Filippo Turetta ha confermato quanto ammesso dopo l’arresto in Germania: ha ucciso Giulia Cecchettin, poi è fuggito, vagando in macchina fino a quando benzina e energie sono bastate. Lo ha fatto durante l’interrogatorio di garanzia, il primo dopo il suo ritorno in Italia, nel carcere di Montorio a Verona. Da quanto è emerso dalla mattinata del 28 novembre il 22enne si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha reso alcune dichiarazioni spontanee che hanno confermato le confessioni fatte alla polizia tedesca al momento dell’arresto.
“Giulia doveva essere solo mia”: le sue parole
Nel corso del lungo interrogatorio, Filippo Turetta ha raccontato al pm Andrea Petroni quale sarebbe stato il movente dell’omicidio: il 21enne non accettava che Giulia Cecchettin non fosse più “sua”, ed ha ammettesso di avere avuto un atteggiamento possessivo nei confronti della ragazza dopo essere stato lasciato. Turetta avrebbe anche affermato di essere ancora innamorato di lei: “L’amavo, la volevo per me, non accettavo che fosse finita”. Il ragazzo avrebbe infine aggiunto dei dettagli sulla dinamica dell’omicidio: “Giulia scappava. Io l’ho rincorsa e l’ho colpita”. Il 21enne ha quindi accelerato per raggiungere l’ex fidanzata, afferrata e accoltellata alle spalle, tra testa e collo, poi con l’arma ha affondato un colpo anche al torace.
Intanto, è stata fissata la data ufficiale dei funerali di Giulia Cecchettin: si terranno martedì 5 dicembre alle 11 nella Basilica di Santa Giustina a Padova. Saranno installati per l’occasione anche dei maxi schermi sulla facciata. Una cerimonia più intima è invece prevista alle ore 14 nella chiesa di Saonara.Con la conferma della data delle esequie, il presidente del Veneto Luca Zaia ha annunciato che per la giornata del 5 dicembre sarà decretato il lutto regionale.
“Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità”: le parole di Turetta
“Sono affranto, dispiaciuto per la tragedia che ho causato“, queste le parole pronunciate da Filippo Turetta nelle dichiarazioni spontanee rese durante l’interrogatorio di garanzia nel carcere di Verona e riportate da La Repubblica. Un incontro durato 34 minuti. Breve, inframmezzato da silenzi e lacrime, in cui l’accusato del terribile femminicidio di Giulia Cecchettin si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma ha poi aggiunto: “Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità, voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata. Sto cercando di ricostruire nella mia memoria le emozioni e quello che è scattato in me quella sera. Fin da subito era mia intenzione consegnarmi e farmi arrestare. Questa era la mia intenzione. Ora sono molto stanco e non mi sento di aggiungere altro”.
Una confessione del femminicidio davanti alla giudice Benedetta Vitolo che non ha aggiunto nessun elemento nuovo sulla dinamica di quanto accaduto la sera dell’11 novembre, quando secondo le accuse della procura di Venezia ha sequestrato e ucciso Giulia Cecchettin, aggredendola due volte e lasciando poi il suo corpo senza vita tra le rocce nella zona del lago di Barcis.
Ha dunque confermato quando già affermato in Germania in occasione dell’arresto: “Ho ammazzato la mia fidanzata, ho vagato questi giorni perché cercavo di farla finita, ho pensato più volte di andarmi a schiantare contro un ostacolo e più volte mi sono puntato un coltello alla gola, ma non ho avuto il coraggio di farla finita“. L’attenzione degli investigatori ora si concentra sull’esito dell’autopsia sul corpo di Giulia che si terrà venerdì 1 dicembre.
Il legale di Elena Cecchettin introduce l’aggravante per stalking
Un omicidio aggravato, secondo il legale di fiducia di Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, Nicodemo Gentile, dallo stalking precedente al sequestro e all’uccisione. Ha infatti dichiarato: “Filippo Turetta ha dimostrato di essere un ’molestatore assillante’, infatti, il suo comportamento, come sta emergendo da più elementi da noi già raccolti, è connotato da plurime e reiterate condotte che descrivono ‘fame di possesso’ verso la nostra Giulia. Un assedio psicologico che aveva provocato nella ragazza uno stato di disorientamento e di importante ansia.Un uso padronale del rapporto che ha spinto il Turetta prima a perpetrare reiterate azioni di molestie e controllo, anche tramite chiamate e messaggi incessanti, e poi, in ultimo l’ omicidio, al fine di gratificare la sua volontà persecutoria”.
Ancora una volta un caso che ci racconta come il femminicidio sia l’ultimo capitolo di una rete di violenze che si manifesta in forme molteplici e cangianti. Il controllo, il possesso, il ricatto, come evidenziato dalla stessa Giulia Cecchettin in un vocale mandato alle amiche circa un mese prima della sua morte, sono segnali difficili da cogliere perché profondamente radicati in una società patriarcale e che minimizza il grido d’aiuto delle donne in difficoltà. “Ho ammazzato la mia fidanzata”, ha detto Filippo Turetta all’arresto in Germania. Ma Giulia Cecchettin non era più la sua fidanzata. Aveva chiuso, ma si sentiva imprigionata in una strada senza uscita dalla minaccia del ragazzo di uccidersi se l’avesse persa. Quante storie dallo stesso finale dobbiamo ancora sentire? Intanto Elena Cecchettin continua a lottare e lo fa anche per noi, caricandosi sulle proprie spalle di giovane donna le storie di tutte noi a un solo grido: “Fa che io sia l’ultima“.