Psiche e corpo, le parole (in video) giuste per affrontare il tumore al seno avanzato

La Pina, conduttrice e speaker radiofonica di Radio Deejay, voce narrante nella campagna In Seno al Futuro

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Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Pubblicato: 31 Ottobre 2024 16:52

Quando partiamo per un viaggio, abbiamo sempre piacere di essere accompagnati. E questo bisogno di avere persone al fianco, comprensione, condivisione diventa ancora più forte quando il percorso che si presenta è quello della scoperta di un tumore al seno. Perché la scienza offre sempre nuove opportunità di terapia. Ma ci sono bisogni che vanno oltre le giuste cure che i medici possono offrire, oltre la ricerca, oltre le prospettive della scienza.  E sono le necessità, spesso tenute nascoste, di ogni donna. Far venire fuori questi bisogni creando un percorso di supporto per chi affronta il tumore al seno che ha già dato localizzazioni secondarie e una miglior comprensione del percorso di cura è uno degli obiettivi di “In Seno al Futuro”, campagna di sensibilizzazione di Daiichi Sankyo e AstraZeneca, con la collaborazione delle Associazioni Pazienti A.N.D.O.S. Onlus Nazionale e Europa Donna Italia APS, della Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO), e con il patrocinio di Fondazione IncontraDonna e Salute Donna ODV, presentata a Milano.

Un percorso di storie in video

L’iniziativa nasce dall’esigenza di accompagnare le pazienti nel percorso di cura, dalla diagnosi al trattamento, e si sviluppa attraverso 5 video che raccontano questo cammino. La voce narrante della storia è affidata a La Pina, conduttrice e speaker radiofonica di Radio Deejay, che introduce e chiude ogni puntata e invita a riflettere sul significato più profondo delle immagini che scorrono. Ogni video rappresenta una fase del viaggio ed è contraddistinto da un simbolo, un’immagine evocativa che richiama il significato di ogni singolo momento vissuto: l’onda, per raffigurare l’attimo impetuoso e travolgente della diagnosi; l’albero, ramificato come le tante opzioni terapeutiche a disposizione e come le molteplici figure professionali che prendono in carico la paziente; lo specchio che permette di guardarsi dentro e di avere una percezione di sé come persona e non come paziente e, infine, una tavolozza di colori che la donna ha in mano per poter ridipingere la propria vita, attraverso il sostegno e il ritorno ad una socialità più consapevole.

Come affrontare la situazione in oncologia

In Italia, 37.000 donne vivono con carcinoma mammario metastatico, noto anche come carcinoma mammario di IV stadio. Nel 2023 sono state registrate 55.900 nuove diagnosi di tumore al seno, di cui 6-7% già di IV stadio (o già in fase metastatica). Si parla di metastasi quando le cellule tumorali si diffondono dalla mammella ad altre parti del corpo. Questo può accadere anche molti anni dopo l’intervento chirurgico e le terapie post-operatorie, nonostante il tumore primario sia stato completamente rimosso. Ovviamente, in queste situazioni, è lo specialista oncologo il primo ad essere chiamato in causa. Ma non da solo. Lo conferma Grazia Arpino, Professore Associato di Oncologia Medica e responsabile del gruppo di tumore mammario presso l’Università Federico II di Napoli. “L’oncologo, coinvolgendo più specialisti, valuta lo stato e le caratteristiche della neoplasia e decide di conseguenza il percorso di cura. Tanti sono gli specialisti che lavorano con la paziente, ma anche tante sono le diverse forme di tumore al seno metastatico e le varie tipologie di trattamento da valutare. Per questo, i controlli periodici che si fanno dopo la prima diagnosi diventano fondamentali per individuare, il più precocemente possibile, eventuali metastasi e per poter intervenire in modo tempestivo con la terapia adeguata”. Di certo c’è che rispetto a qualche decennio fa in caso di tumore metastatico la situazione è molto migliorata. Non si può guarire, ma la patologia può essere tenuta sotto controllo nel tempo. Ci sono diverse possibilità terapeutiche, grazie alle quali le pazienti possono convivere con la malattia e mantenere una buona qualità di vita, anche per anni.

Ad ogni donna la sua cura

Lo ricorda Valentina Guarneri, Professore Ordinario di Oncologia Medica, Università di Padova: “i progressi scientifici in quest’ambito hanno consentito un aumento della sopravvivenza di queste pazienti e si può affermare che il tumore in fase avanzata ha sempre più spesso il carattere di malattia “cronica”. Le possibilità di trattamento sono prevalentemente farmacologiche e sono molteplici. La scelta dipende da molti fattori: la storia clinica della paziente, dal tipo di tumore e dalle sue caratteristiche molecolari, dal numero e dalla posizione delle metastasi. Per i tumori HR positivi abbiamo la terapia ormonale o endocrina che può essere combinata a farmaci target. Per il tumore HER2 positivo la chemioterapia e i farmaci anti HER2.  In un sottogruppo di tumori triplo negativi possiamo sfruttare l’immunoterapia che coinvolge il sistema immunitario. A queste opzioni si aggiungono le terapie loco-regionali, come la chirurgia, la radioterapia e la radiologia interventistica”, ha spiegato la Professoressa Nel percorso di cura, oltre al trattamento farmacologico o chirurgico, è fondamentale che sia incluso anche un sostegno psicologico per approfondire l’impatto psico-emotivo del cancro e per intervenire sui fattori psicologici, comportamentali e sociali che possono presentarsi nel processo di malattia e di cura. Lo specialista in grado di trattare questo aspetto è lo psico-oncologo.

Anche sul fronte psicologico

Lo psico-oncologo, in queste percorso multidisciplinare di approccio alla donna, gioca un ruolo fondamentale. E deve accompagnare la paziente. Lo indica chiaramente Marco Bellani, Università degli Studi dell’Insubria e Past President SIPO, Società Italiana di Psico-oncologia. “A partire dal momento in cui riceve una diagnosi, una paziente con tumore al seno metastatico potrebbe soffrire di ansia, depressione e distress emozionale, che va da sentimenti di vulnerabilità, tristezza e paura, a condizioni più gravi quali depressione, ansia, panico e isolamento sociale – dice l’esperto. Il percorso che lo psico-oncologo disegna con lei ha l’obiettivo di migliorare la sua qualità di vita, limitare il rischio di conseguenze psicopatologiche importanti, aiutarla a mantenere il controllo in una fase delicata della malattia e a riprogettare la propria vita. L’intervento psico-oncologico deve essere rivolto anche alla famiglia della paziente. Da anni, la SIPO e le Associazioni Pazienti si stanno battendo affinché questo servizio fondamentale nel percorso di cura sia messo a disposizione in tutte le Breast Unit”.

Un percorso su misura per la psiche e la qualità di vita

I bisogni della donna, in ogni caso, vanno oltre il controllo della malattia. per questo deve essere accompagnata, in una sorta di “strada” tracciata assieme a chi la segue e alle Associazioni dei Pazienti. Flori Degrassi, Presidentessa A.N.D.O.S. Onlus Nazionale, Associazione Nazionale Donne Operate al Seno, in questo senso non ha dubbi. “Una delle principali necessità per le pazienti con tumore al seno metastatico è quella di avere disegnato un percorso univoco e specifico, con un accesso a esami e visite fluido e su questo le Associazioni stanno lavorando molto. La malattia oncologica ha effetti anche sulla vita sociale e lavorativa di una donna. Può capitare che la donna veda ridursi il proprio ruolo personale e professionale nel contesto sociale. Servono percorsi di affiancamento e riorientamento affinché riesca a ritrovare la fiducia in sé stessa e nelle sue capacità. È fondamentale non solo promuovere nuove misure di natura contrattuale, ma anche supportarla nei percorsi di reintegrazione nel lavoro”.  “Grazie agli importanti passi avanti della ricerca scientifica, le nuove terapie hanno permesso di aumentare la sopravvivenza delle pazienti con tumore al seno metastatico – segnala Rosanna D’Antona, Presidente Europa Donna Italia APS. Questo, tuttavia, ci obbliga a mantenere alta l’attenzione sulla qualità della vita delle donne, affinché convivere con la malattia non metta a rischio il loro benessere personale, familiare e sociale. Anche in questo, le associazioni di pazienti svolgono un ruolo fondamentale di informazione, caring, e guida nei momenti di disorientamento, oltre a farsi portavoce dei loro diritti e delle loro istanze presso le istituzioni locali e nazionali”.