Coagulazione a rischio, cos’è la malattia delle bambole di vetro

La porpora Immune Trombocitopenica è una malattia autoimmune che porta a una drastica riduzione delle piastrine: sintomi e terapia

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

L’hanno chiamata malattia delle “bambole di vetro”. Ma il suo nome scientifico è Porpora Immune Trombocitopenica, che si riassume con la sigla ITP dall’inglese. In sintesi è una patologia autoimmune che comporta una drastica riduzione delle piastrine nel sangue con conseguenti problemi di coagulazione.

Colpisce soprattutto le donne e interessa ogni anno da una a sei persone ogni 100mila. Gli anticorpi prodotti per errore, si tratta di una malattia autoimmune, portano la milza a distruggere le piastrine. Risultato? La coagulazione si altera e può bastare un minimo trauma per provocare grandi ematomi. Per questo si parla prosaicamente di “bambole di vetro” se le persone ne sono colpite.

Le caratteristiche da conoscere

Si parla di Porpora Immune Trombocitopenica quando le piastrine scendono sotto le 100.000/mm cubo di sangue (nella norma oscillano invece da questo valore fino a 400.000/mm cubo).

La sintomatologia non è tuttavia strettamente correlata alla concentrazione presente e molti soggetti manifestano i classici segni dell’ITP (petecchie, ematomi, sanguinamenti dal naso e delle gengive, emorragie interne) solo quando le piastrine vanno sotto la soglia critica di 30.000/mm cubo: per questo motivo la diagnosi, per quanto basata su un semplice esame di laboratorio, non è sempre immediata.

La terapia si basa sul ricorso ai corticosteroidi (derivati dal cortisone, prescritti di solito per brevi periodi) e immunosoppressori per bloccare l’attività del sistema immunitario, evitando che attacchi le piastrine, immunoglobuline per rallentare la perdita delle stesse piastrine e agonisti del recettore della TPO (Trombopoietina) per stimolarne invece la produzione da parte dell’organismo.

Solo nei casi estremi, che presentano valori costantemente bassi e una sintomatologia grave, si rende invece necessaria la splenectomia, ovvero l’asportazione della milza. Purtroppo il quadro può cronicizzare e quindi la malattia diventa una compagna di vita, da seguire con cure mirate e da supportare anche sotto l’aspetto psicologico.

“In molti casi lascia segni ben visibili sulla pelle, perché i livelli bassi delle piastrine causano la comparsa di petecchie ed ematomi, spontanei o come conseguenza del minimo urto, oltre a sanguinamenti spontanei solitamente dal naso e gengive, ma anche nelle parti interne del corpo –  spiega Barbara Lovrencic, Presidente di AIPIT Onlus. In tanti altri casi è invece una patologia invisibile, che però induce un senso di spossatezza e disagio che incide negativamente sul vissuto della persona.

Inoltre, dal momento che la quantità di piastrine oscilla di continuo, il paziente vive con la sensazione spesso descritta come la paura del temporale: temi il suo arrivo, ma non sai quando esattamente si verificherà. Senso di fragilità, paura del futuro, vergogna per la propria immagine sono tutte sensazioni ben descritte dai malati che la nostra Associazione ha coinvolto in un progetto di medicina narrativa per cercare di dare un volto alla Porpora Immune Trombocitopenica.

L’arte a sostegno dei pazienti

Insomma, viene da chiedersi quale sia il volto di questa malattia nel quotidiano di chi ne soffre? A raffigurarlo, esprimendosi in diverse forme artistiche, saranno 13 studenti del biennio di specializzazione in Terapia artistica dell’Accademia di Belle Arti di Brera che hanno aderito all’iniziativa “Il volto dell’ITP”, promossa da AIPIT Onlus (Associazione Italiana Porpora Immune Trombocitopenica) in partnership con Amgen.

Proprio le testimonianze dei pazienti sono state fonte di ispirazione dei giovani artisti, come confermano Lisa e Sara, che dopo un’amicizia sbocciata in Dad hanno lavorato insieme a Torino per unire le loro creatività: “La forza che ci ha spinto a partecipare è venuta dalle parole delle persone che vivono con l’ITP.

Vogliamo condividere il loro vissuto, farlo un poco anche nostro e, attraverso l’arte, cercare di dare una nuova immagine alla malattia, suggerendo a tutti coloro che si confrontano con essa, cioè ai pazienti ma anche ai loro familiari e amici, una nuova lettura del problema”. È solo un esempio dei lavori prodotti dai giovani.

Per i 13 giovani artisti la partecipazione all’iniziativa “Il volto dell’ITP” è anche una tappa importante nel percorso di formazione che porta al diploma accademico in Terapia artistica.