Dieci domande per capire cos’è l’amiloidosi e cosa accade quando colpisce il cuore

Con “amiloidosi” si indica un gruppo di condizioni caratterizzate dall'accumulo di materiale proteico a livello di organi e tessuti: come intervenire

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Un anno fa è stata diagnosticata a Oliviero Toscani l’amiloidosi. “In pratica le proteine si depositano su certi punti vitali e bloccano il corpo. E si muore. Non c’è cura”, così ha dichiarato il grande fotografo che in pochi mesi ha perso 40 chili e attualmente si sta sottoponendo a una terapia sperimentale.

Quando si parla di amiloidosi?

Con il termine “amiloidosi” si definisce un gruppo di condizioni caratterizzato dall’accumulo patologico a livello di tessuti e organi, di depositi di materiale proteico (definito amiloide) scarsamente solubile. Il motivo di questa situazione, che porta appunto al deposito di queste proteine, sta in una sorta di “ripiegamento anomalo” della loro struttura. L’amiloidosi è quindi causata da cambiamenti nella struttura secondaria delle proteine. In condizioni normali le proteine vengono sintetizzate come una sequenza lineare di aminoacidi che ripiegandosi, assumono una forma specifica. Grazie a ciò, la proteina riesce a svolgere tutte le sue funzioni. Le proteine amiloidi derivano da un precursore che è stato elaborato in modo non corretto dalle cellule.

Dove si può depositare l’amiloide?

I depositi di sostanza amiloide, molto spesso, interessano diversi organi (soprattutto il cuore, i reni, il fegato o il sistema nervoso). Di conseguenza si può verificare causare una riduzione, parziale o completa e comunque tendente alla progressione, del funzionamento dell’organo interessato. La marcata compromissione della funzionalità dell’organo/degli organi interessato/i e l’assenza di trattamento adeguato è la responsabile della prognosi della patologia.

Esistono diverse forme di amiloidosi?

Sì. L’amiloidosi può concentrarsi in un organo o interessare l’intero organismo. A seconda del punto in cui sono localizzati i depositi amiloidi, è possibile classificare la patologia in forme localizzate o sistemiche. Nel primo caso la patologia interessa un solo organo o un tessuto. Si tratta della forma meno grave della malattia ed è più diffusa nei pazienti in età avanzata o affetti da diabete di tipo 2. In caso di amiloidosi sistemica i depositi di amiloide si trovano in vari organi e hanno origine neoplastica, genetica o infiammatoria. Questa forma della patologia è piuttosto grave e colpisce soprattutto cuore, reni, nervi e intestino, portando gli organi ad una insufficienza progressiva.

Qual è la forma più comune?

In termini generali la forma sistemica più comune (quindi generalizzata) e che rappresenta più di otto casi su dieci è l’amiloidosi da catene leggere (AL). Si tratta di una malattia del sangue causata da un piccolo clone di plasmacellule che produce un’eccessiva quantità di catene leggere immunoglobuliniche.  È fondamentale arrivare presto alla diagnosi che, visti i sintomi, non è facile. Possono occorrere mesi, se non anni, per capire l’origine dei sintomi. Va anche detto che esistono anche altri tipi di amiloidosi: amiloidosi acquisita (AA) che può insorgere in risposta a numerose malattie che causano infezioni o infiammazioni croniche, amiloidosi ereditaria e amiloidosi ATTR, causate da depositi di amiloide costituiti da una proteina chiamata transtiretina (TTR).

Chi rischia di più l’amiloidosi AL?

Sono diversi i fattori che possono aumentare il rischio di insorgenza dell’amiloidosi AL. In primo luogo conta l’avanzare degli anni, visto che l’incidenza di questa patologia aumenta con l’età. Per il resto, i maschi hanno un rischio maggiore, così come anche una precedente gammopatia monoclonale di significato indeterminato può influire sul quadro. Infine, dal 10 al 15% di persone con mieloma multiplo può sviluppare l’amiloidosi AL.

Quali sono le caratteristiche dell’amiloidosi cardiaca?

L’amiloidosi cardiaca è una malattia rara, legata all’accumulo nel muscolo cardiaco di una sostanza detta amiloide, che forma fibrille insolubili che nel tempo si depositano negli spazi tra le cellule cardiache e ne compromettono la funzionalità. Tre sono le forme più comuni: amiloidosi a catene leggere o AL, con circa 600 nuovi casi per anno e una prevalenza in Italia di circa 1.500-2.000 pazienti viventi; amiloidosi da transtiretina ereditaria conseguente a mutazione del gene transtiretina, con circa 4-10 casi per milione di abitanti; amiloidosi da transtiretina wild type senza mutazione, con circa 3.000-4.000 pazienti viventi in Italia.  Nel caso dell’amiloidosi da transtiretina, il riconoscimento precoce dei sintomi e la diagnosi tempestiva sono cruciali per rallentare la progressione della malattia. Purtroppo, ancora oggi l’amiloidosi cardiaca è misconosciuta e la diagnosi avviene sovente con un ritardo medio di 3-4 anni.

Come si manifesta l’amiloidosi cardiaca?

L’infiltrazione di fibrille di transtiretina nel miocardio determina un progressivo ispessimento e irrigidimento delle pareti dei ventricoli, che causa la graduale compromissione della funzione di pompa del cuore con insorgenza di scompenso cardiaco. Tuttavia, oltre l’affanno possono comparire altri segni e sintomi come danni renali e alterazioni delle sensibilità agli arti inferiori. Il paziente di solito si rivolge al cardiologo perché si gonfiano le gambe e respira male. Il primo esame è l’ecocardiografia, seguito da esami ematochimici per ricercare l’eventuale presenza della componente monoclonale nel siero e nel sangue. A questi deve associarsi, se c’è un forte sospetto, una biopsia per ricercare l’amiloide e può essere utile anche una scintigrafia con tracciante osseo. Infine, tra gli step per una rapida diagnosi, è necessario l’esame del Dna per capire se si tratta di una forma ereditaria di amiloidosi cardiaca.

Come si affronta l’amiloidosi?

In termini generali, non si può parlare di una cura unica per l’amiloidosi, viste anche le diverse forme di patologia e i vari meccanismi che possono determinarla. Il problema maggiore è che non ci sono mezzi per “ripulire” gli organi dalle proteine amiloidi che si sono depositate. In pratica, non si riesce a fare pulizia come si vorrebbe. Per questo si punta su altri approcci, che lo specialista definisce caso per caso. Agli obiettivi sono cercare di limitare i rischi che si formino nuovi depositi, proteggere per quanto possibile gli organi colpiti dal quadro e tenere sotto controllo la situazione. in questo senso, visto che spesso la patologia trae origine dal midollo osseo al cui interno lavorano le cellule che producono le proteine patologiche, si punta sulla chemioterapia. Per altri organi, come rene e cuore, la strategia mira a sostenere la funzione degli organi stessi.

Cosa si fa nei casi di dATTR-CM?

L’amiloidosi cardiaca da transtiretina (ATTR-CM) fa parte della famiglia delle amiloidosi cardiache, un gruppo di patologie caratterizzate da un deposito di proteine anomale, chiamate amiloidi, nel cuore e in altri organi. Se non trattata opportunamente, può portare a un’insufficienza degli organi colpiti. Anche in queste circostanze gli specialisti si concentrano sulla gestione dei sintomi e sul rallentamento o l’arresto della formazione e del deposito delle fibrille. Il trattamento è mirato sia al processo patologico sottostante, sia alle complicazioni cardiache. Gli obiettivi primari sono alleviare i sintomi, trattare lo scompenso cardiaco e prevenire aritmie ed eventi tromboembolici. Negli ultimi anni, la possibilità di accedere a trattamenti medici ha ridotto significativamente la necessità di sottoporre i pazienti al trapianto di cuore e/o fegato, considerate, soprattutto in passato, uniche opzioni terapeutiche poiché è a livello epatico che viene prodotta la proteina transtiretina anomala.

Come funziona l’RNA-Interference nella cura di alcune forme di amiloidosi?

I farmaci RNAi agiscono silenziando l’RNA messaggero (mRNA). In pratica puntano ad andare a bloccare all’origine la produzione della proteina che induce il quadro. Per questo trovano spazio nel trattamento dell’amiloidosi hATTR, ereditaria, provocata da mutazioni nel gene della transtiretina (Ttr). Le terapie di questo tipo mirano a silenziare uno specifico RNA messaggero, bloccando la produzione di transtiretina nel fegato e riducendone l’accumulo nei tessuti, con l’obiettivo terapeutico di arrestare o far regredire le manifestazioni cliniche della malattia.