Ancora un caso di “falsi” medici, ancora una vittima. Questa volta si è trattato di una donna che si era rivolta a quella che credeva fosse una chirurga, perché potesse effettuare un trapianto di capelli. Ma la paziente è finita in coma e solo successivamente si è scoperto che l’aveva operata non aveva i titoli per farlo. È accaduto ad Arezzo, in Toscana, e ora ci si interroga su coma sia potuto accadere che la “falsa” sanitaria potesse esercitare in uno studio nel centro cittadino e potesse promuovere la sua attività sui social, dove la paziente l’aveva notata.
Il trapianto e poi il coma
A ricostruire l’accaduto è stata la squadra mobile, coordinata dalla Procura, dopo che la donna che si era rivolta alla presunta e “falsa” chirurga si è sentita male ed è finita in coma in seguito a una grave infezione post operatoria. La paziente si era rivolta allo studio nel centro di Arezzo, dopo aver visto sui social la promozione di una serie di interventi estetici. Nel suo caso aveva deciso di procedere con un trattamento di rinfoltimento dei capelli. Dopo essersi rivolta al centro e aver subito l’intervento, però, nell’arco di poche ore aveva iniziato a sentirsi male. Come accertato successivamente, il problema era un’infezione in forma grave, sviluppata forse in seguito alle operazioni di anestesia. Per la donna, dunque, si è resto necessario il ricovero in ospedale, dove le sono state praticate ripetute manovre di rianimazione per stabilizzarsi dopo il coma.
Il racconto agli investigatori
È stata la stessa paziente, una volta tornata cosciente e migliorate le sue condizioni, a raccontare agli inquirenti l’accaduto. La polizia ha poi effettuato una serie di accertamenti dai quali è emerso che la “dottoressa” che aveva eseguito l’intervento, una 40enne di origine sudamericana non proprietaria dello studio, aveva conseguito una laurea in medicina all’estero, senza che però il titolo di studio fosse riconosciuto in Italia. Non era neppure iscritta all’Ordine professionale e svolgeva le pratiche mediche in autonomia, utilizzando strumentazioni chirurgiche e anestesia locale, con il consenso del medico titolare dell’attività. Come emerso, inoltre, i trapianti di capelli avvenivano senza autorizzazioni e senza personale abilitato, mascherati da semplici trattamenti estetici.
Il rischio di fidarsi dei social
La paziente si era rivolta alla dottoressa per il trapianto di capelli, dopo averne visto la pubblicità sui social. Si indicava la possibilità di rinfoltire i capelli, in modo non invasivo. Dalle verifiche degli investigatori è anche emerso che il medico che lasciava che interventi di questo tipo si svolgessero nel proprio studio, permetteva anche alla “falsa” dottoressa di praticare gli interventi in uno spazio a lei riservato. Gli interventi, pubblicizzati anche sul web come semplici trattamenti estetici, costavano 1.400 e 1.500 euro e il pagamento doveva avvenire in contanti. Per entrambi, ai quali è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, è scattata la denuncia per esercizio abusivo della professione medica e per lesioni personali gravissime.
I precedenti con esito infausto
Non si tratta, dunque, del primo caso in cui un paziente o una paziente si sottopongono a interventi per migliorare il proprio aspetto, ma avendo esito infausto. Se la donna di Arezzo si è ripresa, dopo il coma, una ragazza di 22 anni è morta a novembre del 2024 a Roma, dopo una rinoplastica. Il suo nome era Margaret Spada, originaria di Siracusa: gli investigatori avevano sequestrato la cartella clinica all’ospedale Sant’Eugenio dove la ragazza era stata portata in gravissime condizioni ed era morta dopo tre giorni di agonia. La giovane si era sentita male subito dopo la somministrazione dell’anestesia locale nello studio medico privato. Un’altra donna, invece, era morta in seguito a una liposuzione sempre a Roma, lo scorso giugno. Vittima è stata Ana Sergia Alcivar Chenche, deceduta in ospedale dopo essere stata trasportata al pronto soccorso del Policlinico Umberto I. Anche in questo caso il medico che aveva effettuato l’operazione, José Lizarraga Picciotti, era risultato non avere le autorizzazioni necessarie.
I consigli e le precauzioni prima degli interventi
Di fronte a numerosi casi di cronaca, dunque, gli esperti invitano alla cautela prima di sottoporsi a interventi, ricordando alcuni accorgimenti. Per prima cosa andrebbe verificata l’autorizzazione dello studio medico, in modo da escludere l’eventualità di un ambulatorio “abusivo” o “illegale”. Vanno anche controllate le qualifiche del personale medico e sanitario in generale, come nel caso dell’anestesista o dell’infermiere. Come sempre, è bene pensare anche al caso in cui possa accadere un’emergenza: in questa evenienza è fondamentale che la struttura alla quale ci si è rivolti sia dotata di un defibrillatore. Talvolta viene anche suggerito di controllare le referenze del medito titolare dello studio: in particolare, se abbia precedenti per lesioni colpose o altri reati, come nel caso del Picciotti, il chirurgo intervenuto nella liposuzione a Roma.
I campanelli d’allarme durante e dopo l’intervento
Qualora dovessero esserci sintomi “anomali” è bene che si attivino i soccorsi di emergenza. Questi campanelli d’allarme possono andare dal malessere improvviso durante l’operazione o subito dopo. Per esempio, in caso di liposuzione potrebbe verificarsi un’embolia polmonare, causata da coaguli di grasso che potrebbero migrare e raggiungere questi organi; oppure eventuali complicanze post-operatorie, come possibili infezioni o emorragie. Non è escluso che possano verificarsi anche danni a carico del sistema nervoso.