi magnetici e lo sposamento di particolari atomi per ottenere le immagini.

Con i macchinari di nuova generazione si sono molto ridotti anche i problemi di claustrofobia perché l’anello che produce il campo magnetico è corto e ben illuminato. I disagi di una volta sono quindi molto limitati.

Una volta terminato l’esame il paziente si riveste, ma deve restare presso la struttura per una o due ore. In questa fase il medico verifica che non compaiano disturbi, come nausea, vertigini o vomito.

Sono manifestazioni lievi che si attenuano nel giro di poco. Più attenzione meritano effetti come le reazioni allergiche (che devono essere escluse prima dell’esame) e la fibrosi nefrogenica sistemica. Questa è una complicazione più rara, legata all’impiego del mezzo di contrasto con gadolinio, che causa prurito e bruciore diffuso, colorazione scura della pelle, difficoltà nei movimenti, problemi a cuore e fegato.

Si verifica nelle persone con insufficienza renale grave. Per questo chi ne soffre non dovrebbe essere sottoposto a esami con mezzo di contrasto. La sostanza a base di gadolinio deve essere eliminata nelle 24 ore successiva da reni ben funzionanti, grazie all’assunzione di molta acqua.

Fonti bibliografiche: