Autofluorescenza: come funziona e preparazione

L'autofluorescenza è una proprietà di alcune molecole biologiche che emettono luce visibile quando eccitate da una lunghezza d'onda specifica senza l'uso di marcatori fluorescenti

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Chiara Sanna

Ottico

Diplomata in Ottica e Optometria, è abilitata ed esercita la professione di Ottico, affiancandola al proseguimento dei suoi studi in Scienze Infermieristiche.

L’autofluorescenza (AF) è un esame non invasivo che consente di analizzare il fondo oculare. Il test viene eseguito tramite l’ausilio di sistemi fotografici digitali di video-registrazione e senza l’iniezione di sostanze per via endovenosa, come accade per la fluorangiografia e l’angiografia al verde di indocianina.

Cos’è l’autofluorescenza

L’autofluorescenza della retina è un esame che permette di analizzare e acquisire immagini della retina sfruttando dei filtri particolari, simili a quelli utilizzati per la fluorangiografia. In questo caso però l’esame non è invasivo e non vengono iniettati coloranti. L’immagine che viene catturata può evidenziare zone di autofluorescenza grazie alla presenza di sostanze che, se illuminate da una luce e a una determinata lunghezza d’onda, arrivano a emettere una fluorescenza. Questa tecnica innovativa può risultare molto utile per valutare il reale stato di salute dell’epitelio pigmentato retinico, ma anche la presenza di prodotti della degradazione dei fotorecettori che sono tipicamente autofluorescenti.

E’ un esame che visualizza la presenza di una sostanza, chiamata lipofuscina, a livello dell’epitelio pigmentato: è uno dei prodotti di scarto del metabolismo dei fotorecettori, e si accumula nelle cellule dell’epitelio pigmentato situato dietro la retina, solo per una certa quantità, poiché non viene totalmente smaltita.

La lipofuscina viene evidenziata con il fluorangiografo, illuminando la retina con una sorgente di luce blu cobalto e schermando l’immagine di ritorno con un filtro giallo.

In condizioni di sofferenza dell’epitelio pigmentato, vi è un maggiore accumulo di lipofuscina nelle cellule: ciò determina un rigonfiamento del citoplasma cellulare, che può aumentare fino a causare la morte delle cellule stesse (apoptosi).

Come si effettua l’esame dell’autofluorescenza

L’autofluorescenza della retina è un test indolore e particolarmente rapido. Come funziona? Per ottenere l’immagine retinica in autofluorescenza l’esperto non dovrà fare altro che illuminare la retina grazie a una sorgente luminosa blu cobalto, schermando invece la fluorescenza di ritorno tramite un filtro giallo. La tecnica è la stessa della fluorangiografia, ma non viene iniettata nessuna sostanza. L’immagine retinica viene poi acquisita tramite l’angiografo con fotografie del polo superiore. Successivamente verrà calcolata l’immagine media di circa 12 fotogrammi consecutivi.

È stato infatti dimostrato che l’autofluorescenza nelle cellule aumenta (iperautofluorescenza) quando siamo in presenza di un’attività biologica accelerata o di una difficoltà di smaltimento dei prodotti di scarto durante le normali funzioni metaboliche. Questo permette di individuare la presenza di un danno retinico molto prima che si possa manifestare clinicamente. Le ipoautofluorescenze possono invece essere espressione di patologie degenerative dovute all’assenza di epitelio pigmentato (e quindi di lipofuscina) o di strutture fisiologicamente non autofluorescenti. La morte della cellula (apoptosi) determinerà un’ipoautofluorescenza assoluta. Pertanto ciò significa che l’aumento o la riduzione di lipofuscina nelle cellule rappresenta una sorta di segnale d’aiuto lanciato dall’occhio e in particolare dalla retina.

Vantaggi dell’autofluorescenza

L’autofluorescenza della retina è un test non invasivo e moderno che spesso viene preferito ad altre tipologie di esami con il verde di indocianina o la fluoresceina. Questo perché non prevede l’iniezione di sostanze e di conseguenza particolari effetti collaterali. Anche se i coloranti che vengono iniettati solitamente sono sicuri e privi di iodio, comportano comunque alcuni disturbi. I più frequenti riguardano l’insorgenza di nausea (transitoria) subito dopo l’iniezione.

Nei pazienti allergici si possono manifestare rash cutanei o prurito, mentre più raramente può verificarsi uno shock anafilattico. Inoltre è possibile che il colorante fuoriesca dalla vena, invadendo il tessuto sottocutaneo, con dolore transitorio nell’area dell’iniezione. Infine nelle ore successive all’esame, le urine e la pelle del paziente potrebbero assumere un colore arancione.

Quando e perché sottoporsi a un’autofluorescenza

L’autofluorescenza della retina è un esame utile per uno screening precoce di numerose malattie, fra cui le maculopatie – corioretinopatia sierosa centrale, corioretinite infettiva, distacco di retina, degenerazione maculare legata all’età, fori maculari, edema maculare, malattia di Stargardt e malattia di Best –, e nei casi di follow-up. Consente infatti ai pazienti, soprattutto quelli allergici ai coloranti, uno studio non invasivo e preciso di tali patologie. Viene consigliato anche a soggetti affetti da insufficienza epatica o renale a cui viene sconsigliato e controindicato il ricorso alle normali tecniche angiografiche.

L’esame dell’autofluorescenza del fondo dà utili informazioni nello studio delle malattie della macula, come la degenerazione maculare senile e il foro maculare, nelle degenerazioni retiniche eredo familiari, nella degenerazione maculare vitelliforme, nella retinite pigmentosa e nelle malattie infiammatorie della coriocapillare.

Fonti bibliografiche: