Colesterolo cattivo, cos’è e come funziona enlicitide, il nuovo farmaco per abbassare l’LDL

In arrivo un farmaco che riesce ad abbassare fino al 60% i livelli di colesterolo LDL nel sangue: come agisce e perché è una svolta nelle cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

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Anche per le donne le malattie cardiovascolari rappresentano una minaccia. Più si va avanti con l’età, tanto più cresce il rischio di andare incontro ad infarto o ictus. La menopausa è una sorta di “spartiacque” in questo senso, con i pericoli che crescono in modo sempre più significativo, fino a portare ad un vero e proprio sorpasso legato alla mortalità per infarto e per le sue conseguenze nelle età più avanzate.

In questa logica, la prevenzione appare fondamentale. Tra i vari fattori di rischio come ipertensione, sovrappeso, diabete, spicca ovviamente il colesterolo LDL, quello cattivo. Per il trattamento di questo fattore causale dell’infarto, visto che può facilitare la rottura della placca aterosclerotica e quindi creare quella “pappa” che ostruisce l’arteria coronarica, bloccando il flusso del sangue, il medico può indicare un trattamento farmacologico.

Ovviamente le terapie variano in base ai risultati che si vogliono ottenere ed al profilo di rischio della singola persona. Ma è importante rilevare come la ricerca vada avanti. In questo senso, oltre ai diversi farmaci efficaci già disponibili, si avvicina l’opportunità di avere il primo trattamento orale attivo come inibitore di PCSK9, enlicitide. Al momento si parla solamente di dati sperimentali, seppure se in fase II, presentati al congresso dell’American Heart Association tenutosi a New Orleans.

Come funziona il farmaco

In pratica, per spiegare semplicemente quanto avviene, Enlicitide lavora “rinforzando” numericamente i netturbini invisibili deputati alla pulizia del colesterolo dall’interno dei vasi. Quindi mira a ridurre il Colesterolo-LDL agendo come i cosiddetti “superfarmaci”, gli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 iniettabili. Solo che in questo caso il medicinale viene assunto sotto forma di compressa.

In particolare il farmaco blocca l’interazione tra PCSK9 e i recettori delle LDL, quindi non li fa degradare, favorendone il riciclo sulla superficie delle cellule epatiche. Ciò consente al fegato di rimuovere una quantità maggiore di colesterolo LDL dal sangue, con una conseguente riduzione marcata e prolungata dei livelli di colesterolo LDL nel sangue.

Rispetto agli anticorpi monoclonali già in uso cambia soprattutto la struttura del farmaco. In quel caso si parla di grandi proteine non assorbibili per via orale perché verrebbero digerite nello stomaco e devono quindi essere somministrate tramite iniezione sottocutanea. Al contrario, enlicitide ha una struttura, più piccola e chimicamente stabile di un anticorpo, progettata per resistere agli enzimi digestivi e all’ambiente acido dello stomaco. Così il farmaco può essere assorbito nell’intestino e mantenere la capacità di legarsi in modo selettivo alla PCSK9 nel sangue e nel fegato.

“Enlicitide rappresenta un approccio innovativo all’inibizione di PCSK9 nella terapia ipolipemizzante essendo infatti il primo macropeptide orale progettato per offrire l’efficacia e la specificità degli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 in una semplice compressa e aprendo nuove prospettive per il trattamento personalizzato dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare – spiega il Prof. Alberico Luigi Catapano, Presidente SISA – Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi.

Attraverso il blocco dell’interazione tra la proteina PCSK9 e il recettore per le LDL, e quindi aumentando l’espressione dello stesso recettore per le LDL, enlicitide aumenta la capacità del fegato di rimuovere le LDL dal sangue riducendo in maniera importante e clinicamente rilevante i livelli di LDL colesterolo, rispondendo così a un bisogno clinico critico non soddisfatto, in particolare – e non solo – nei pazienti con ipercolesterolemia familiare eterozigote”.

Cosa può fare

Il nuovo inibitore orale di PCSK9 non è ancora registrato e disponibile. Quindi parliamo di studi clinici. In questi ha dimostrato negli studi di ridurre in modo significativo il colesterolo LDL sia nei pazienti con rischio cardiovascolare elevato sia in quelli con ipercolesterolemia familiare eterozigote. A dirlo sono i risultati di due studi sono stati presentati all’American Heart Association 2025 di New Orleans.

In particolare si è visto che dopo sole 24 settimane di trattamento con una pastiglia una volta al giorno, rispetto ai partecipanti che assumevano placebo, quelli trattati con enlicitide hanno ottenuto una riduzione fino al 60% del colesterolo LDL, con un calo mantenuto anche a 52 settimane, un calo del 53% del colesterolo non-HDL, che comprende tutti i tipi di colesterolo tranne l’HDL (“colesterolo buono”), una diminuzione del 50% dell’apolipoproteina B (ApoB), una proteina che trasporta i grassi e le varie forme di colesterolo “cattivo” nell’organismo ed anche della Lp(a) del 28%.

Questa lipoproteina è caratterizzata da una base genetica e se i valori sono elevati rappresenta un elemento di rischio per malattie cardiovascolari. Il tutto, con effetti collaterali gravi simili (10% nel gruppo enlicitide contro 12% nel gruppo placebo). In generale, dall’analisi emerge che 7 partecipanti su 10 trattati con enlicitide hanno registrato una riduzione di almeno il 50% del colesterolo LDL.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.