Maculopatia: cos’è, come nasce, come si riconosce

Perdita della visione centrale: questo è il danno provocato dalla maculopatia. Quante forme esistono, sintomi e terapie

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Perdita della visione centrale. Questo il termine scientifico del danno indotto dalla degenerazione maculare, una patologia della retina che comporta una sorta di cecità “mirata”. In pratica quando si fissa un oggetto non si riesce a vederlo, mentre si possono percepire senza difficoltà altri oggetti che stanno intorno ad esso.

La malattia colpisce soprattutto dopo i cinquant’anni e la sua incidenza cresce con l’avanzare dell’età: solo raramente la patologia può interessare anche individui sotto i cinquant’anni. Si tratta delle cosiddette forme giovanili, la più diffusa delle quali è la degenerazione maculare miopica che colpisce chi soffre di gravi forme di miopia, con perdita di almeno sei diottrie. Infatti questa condizione porta, nonostante la correzione, ad un allungamento del bulbo oculare nel tentativo di compensare la carenza.

Di conseguenza vengono “estesi” oltre misura anche i vasi sanguigni della retina, che si indeboliscono e debbono essere “assistiti” da nuovi vasi, in quel fenomeno che viene denominato neovascolarizzazione della macula. Alla fine di questo processo si possono avere disturbi visivi molto simili a quelli riscontrati nella degenerazione maculare senile.

Degenerazione maculare senile: sintomi e come intervenire

L’occhio ha molti potenziali nemici. Ed esistono vari fattori di rischio in grado di aumentare il pericolo di ammalarsi. In alcuni casi si tratta di elementi su cui non è possibile intervenire, come accade per l’ereditarietà. Nonostante non siano ancora conosciuti i geni che predispongono all’insorgenza della patologia, infatti, si sa che nei familiari di persone colpite da forme gravi di degenerazione maculare il rischio di ammalarsi sale di almeno quattro volte rispetto alla popolazione generale.

Un’azione sembra anche giocata dalla luce solare. L’esposizione ai raggi del sole ed anche un eccessivo impiego delle lampade a raggi ultravioletti possono favorire l’insorgenza della malattia. L’azione di questi elementi induce un incremento della produzione di radicali liberi nell’occhio e quindi aumenta il rischio che si sviluppino negli anni processi degenerativi.

Importante sembra anche l’eccessivo consumo di lipidi di origine animale, che con l’alimentazione, perché favoriscono l’accumulo di colesterolo LDL nel sangue. Non solo.

Sul fronte preventivo, invece, si conferma il ruolo preventivo degli acidi grassi omega-3, contenuti soprattutto nel pesce, probabilmente per l’azione di contrasto al deposito di colesterolo nei vasi sanguigni. Più in generale, comunque, esistono elementi vegetali contenuti soprattutto in spinaci, mais e piselli che possono avere un’azione protettiva. Sono i betacarotenoidi, la luteina e la zeaxantina. Senza dimenticare gli effetti protettivi di antiossidanti naturali come il selenio e di vitamine A, C ed E, ad azione protettiva.

I due volti della degenerazione maculare

La patologia della macula si presenta quasi sempre in due diverse forme. Quella secca è caratterizzata dalla progressiva atrofia della macula che in pratica si “consuma” come la stoffa di un maglione in prossimità del gomito. Questo processo richiede tempi lunghi, a volte addirittura decenni, e quindi chi soffre di questa forma tende progressivamente ad adattarsi e a convivere con i problemi di vista.

L’altra modalità di presentazione della malattia è la forma umida. In questo caso il danno si verifica più rapidamente. Quindi la persona colpita dal processo patologico si trova a passare dall’assoluto benessere visivo a gravi difetti di vista. Ma come nasce la malattia? In pratica, sempre parlando della forma umida, sotto la retina crescono dei vasi arteriosi che si sviluppano in direzione della macula, ovvero la zona centrale della retina stessa. Questo sviluppo anomalo di vasi sanguigni porta ad un sollevamento della retina che quindi si deforma in modo estremamente significativo, portando quindi ai classici sintomi della degenerazione maculare retinica in poco tempo. Si comincia a vedere male quando si legge o si scrive, o comunque quanto è necessario fissare un determinato oggetto. Per questo l’obiettivo terapeutico fondamentale in questi casi è il blocco della crescita dei vasi sanguigni.

Il test di Amsler per scoprire la maculopatia

C’è un esame specifico che può mettere in allarme. Si chiama griglia di Amsler ed è il mezzo ideale per controllare la visione centrale in chi riferisce ondulamenti e distorsioni nella parte centrale degli oggetti fissati. Con questo esame, del tutto indolore, si possono individuare precocemente altre patologie che interessano la parte centrale della retina.

Il test va eseguito prima con un occhio coprendo l’altro con il palmo della mano, poi viceversa., in condizione di luce adeguata e con gli occhiali, se si portano regolarmente. La griglia va tenuta alla stessa distanza cui si è abituati a leggere. Una volta prese queste misure, va fissato con l’occhio libero il punto nero al centro della griglia. L’esame ovviamente non sostituisce la visita dell’oculista, sempre necessaria. La griglia di Amsler è quindi il mezzo ideale per controllare la visione centrale in chi riferisce ondulamenti e distorsioni nella parte centrale degli oggetti fissati. Con questo esame, del tutto indolore, si possono individuare precocemente altre patologie che interessano la parte centrale della retina, come l’edema maculare della retinopatia diabetica. Il test, comunque, non va considerato come sostitutivo della visita regolare dell’oculista. (inserire tabella test)

Per effettuare al meglio l’esame occorre seguire alcune semplici regole.

  1. Eseguire l’esame prima con un occhio coprendo l’altro con il palmo della mano, poi viceversa.
  2. Effettuare il test in condizioni di luce adeguata.
  3. Se si portano gli occhiali, indossarli.
  4. Tenere la griglia alla medesima distanza cui si è abituati a leggere.
  5. Prese queste misure, fissare con l’occhio libero il punto nero al centro della griglia.

A questo punto, se si ha la percezione che le linee appaiono piegate o interrotte oppure alcuni quadrati hanno forma e dimensioni differenti o ancora le linee appaiono sbiadite o ondulanti, occorre parlarne subito con il proprio oculista.

I tanti volti della patologia della macula

Con il termine maculopatie si comprende un gruppo di malattie croniche che, come suggerisce la loro stessa denominazione, colpiscono la macula, ossia l’area centrale della retina, la zona più sensibile agli stimoli luminosi, che consente di percepire i dettagli e di svolgere la maggior parte delle attività quotidiane.

I sintomi principali delle maculopatie si traducono in alterazioni della funzione visiva che possono variare da un individuo all’altro, in relazione al tipo di malattia e nel corso del tempo: presenza di una o più zone del campo visivo in cui la percezione delle immagini è deficitaria (scotoma); distorsione delle immagini (metamorfopsia) e deformazione degli oggetti, la cui dimensione può essere sovra- o sottostimata (rispettivamente macro- e micropsia).

La degenerazione maculare legata all’età, come detto, è una causa importante di deterioramento della vista nei paesi industrializzati. L’occlusione venosa retinica raggruppa un insieme di condizioni che sono accomunate dall’interruzione del flusso venoso nella retina e dalla comparsa, in genere, improvvisa. Colpisce di solito individui portatori di fattori di rischio vascolare (ipertensione, cardiopatia, livelli elevati di colesterolo, arteriosclerosi) e può manifestarsi in forma ischemica, più grave in quanto associata a danno irreversibile delle cellule, o in forma edematosa, in cui è possibile un recupero successivo della funzione visiva con una gestione tempestiva e specifica.

La maculopatia miopica, infine, consegue a una miopia superiore alle 6 diottrie, responsabile di un aumento della lunghezza dell’occhio e di altre alterazioni della sua struttura. Come accade nella degenerazione maculare legata all’età, anche in questa condizione si possono formare nuovi vasi che, rompendosi con facilità, causano microemorragie responsabili delle conseguenze già illustrate.

Come si manifesta e si cura la maculopatia

La malattia dell’occhio colpisce la macula, ovvero la parte centrale e più sensibile della retina. La zona maculare della retina ha come compito “naturale” la visione chiara e dettagliata di quanto si trova al centro del campo visivo. Il meccanismo attraverso cui nel tempo si verifica il danno, almeno nella forma meno diffusa ma più grave che è quella neovascolare o essudativa o umida, è legato alla formazione di nuovi vasi sanguigni che non dovrebbero svilupparsi. I vasi sanguigni in questo caso sollevano e “rompono” la membrana retinica concentrando i loro danni nella zona centrale, che raccoglie gli stimoli visivi più importanti. In nove persone su dieci la patologia provoca una rapida e severa perdita della visione.

Meno grave è invece la forma “secca” legata alla presenza di depositi puntiformi giallastri chiamati “drusen” che si concentrano nella macula. Questi depositi comportano col tempo l’atrofia dell’area colpita, con perdita dei fotorecettori, cioè dei coni e dei bastoncelli.  La forma secca provoca un danno visivo più limitato, ma purtroppo può anche evolvere nella forma umida.  I sintomi più comuni di questa patologia sono la visione centrale di zone sfocate o di macchie bianche o la distorsione degli oggetti. La visione periferica di solito rimane inalterata. La patologia tipicamente colpisce i pazienti ad un solo occhio, ma può interessare l’altro in diversi casi entro cinque anni dalla prima manifestazione.

La retinopatia diabetica e il danno sulla macula

La retinopatia diabetica rappresenta la complicanza microvascolare più comune del DM ed è la prima causa di cecità non traumatica in età lavorativa negli adulti d’età compresa tra 20-74 anni. stando ad un moderno criterio di classificazione esistono sostanzialmente due tipi di patologia: la forma non proliferante e la forma proliferante.

Si tratta di due quadri clinici distinti, che si differenziano anche dal punto di vista terapeutico e prognostico. Nella forma non proliferante, in base alla presenza ed alla numerosità delle lesioni, si individuano tre stadi a crescente gravità: la forma lieve, quella moderata e la forma grave o pre-proliferante. La prima si caratterizza per la presenza di rari microaneurismi ed emorragie; l’aumento di queste lesioni, accompagnate dalla comparsa di essudati duri, individua la forma di moderata gravità, mentre nello stadio grave o pre-proliferante si riscontrano numerosi microaneurismi, noduli cotonosi, emorragie retiniche profonde e altre lesioni.

Questi segni clinici sono espressione di un danno anatomo-funzionale a carico della parete vasale e di fenomeni occlusivi a livello capillare che portano alla formazione di aree ischemiche e alla liberazione di mediatori infiammatorie incluso il vascular endotelial growth factor (VEGF) e altre sostanze angiogeniche. In assenza di trattamento, circa la metà dei casi evolve nella forma proliferante entro 12 mesi.

Nella forma proliferante si assiste allo sviluppo di capillari neoformati. La neovascolarizzazione può localizzarsi a livello della retina e/o della papilla ottica e accompagnarsi a una impalcatura fibrosa che si inserisce sulla retina e nella cavità vitreale e la cui contrazione può causare sanguinamenti, rotture e un distacco di retina trattivo. Se la patologia non viene riconosciuta e trattata si possono creare neovasi nell’area in cui hanno sede le strutture di deflusso dell’umore acqueo. Ne consegue un rialzo della pressione endoculare e la comparsa del glaucoma neovascolare, un’altra temibilissima complicanza oculare del diabete.

Il ruolo dell’OCT nella diagnosi della retinopatia diabetica

Si possono “fare a fette”, ovviamente in modo del tutto indolore, gli occhi. Senza che il malato se ne accorga. A consentirlo è un esame chiamato OCT (una sorta di Tac dell’occhio). IL test si associa alle fotografie a colori della retina (la parte “nervosa” che recepisce gli stimoli visivi) e della sua parte centrale, la macula. Tutti questi dati clinici vengono inseriti i in uno specifico software e arrivano in tempo reale sul computer di uno specialista oculista.

L’oftalmologo valuta le immagini e invia il referto ai diabetologi che informano il malato. Così si può affrontare la retinopatia diabetica, legata ai danni che il diabete può indurre nei confronti della circolazione della retina, tra le prime cause di cecità nel mondo occidentale. Questa condizione insorge dopo diversi anni dalla comparsa del diabete ed è una malattia silente e asintomatica per molto tempo. Spesso quando la vista inizia a diminuire la retinopatia diabetica è già in uno stadio avanzato.

Oggi la tecnologia e l’informatica ci vengono in aiuto ed è possibile adottare programmi di screening telematico per individuare precocemente, cioè quando il paziente è ancora asintomatico, i segni della malattia ed eventualmente intervenire. Con il riconoscimento dell’edema maculare, che oggi è la causa più importante di grave diminuzione della vista nel paziente diabetico, inizia il percorso di approccio alla patologia che si può individuare in modo veloce e non invasivo solo con l’OCT.

Come affrontare la patologia della macula

Il trattamento, caso per caso, va scelto dallo specialista. L’importante, per ottenere i migliori risultati, è arrivare presto con la diagnosi per utilizzare le terapie più opportune caso per caso. “La maculopatia è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti ed è molto diffusa: riguarda il 2% degli italiani e aumenta al crescere dell’età – osserva Stanislao Rizzo, direttore della Clinica Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCSS, professore ordinario di Oculistica presso Università Cattolica e membro del Consiglio direttivo S.I.S.O (Società Italiana di Scienze Oftalmologiche). È ormai una malattia sociale e rappresenta la causa più frequente di ipovisione e disabilità visiva dopo i 50 anni, nel mondo occidentale”.

Come detto, ne esistono due forme, quella “secca”, la più comune (circa il 90% di tutte le forme), e quella umida o essudativa. La maculopatia umida fino a qualche anno fa non era considerata curabile ma i progressi terapeutici degli ultimi anni hanno consentito di rallentarne notevolmente la progressione e di ridurne la evoluzione”.

“Purtroppo – mette in guardia l’esperto – molti pazienti arrivano alla diagnosi in ritardo perché non si sottopongono a visite oculistiche di controllo dopo i 50 anni e perché trascurano i sintomi iniziali, costituiti principalmente dalla visione un po’ distorta delle immagini: se l’altro occhio è sano, accade di non accorgersene subito e il disturbo progredisce, fino ad arrivare alla comparsa di una macchia scura potenzialmente irreversibile e indistinta in mezzo al campo visivo. L’obiettivo della ricerca di questi ultimi anni è stato perciò trovare farmaci che potessero essere più efficaci nel ritardare la progressione della perdita visiva agendo anche su altri fattori di crescita coinvolti, e che rendessero più agevole la cura, riducendo la necessità di somministrazioni intravitreali”.

Come funzionano le terapie anti-VEGF

Le cosiddette terapie anti-VEGF vengono somministrate direttamente nell’occhio (iniezioni intravitreali) in maniera continuativa, in genere una volta al mese, con notevole impegno di tempo anche da parte del paziente. “Sono però finalmente in arrivo terapie innovative, sempre più potenti e a lunga durata di azione, che ci consentiranno di allungare gli intervalli di trattamento – segnala Francesco Bandello, direttore Clinica Oculistica Vita-Salute San Raffaele di Milano e membro del Consiglio Direttivo S.I.S.O.  È il caso del nuovo anticorpo faricimab, disponibile da pochi mesi e a breve rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale. Questo è il primo anticorpo bispecifico, cioè a “doppio bersaglio” perché oltre ad agire come anti VEGF colpisce anche un secondo importante bersaglio cioè l’angipoietina-2, un’altra sostanza che concorre ad aumentare la formazione di nuovi vasi, contribuendo in questo modo a migliorare la stabilità vascolare e a ridurre la risposta dei vasi ai VEGF”.

Arriva anche in Italia, sempre nel 2023, contro la maculopatia senile umida e l’edema maculare diabetico, anche un anticorpo monoclonale anti VEGF già utilizzato, ranibizumab, inserito in un piccolo serbatoio ricaricabile, impiantato nella parete dell’occhio e che eroga quotidianamente piccole quantità di farmaco.

“L’innovativa strategia terapeutica è quella di impiantare chirurgicamente nell’occhio piccoli serbatoi che rilasciano gradualmente il farmaco all’interno – fa sapere l’esperto. Questo potrebbe estendere l’intervallo di ritrattamento a sei mesi, semplicemente facendo il refill del serbatoio e riducendo così il numero delle iniezioni necessarie all’anno”.

Fonti bibliografiche

S. Del Missier, Nuove linee di policy sanitarie per le maculopatie

Maculopatia: i sintomi e come si cura, Gruppo San Donato