Quel giorno in cui ho scoperto che l’amore è eterno finché dura

Ho capito che il per sempre esiste davvero, ma solo se riusciamo a farlo nostro. Esiste come i finali dei film che ci hanno emozionati, in quella canzone che era "la nostra", negli abbracci e nei sussurri sotto le coperte

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Me lo ricordo come fosse ieri, nonostante gli anni trascorsi, quel giorno in cui ho capito che è vero che l’amore è eterno finché dura, o forse no. In verità credo di aver maturato questa consapevolezza negli anni, proprio in quelli in cui ho scelto di mettere lui al centro di ogni cosa, prima di tutto il resto. Proprio io che non avevo mai smesso di consigliare alle mie amiche di fuggire da qualsiasi relazione non le rendesse felici.

Potevo farlo, perché ci ero passata. Perché ero intrappolata in una prigione dorata che non luccicava neanche più. Ma non l’ho mai detto a nessuno, non potevo farlo. Mi piaceva l’idea di essere considerata dagli altri una donna forte e autonoma, indipendente dall’amore e da quella relazione che ormai durava da 11 lunghi anni con quello che credevo fosse l’amore della mia vita. Con quello che tutti credevano sarebbe stato il mio compagno per l’eternità.

Ci credevano tutti, ma non io. Perché nonostante l’idea di vivere senza di lui mi terrorizzava, al punto tale di monopolizzare il mio presente, l’idea di un futuro insieme a lui mi faceva ancora più paura. Non c’era progetto, non c’era famiglia, non c’era niente in cui io riuscissi a vedermi, se non da sola. E allora, vi chiederete voi, qual è il senso di restare insieme a una persona che non riusciamo a immaginare nel nostro domani?

Avevo 16 anni quando andai al cinema a vedere il film L’amore è eterno finché dura. E ricordo, ancora oggi, quanto rimasi profondamente contrariata già solo per il suo titolo. Devo confessarvelo: sono cresciuta anche io con il mito dell’amore romantico. Ero convinta che fossi destinata a una, e una soltanto, anima gemella.

Così quando ho incontrato lui non ho ho avuto dubbi. Io la mia metà della mela l’avevo trovata e questo mi bastava, mi è bastato per molto tempo in realtà. Come tutti gli amori giovanili non è certo stato tranquillo e privo di tempeste. Tra gelosie e possessioni incontrollate, litigi furiosi e travolgenti passioni, abbiamo iniziato a trasformare, insieme, quel tesoro che avevo tra le mani, reciprocamente. E siamo cresciuti.

Il problema è che non lo abbiamo fatto insieme. Vedete, il guaio degli amori che nascono a vent’anni sta proprio nel fatto che se non si procede alla stessa velocità uno dei due rimane inevitabilmente indietro. Ed è quello che è successo a noi.

Gli anni passavano e i miei obiettivi si trasformavano giorno dopo giorno. A ogni compleanno, non erano solo le candeline che spegnevo a fare la differenza, ma il mio approccio alla vita. Il suo, invece, restava sempre quello legato ai suoi vent’anni. Io mi sentivo una donna. Lui era ancora un ragazzo.

Ho maturato dolorosamente dentro di me la consapevolezza che lui era l’amore della mia vita, ma non poteva essere l’uomo della mia vita. E questo mi ha distrutta, mi ha spaccata in due. Mi ha devastata. Perché è stato in quel momento che ho capito che dovevo scegliere tra l’amore e la felicità. E io ho scelto l’amore.

Le conseguenze, non ve le sto a raccontare, ma le ho pagate a caro prezzo ogni giorno. Tra pianti, lacrime e singhiozzi. Ma io avevo l’amore, continuavo a ripetermi e questo bastava. O forse no.

Così dopo 11 anni, come in quei film senza lieto fine, è successo l’inevitabile. È bastata una malattia a distruggere quell’equilibrio labile e malsano che mi sforzavo di mantenere a tutti i costi. Lo ha fatto lui, per primo, nel più subdolo dei modi. E l’ho fatto io anche quando con le lacrime agli occhi lui non sapeva cosa fare, anche quando tutti mi dicevano che non potevo lasciare quella “casa”. E invece io l’ho fatto.

Ho lasciato andare via la mia anima gemella, ho tagliato quella mia metà della mela che ho tenuto attaccato al corpo, al cuore all’anima per tanto, troppo tempo. Anche quando stava marcendo. E mentre mi trovato a raccogliere i pezzi di una vita intera andata in frantumi, ho dovuto lottare anche con le mie convinzioni che ormai non esistevano più.

Se a ogni parola, a ogni azione e gesto fatto, corrispondeva un peso che ho sempre sostenuto con tutti i muscoli del mio corpo, come potevo accettare che tutto ciò in cui avevo sempre creduto non esisteva più? Avrei dovuto rinunciare all’amore per sempre, perché io lo avevo già avuto. E pur di non accettare che l’amore è eterno finché dura, l’ho fatto.

Ma la vita si sa, riserva sempre sorprese inaspettate a chi non si aspetta più di riceverle. Quelle che nei film sono definite serendipity. Così ho dovuto dare un nuovo significato alla parola amore eterno.

Ho capito che il per sempre esiste davvero, ma solo se riusciamo a farlo nostro. Esiste come i finali dei film che ci hanno emozionati, in quella canzone che era “la nostra”, negli abbracci e nei sussurri sotto le coperte, nelle promesse sentite, anche se poi non mantenute. Ho capito che quando qualcosa si rompe, se i pezzi sono troppo piccoli, non si può aggiustare. Ma quando la luce li sfiora, in qualsiasi posto loro si trovino, cominceranno a brillare, ricordandoci sempre di quanto è stato bello credere nell’amore eterno.