Sono passati diversi anni dall'uscita di quel romanzo che ci ha tenute col fiato sospeso, piene di dubbi sulla nostra vita e sui sentimenti, invase di domande alle quali non sapevamo fornire una risposta. Sì perché quel libro di Paolo Giordano, al di là della sua storia, ci ha fatto fare i conti con due delle condizioni che ci ritroviamo a vivere, inevitabilmente, nel corso della vita: l'infelicità e la solitudine. E sono proprio queste due che, quando si incontrano, a non far altro che alimentarsi a vicenda.
Quando questo succede ecco che ci trasformiamo anche noi in numeri primi, protagonisti di storie dalle mille sfaccettature caratterizzati da un'angoscia inspiegabile e da un circolo vizioso apparentemente impossibile da interrompere. Perché forse non ce ne rendiamo conto, ma quando scegliamo volontariamente l'isolamento, noi siamo dei numeri primi.
E lo siamo state ogni qualvolta eravamo vicine a raggiungere la meta, ma non ce l'abbiamo fatta. Quando abbiamo provato ad avvicinarci all'anima di qualcuno, ma non siamo riuscite a sfiorarla per davvero. Perché i conti in sospeso con il passato erano sempre tanti, troppi.
E così ci siamo ritrovati come Mattia e Alice, i protagonisti de La solitudine dei numeri primi, a non riuscire a toccare davvero qualcosa, o qualcuno, perché davanti a noi c'era sempre un numero pari che ci impediva di farlo.
E ci siamo sentite diverse, strane, sole. Incapaci di aprirci davvero e di lasciarci andare. A causa di un vissuto personale che forse non siamo riuscite a raccontare, per un dolore che non abbiamo superato. E certo è che sarebbe stato bello non sentirsi così, ma è successo.
E più aumentava la consapevolezza di essere sole, più quel dolore aumentava portando con sé tanta infelicità. E allora ci siamo identificate in quella solitudine dei numeri primi, non comprendendo che la soluzione non stava di certo nell'isolamento e che anzi, proprio da quella solitudine potevamo ricominciare.
Ma abbiamo preferito fare così, paragonare la nostra vita alla matematica, all'integrità di quei numeri e al loro destino che sfocia inevitabilmente nella solitudine. Perché sicuramente questa visione della realtà era più poetica. Perché accettare quel destino di dolore sarebbe stato più facile.
E forse è vero che lo siamo state, dei numeri primi, e che lo siamo ancora, ma è vero anche che abbiamo sempre una via di fuga dalla sofferenza che si trova in questa nostra vita, originale e irripetibile. Con tutti i suoi successi e i fallimenti, con i suoi pregi e i suoi difetti. Imperfetta, ma sicuramente unica, come noi.