Cedere al cupo abbraccio del pessimismo non è una prerogativa solo dell’amica che ci ha scritto. Secondo un recente rapporto del Censis relativo alla situazione dei giovani dopo la pandemia, oltre 6 di loro su 10 (62%) hanno cambiato la loro visione del futuro. Il 40% pensa che il domani sarà peggiore e prova incertezza (49%), ansia (30%), paura (15%) e pessimismo (13%). Eppure anche questo stato d’animo ha il suo perchè. E, se affrontato nel modo giusto, si può trasformare: non in un inutile ottimismo a oltranza, ma in energia che fa ritrovare il coraggio di vivere.
I pessimisti del Neolitico
Il pessimismo è uno degli atteggiamenti che ha permesso all’uomo di salvarsi la pelle, fin dall’Età della Pietra. Ebbene sì: gli uomini primordiali erano già pessimisti. Non vivevano nelle caverne spensierati e ottimisti, ma pronti alle più terribili evenienze. Prepararsi al peggio, infatti, è una forma di adattamento evolutivo che ha consentito di evitare i pericoli, essendone consapevoli. È stato dimostrato che siamo costruiti per imparare di più dalle esperienze negative che da quelle positive. Insomma, per quanto riguarda l’atteggiamento vincente in fatto di sopravvivenza, pare che i pessimisti battano gli ottimisti 1-0.
Fuori dal pessimismo in 6 mosse
Sembrerebbe quindi che un po’ di pessimismo sia utile per affrontare la vita. Ma troppo pessimismo la avvelena (esattamente come troppo ottimismo, che rende scioccamente incoscienti). Vedere tutto nero ci toglie energia, spegne la curiosità, azzera la possibilità di provare emozioni positive. Quindi liberarsi dalla cappa oscura del pessimismo a oltranza si può e si deve. Ecco come.
1) Esci dal rifugio
Nascondersi nel proprio pessimismo ci fa comodo. Non ci espone ai rischi, non ci si mostra più. E invece il bello della vita è proprio la possibilità di buttarsi, come in un adrenalinico bungee jumping. Ma bisogna essere ben equipaggiate, con elementi indispensabili come l’umiltà, la leggerezza, la consapevolezza dei propri limiti ma anche del proprio valore. Mettiamo il naso fuori dal rifugio, dunque, senza la presunzione di essere infallibili o la convinzione di essere inadatte.
2) Cerca il contatto
Non nascondiamoci al contatto con le amiche e gli amici. Sono nostri coetanei, hanno gli stessi nostri casini e momenti di follia. Magari sono pessimisti come noi. Magari invece hanno la ricetta della felicità da passarci. È da autolesioniste negarci il piacere di ascoltare storie e opinioni diverse dalle nostre o di fare frivole sciocchezze insieme a qualcuno senza pensare a conseguenze nefaste. Noi diciamo la nostra, gli altri la loro, qualcuno sorride, qualcun altro ci chiede perchè: sono momenti che concorrono a liberarci della “carogna dark” che ci portiamo sulle spalle. Un passo per volta, possiamo conquistare una nuova visione del mondo.
3) Non farti male da sola
I pessimisti sono specialisti nell’auto-sabotaggio: le frasi ricorrenti di questa pratica sono “Non ce la farò mai”, “Gli altri sono più bravi di me”, “Tanto non sono capace”, “Se ci provo sarà un flop”. Accidenti: è come presentarsi ai blocchi di partenza di una corsa con le caviglie legate, ma il peggio è che la corda ce la siamo stretta da sole! I motivi? Forse qualche scottante delusione, ma anche la poca autostima e la paura di affrontare i cambiamenti. Insomma, per timore di quello che potrebbe succedere mettiamo in moto un meccanismo tossico per cui ci tarpiamo le ali da sole.
4) Pensa… al contrario
Il trucco per disinnescarlo? Provare a pensare al contrario. “Non ce la farò mai” diventa “Potrei anche farcela”; “Gli altri sono più bravi di me” si trasforma in “Gli altri sbagliano proprio come me”; “Tanto non sono capace” cambia in “Farò quello che posso”. La chiusura diviene apertura, la negazione si fa possibilità. Questo non vuol dire ottimismo a tutti i costi, ma la messa in pratica di una semplice operazione mentale: meno autocritica, più accettazione. Sembra niente, ma invece è il segreto per impedire al pessimismo di intossicarci la vita.
5) Lascia stare i confronti
C’è una certa “pressione sociale” che subiamo ogni giorno. L’amica col lavoro figo, l’altra con il ragazzo giusto, un’altra ancora bravissima negli studi, poi quella che già pensa a un figlio oppure ha successo sui social… Nel confronto con questi modelli “vincenti” noi ci troviamo perdenti in partenza: “Non riuscirò mi ad essere come loro!”. Invece smettiamo di fare i paragoni: ognuna ha il suo percorso unico, le sue peculiarità, i suoi talenti, i suoi obiettivi. Sentirsi in dovere di adeguarsi ad un modello significa negare il proprio modo di essere. Accettarsi per quello che si è e per ciò che si è fatto è un grande boost all’autostima: ci dà la forza per buttarci nella mischia, dire la nostra, fare scelte azzardate. Uau! Questa sì che è vita!
6) Dai una mano al mondo
Per uscire dal guscio di pessimismo in cui ci siamo rinchiuse, proviamo a dedicarci a chi, senza dubbio, sta davvero peggio di noi. Ovvero, avviciniamoci alle associazioni di volontariato della nostra città e offriamoci di dare una mano. Pensiamo di non avere nulla da offrire? Rimarremo stupite dal contrario. Che sia l’aiuto nella mensa dei poveri, l’assistenza nei rifugi per animali, i servizi per gli anziani, i giochi per i bambini, il soccorso ai senzatetto, la tutela dell’ambiente, il mondo ha bisogno di noi. Fare volontariato apre gli occhi, il cuore e la mente. Può capitare di sporcarsi le mani, di spaventarsi, di fare attività impegnative fisicamente e emotivamente. Ma anche di vivere esperienze straordinarie e illuminanti. È proprio questo che ridimensionerà il nostro pessimismo e lo trasformerà in speranza e visione del futuro. Basta provarci.