Cos’è e come può nascere l’afasia

Chi soffre di afasia perde la capacità di parlare. Le cause sono diverse, tra cui ictus cerebrale e Alzheimer: fondamentale è la riabilitazione mirata

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 23 Gennaio 2023 10:00

Si fa presto a dire afasia. Dietro questa parola, diventata tanto famosa e diffusa dopo le difficoltà del famoso attore Bruce Willis, ci sono tantissimi aspetti che coinvolgono il sistema nervoso e non solo. Per questo occorre sempre conoscere la problematica, che può far seguito ad un ictus cerebrale oppure anche essere parte di un percorso che viene da malattie neurodegenerative come il Parkinson o l’Alzheimer o ancora da altre condizioni patologiche.

Letteralmente afasia significa mancanza parziale o totale di linguaggio: le statistiche dicono che all’incirca questa situazione si verifica nel 10 per cento circa dei casi dopo un trauma cranico (243 ogni 100mila italiani l’anno) e in quasi quattro casi di ictus su dieci. Se a questo si aggiungono altri disturbi come la disprassia, caratterizzata da disturbi motori nell’articolazione delle parole e può comparire in persone colpite da malattia di Parkinson e Alzheimer, si può capire come parlare correttamente e quindi avere una comunicazione con gli altri sia un problema per moltissime persone.

Come nasce il linguaggio

Il linguaggio, in ultima analisi, altro non è che la la traduzione del pensiero in parole e delle parole in pensiero. Grazie al linguaggio noi comunichiamo con gli altri e con noi stessi. Ma come si articola tutto questo processo, apparentemente semplice e naturale. Nel tessuto cerebrale ci sono specifiche aree deputate alla elaborazione e formulazione del linguaggio. Sono situate nei destrimani e anche nella maggior parte dei mancini nell’emisfero sinistro: si tratta dell’area di Broca, locata nel piede della terza circonvoluzione frontale sinistra, che ha rilevanza in particolare per la elaborazione della parte motoria del linguaggio, e dell’area di Wernicke che è invece situata nella parte posteriore della circonvoluzione temporale superiore di sinistra. Questa è deputata alla comprensione del linguaggio.

Quindi, parlando di afasia, occorre ricordare che ogni condizione patologica che va ad interessare queste zone può teoricamente legarsi ad afasie, talvolta con compromissione prevalente della capacità di esprimersi e parlare correttamente con relativa conservazione della comprensione (afasia motoria di Broca), talvolta con prevalente compromissione della comprensione del linguaggio (afasia sensoriale di Wernicke).

Cos’è l’afasia e come comportarsi

L’afasìa (parola derivata dal greco, composta da ἀ-privativo indicante “mancanza” e da ϕάσις “voce”) è l’incapacità di utilizzare il linguaggio. Si tratta di un deficit intellettivo, del tutto indipendente da qualunque disturbo motorio, visivo o uditivo. L’afasia è stata efficacemente definita come “incapacità di tradurre il pensiero in parole o le parole in pensiero”, a indicare rispettivamente l’incapacità di esprimersi e di comprendere.

Esistono forme in cui il soggetto riesce a comprendere ma non a parlare (afasia espressiva) e forme in cui è compromessa la comprensione ma il malato riesce a parlare, seppur con molti errori (afasia di comprensione); nelle forme più gravi sono compromesse sia la espressione che la comprensione del linguaggio (afasia globale o mista). Per la persona con afasia può essere difficile riuscire a seguire discorsi veloci, trovare le parole adatte da dire o comprendere frasi molto lunghe e complesse.

Chi si trova a vivere con una persona afasica deve, innanzitutto, capire che convivere con un disturbo così grave può determinare cambiamenti di umore anche importanti e repentini e, quindi, sarebbe opportuno avere un atteggiamento rassicurante e positivo. La difficoltà di linguaggio non va interpretata come “rifiuto di parlare”: la persona afasica comunica come e quando può, riuscendo un attimo prima a dire una parola, ma subito dopo potrebbe manifestare difficoltà nel comunicare efficacemente il proprio pensiero. Per aiutare chi soffre di afasia la riabilitazione mirata è fondamentale.

Le cause dell’afasia

Le aree del linguaggio possono essere colpite da lesioni encefaliche di diversa natura. Si va dai traumi cranici fino ai disturbi di circolazione come ictus ischemici o emorragici, per arrivare fino a malattie degenerative con perdita progressiva dei neuroni delle aree di Broca e Wernicke. Attenzione però: questo può comunque consentire la conservazione relativa delle altre funzioni cerebrali come la memoria e la critica, il giudizio e l’orientamento (afasie primarie progressive). Il linguaggio è specifico dell’essere umano e rappresenta una funzione di primaria rilevanza. In caso di compromissione del linguaggio nelle diverse patologie attualmente si effettuano trattamenti riabilitativi logopedici, che possono anche dare risultati interessanti, variabili tuttavia a seconda della patologia e della estensione della lesione”.

Perché un ictus può comportare afasia

Sicuramente l’ictus cerebrale e i disturbi di circolazione del sangue possono portare a questa condizione. L’afasia è dovuta ad una lesione a livello del lobo frontale o temporale dell’emisfero detto “dominante” (il sinistro, nei destrimani), che danneggia i centri del linguaggio. Ciò si traduce nella difficoltà ad esprimere il pensiero in parole (afasia espressiva) o, viceversa, a dare un senso alle parole udite oppure lette (afasia di comprensione). Possono quindi esserci alcune persone afasiche che hanno difficoltà quando devono esprimersi verbalmente mentre può rimanere intatta la capacità di comprendere il linguaggio; altre, invece, riscontrano difficoltà quando si tratta di comprendere quello che gli viene detto.

La gravità, ovviamente, è estremamente variabile e dipende dalla sede e dalla dimensione del danno cerebrale. Come ricordano gli esperti di A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione Italiana per la Lotta all’Ictus Cerebrale), per la persona con afasia può comunque essere difficile riuscire a seguire discorsi veloci, trovare le parole adatte da dire o comprendere frasi molto lunghe e complesse.

Come si manifesta l’afasia

Quando si discute sull’afasia si intende genericamente l’incapacità di parlare, e questo quadro si osserva classicamente dopo un ictus che ha colpito aree del cervello, come quelle di Broca e Wernicke. Ma l’afasia può avere diverse chiavi di lettura, legate ai deficit specifici che vengono verificati. Ecco alcune delle forme con cui il disturbo si presenta: a volte, diverse situazioni possono convivere nello stesso paziente.

  • Incapacità a parlare normalmente
  • Difficoltà di comprendere un discorso
  • Difficoltà a chiamare col il suo nome un oggetto.
  • Calo delle capacità di leggere una pagina di un libro o un articolo di giornale.
  • Insufficiente comprensione di un testo scritto.
  • Difficoltà a ripetere quanto appena detto.

Afasia, a cosa punta la riabilitazione

Una volta riconosciuti i meccanismi alla base dell’afasia, appare fondamentale partire prima possibile con una riabilitazione mirata che va effettuata con un percorso multidisciplinare. L’afasia non è un disturbo statico e nei primi mesi dopo l’evento morboso si ha un certo recupero senza alcuno stimolo. Ci sono studi sperimentali hanno dimostrato che l’unico trattamento efficace, anche se molto raramente del tutto risolutivo, è il trattamento logopedico, purché sufficientemente protratto e intenso”.

Precocità, dunque: è questa la premessa indispensabile per la piena riuscita della riabilitazione logopedica che non si applica solo agli anziani, ma anche ai bambini.  Più in generale, comunque occorre sollecitare tutte le vie attraverso cui ci mettiamo in contatto con gli altri come sguardi, carezze, percezioni. Oltre ovviamente alle parole. Nel nostro rapporto con gli altri, poter parlare articolando bene i termini è una componente fondamentale. L’afasia va combattuta per le implicazioni sociali e nella vita di relazione, visto che rappresenta uno dei disturbi più pesanti per l’impatto che può avere sulle attività della vita quotidiana, sull’autonomia, sulle relazioni e, in generale, sulla qualità della vita delle persone colpite e dei loro familiari.

Cantare in coro, strumento di riabilitazione

Fondamentale è ricordare che l’approccio riabilitativo è centrato non solo sul paziente ma anche sulla comunità circostante, prima di tutto la famiglia, che deve avvicinarsi a queste nuove modalità di comunicazione. La durata del trattamento è variabile, sicuramente il lavoro più intenso, che porta i risultati maggiori, è quello che viene svolto nell’arco dei primi dodici mesi dall’evento scatenante. Dopo questo primo periodo, il lavoro si concentra principalmente su quella che può essere definita “riabilitazione sociale”, meno legata dunque all’ospedale, con un percorso di adattamento costante.

Oltre a logopedia, fisioterapia e terapia occupazionale c’è un altro strumento riabilitativo che sta emergendo come molto utile: la musicoterapia, che contribuisce ad attivare canali diversi da quelli verbali generalmente utilizzati. Per chi ha già realizzato un percorso riabilitativo, la musicoterapia può rappresentare un’ulteriore opportunità per affrontare e migliorare i disagi emotivi collegati alla propria esperienza di isolamento e depressione, conseguenze molto frequenti dell’ictus e dell’afasia. Come ricorda Nicoletta Reale, Past President di A.L.I.Ce. Italia Odv “tra tutte le disabilità legate all’ictus l’afasia può essere considerata la più crudele perché lascia la persona senza parole, isola l’individuo, rendendolo soggetto a depressione, rabbia, frustrazione”.

Le neuroprotesi controlleranno l’afasia?

Qualche tempo fa è apparsa sul New England Journal of Medicine una ricerca che fa sperare per futuri trattamenti nelle forme più serie di afasia. Un uomo con una grave paralisi che non consentiva di comunicare in frasi compiute è riuscito a presentare alcune parole utilizzando un computer. A consentire di vincere la totale incapacità di parlare indotta dal grave danno neurologico è stata la “neuroprotesi” del linguaggio, che è riuscita a tradurre i segnali del cervello in parole mai pronunciate, che si sono quasi magicamente composte su uno schermo, permettendo quindi al paziente di avere un rapporto, sia pure se mediato, con il mondo esterno. In tutto, va detto sono state utilizzate solo cinquanta parole.

Ma la ricerca degli studiosi dell’Università della California di San Francisco apre la strada a prospettive di grande interesse. Si è partiti dal riconoscimento topografico delle aree della corteccia cerebrale dedicate al linguaggio associando i movimenti muscolari che consentono di produrre consonanti e parole, per arrivare a modelli linguistici che hanno consentito di realizzare il nuovo percorso. Alla fine, il paziente di cui si parla nella pubblicazione, grazie ad un mini-dizionario e al percorso di riabilitazione, è riuscito a riprodurre attraverso reti neurali un percorso di parole. Un sogno per il futuro, da esplorare per le forme gravissime di afasia.

Fonti bibliografiche

Afasia, GVM.

Ictus, ALICE (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale)

Neuroscienze, ISS (Istituto Superiore di Sanità)