Sposati sì, ma ognuno a casa sua: il segreto di un matrimonio felice arriva dal Giappone

Felici e contenti sì, ma ognuno a casa propria. Molto più di una tendenza, quella che si è diffusa in Giappone è una vera e proprio filosofia che si traduce nel segreto di un matrimonio felice e longevo

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Per i più romantici il matrimonio corrisponde al coronamento di un sogno, un vero e proprio patto di amore eterno che suggella le promesse fatte. Per gli altri, invece, spesso si traduce in una naturale conseguenza di una relazione di lunga data, già solida ed equilibrata.

Indipendentemente dagli intenti e dai sogni di ognuno di noi, quello è che è certo è che si sceglie di convolare a nozze quando il sentimento che unisce i due partner è forte e autentico. Quello che succede dopo, invece, è l’inizio di una vita condivisa, fatta di progetti, abitudini e quotidianità. O almeno è così che succede in Italia e negli altri Paesi del mondo.

In tutti tranne in Giappone, dove il lieto fine si traduce in un “felici e contenti, ma ognuno a casa propria“. Molto più di una tendenza, quella che si è diffusa nel Paese del Sol levante è una vera e propria filosofia che sembra svelare il segreto di un matrimonio felice e longevo. Sarà proprio così?

Felici e contenti, ma ognuno a casa propria

Gli esperti hanno già coniato il termine per tutti quei matrimoni in cui la convivenza non solo non è fondamentale, ma non è proprio contemplata. Si chiamano matrimoni da weekend, e il nome stesso suggerisce che il fattore quotidianità non è poi così importante, almeno in Giappone.

Non che questa sia una novità assoluta nelle relazioni, quello di vivere separatamente. Lo abbiamo già visto con le coppie LAT (Living apart togheter), persone che di comune accordo scelgono di stare insieme, restando però ognuno a casa propria. Una tendenza, questa, che è stata accolta soprattutto dalle persone over 50 che hanno raggiunto la propria indipendenza e autonomia e che non vogliono sacrificare per amore.

Non che questo sia per forza un male, intendiamoci. Le coppie LAT si amano e condividono sentimenti, emozioni e rispetto come tutte le altre, solo che preferiscono dare priorità ai propri ritmi e ai propri spazi, con benefici conseguenti sia nel benessere personale che quello di coppia.

Ed è probabilmente proprio da questa consapevolezza che in Giappone le persone hanno scelto di essere delle coppie LAT anche dopo il matrimonio. Una tendenza, questa, che la BBC dichiara in continuo aumento nel Paese. Certo, per noi è inusuale, soprattutto perché consideriamo quella di andare a vivere insieme fase definitiva del consolidamento di una relazione. Eppure, nel Paese del Sol Levante, funziona esattamente in maniera opposta con risultati personali e relazionali più che soddisfacenti.

Arriva dal Giappone il segreto di un matrimonio felice

Ma come funziona un matrimonio senza convivenza? Le regole sono semplici: l’amore e il rispetto restano gli stessi, ma gli spazi non sono condivisi. Ci si vede durante il giorno e magari si trascorrono i weekend insieme, ma la sera ognuno torna a casa propria. E se qualcuno sente la nostalgia può sempre videochiamare l’altro. Un mix and match vincente, questo, che permetterebbe ai coniugi di non stravolgere i propri equilibri e le abitudini quotidiane. Insomma, due eterni fidanzati con la fede al dito, che però hanno promesso di esserci, di onorare e di rispettare per sempre il partner.

Se vi sembra così assurdo, date un’occhiata anche ai matrimoni americani, pare proprio che anche le coppie che vivono negli Stati Uniti sono rimaste affascinati dai matrimoni senza convivenza. Grazie a un’indagine condotta dall’Ufficio del censimento degli Stati Uniti d’America, è emerso che quasi il 3% delle coppie sposate nel Paese viva separata.

Insomma, le promesse sono le stesse e gli intenti pure, la modalità di condivisione no. Ma se questo serve a vivere felici e contenti, chi siamo noi per giudicare?