Donna non è sinonimo di cagna. E l’Enciclopedia Italiana lo ha (finalmente) capito

La discriminazione di genere passa anche per la lingua italiana e per le parole troppo a lungo legittimate. Ma un grande passo avanti è stato fatto

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

L’Enciclopedia Italiana di scienze, lettere e arti, comunemente nota come Treccani, ha cambiato alcuni dei sinonimi dispregiativi indicati sotto la voce “donna”. Una vittoria, se così si può chiamare, incredibile. Come incredibile è il fatto che, fino a oggi, termini come cagna, zoccola o puttana, fossero associati alla figura femminile.

Non ci stupiamo di questo, purtroppo. Dato che sappiamo bene quanto è facile, per gli altri, chiamarci con questi “appellativi”, al minimo passo fatto, gesto compiuto, o abbigliamento scelto. Certo è che legittimare queste parole, attraverso uno strumento educativo di riferimento come lo è un’enciclopedia, è ben diverso.

La verità è che il maschilismo e gli stereotipi di genere sono così intrisi nella società moderna, da riguardare inevitabilmente anche la lingua italiana. Ecco perché non si tratta propriamente di una vittoria, perché è stata combattuta una battaglia che non aveva ragione di esistere, perché la donna non è una serva, una cagna, né tanto meno una bagascia. Ma ci è voluta comunque la forza e la tenacia di tante donne che, unite, hanno combattuto per rivendicare i diritti di tutte noi.

È stata l’italiana Maria Beatrice Giovanardi la pioniera di questa crociata verso il cambiamento, a partire dalla sua richiesta nei confronti del prestigioso vocabolario inglese Oxford Dictionary, di eliminare le frasi sessiste alla voce “woman”, considerata solo “la moglie, la donna, l’amante di un uomo”.

Una volta ottenuto il primo risultato, la Giovanardi, insieme ad altre attiviste, ha scritto una lettera all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani per chiedere le modifiche alla voce “donna”. La richiesta è stata chiara e senza fronzoli: eliminare espressioni offensive volte solo a rinforzare gli stereotipi negativi e misogini che oggettificano la donna e utilizzarne invece altre aderenti alla realtà, proprio come succede alla voce uomo. Lui, l’uomo, è infatti considerato “essere cosciente e responsabile dei propri atti”, “uomo d’affari”, “uomo d’ingegno”, “uomo di cuore” o “uomo di rispetto”.

Dopo un primo rifiuto da parte dell’Istituto di accogliere la richiesta perché “Le parole hanno una storia che non si può cancellare“, la Treccani ha finalmente deciso di procedere all’eliminazione di tutte quelle espressioni e parole sessiste, con la promessa di utilizzare dei sinonimi in grado di valorizzare i traguardi intellettuali e sociali delle donne.