Cognome della madre ai figli, a che punto siamo

La legge italiana attualmente impone il cognome paterno anche di fronte alla volontà dei genitori di assegnare quello materno: cosa sta succedendo

È giusto che la legge imponga a una coppia di genitori che il figlio debba portare il cognome del padre e non quello della madre? Il dibattito sull’argomento è accesso ormai da tempo. Dopo anni di proposte di legge rimaste nel cassetto e pronunce da parte della Corte Costituzionale che avrebbero dovuto spingere il Parlamento a cambiare le cose, forse siamo arrivati finalmente a un punto di svolta. Il Senato è pronto a prendere seriamente in considerazione una possibile legge. L’iter è già cominciato.

Cognome materno o paterno, il quadro normativo attuale in Italia

La legge attualmente in vigore non prevede che si possa assegnare il cognome della madre, né per i figli nati all’interno del matrimonio, né per quelli nati da coppie di fatto. L’unico caso in cui questo sia previsto è quello in cui il padre di un figlio nato da due persone non sposate non voglia riconoscerlo.

Nel 2006 i giudici costituzionali sono stati chiamati dalla Corte di Cassazione a scrutinare le norme contenute negli artt. 143 bis, 236, 237, 2° e 262, 299, 3°co del Codice Civile, da cui emergeva l’impossibilità di attribuire il cognome della madre al figlio, anche qualora vi sia il consenso, legittimamente manifestato, di entrambi i genitori. In quell’occasione la Consulta giudicò che quegli articoli fossero in contrasto con la Costituzione e invitò il Parlamento a intervenire in tempi rapidi, ritenendo quelle leggi superate e retaggio di una concezione patriarcale della famiglia.

Nel 2014 il Consiglio dei Ministri ha annunciato un disegno di legge che però, a oggi, non ha ancora trovato il suo compimento.

Cognome della madre ai figli: l’intervento della Consulta nel 2016

Nel 2016 la Consulta è stata costretta a occuparsi della questione. In quella circostanza, in particolare, i giudici sono stati chiamati a intervenire dalla Corte di appello di Genova dopo che una coppia italo-brasiliana residente nel capoluogo ligure aveva chiesto di dare il doppio cognome al proprio figlio, nato quattro anni prima.

Con la sentenza numero 286 di quell’anno la Corte ha affermato la possibilità, per i figli nati nel matrimonio, di prendere anche il cognome della madre, in aggiunta a quello del padre, se tra i coniugi c’è accordo. I giudici costituzionali avevano definito l’impossibilità per la madre di dare al figlio sin dalla nascita il proprio cognome come “un’irragionevole disparità di trattamento tra i coniugi, che non trova alcuna giustificazione nella finalità di salvaguardia dell’unità familiare”.

Un giudizio che è stato definito storico e con il quale la Consulta nuovamente invitava il legislatore a dotarsi di una legge adeguata ai tempi evidentemente differenti e non discriminatoria nei confronti della madre.

È in questo scenario che si è riaperto il dibattito, dopo che il Tribunale di Bolzano ha chiesto nuovamente l’intervento della Corte Costituzionale riguardo l’articolo 262 del Codice Civile, in particolare sul secondo comma, cioè nella parte in cui non consente ai genitori di assegnare al figlio, nato fuori dal matrimonio ma riconosciuto dal padre, il solo cognome materno.

La questione è stata posta perché una coppia non sposata voleva attribuire, di comune accordo, il cognome della madre al figlio appena nato invece di quello del padre, vedendosi rifiutare la richiesta da parte dell’incaricato dei registri dello stato di famiglia. Così il Tribunale altoatesino ha chiamato in causa la Consulta per chiedere se tale decisione fosse legittima.

I giudizi costituzionali hanno dichiarato ammissibile la richiesta e hanno fatto sapere che prima ancora di esprimersi sul quesito per cui è stata chiamata in causa, si pronuncerà sull’intero sistema di attribuzione del cognome e dunque sull’insieme di normative incidenti sul tema, sia che si tratti di figli nati all’interno del matrimonio sia di quelli nati da coppie non sposate. Questione ritenuta “pregiudiziale” rispetto a quella sollevata dal tribunale di Bolzano.

Cognome della madre ai figli: la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo

Sul tema si era pronunciata anche la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, nel 2014. La Corte aveva definito l’assegnazione automatica del cognome paterno in Italia era una pratica «patriarcale» e «discriminatoria» e che l’Italia doveva fare una nuova legge al riguardo in virtù del Trattato di Lisbona, sottoscritto dal nostro Paese e che – tra le altre cose – vieta ogni discriminazione fondata sul sesso.

La proposta di legge analizzata al Senato: gli scenari possibili in Italia

Secondo la legislazione vigente l’unico modo per poter aggiungere il cognome della madre a quello del padre, oppure cambiarlo del tutto, è fare una richiesta al prefetto della propria provincia. È la normale procedura che si usa per cambiare cognome, utilizzata quando qualcuno ha un cognome considerato ridicolo o per qualche ragione offensivo: la decisione però è a discrezione del prefetto, e non dei genitori o di chi presenta domanda.

Come abbiamo anticipato, però, le cose potrebbero finalmente prendere la svolta tanto attesa dopo decenni di battaglie, proteste e richieste. Il 15 febbraio del 2022, infatti la Commissione Giustizia del Governo italiano si è riunita al Senato per esaminare la proposta di legge che consentirebbe anche alle donne di dare ai figli il proprio cognome.

Il Comunicato stampa condiviso dall’UDI, Unione Donne in Italia, ha annunciato la notizia come il tanto atteso passo avanti su una questione spinosa che altro non fa che mettere in luce uno la cultura maschilista e patriarcale che ancora appartiene alla nostra società.

Ma quanto bisognerà ancora attendere? L’iter di esaminazione dei cinque disegni di legge sul tema arrivati in Senato è già cominciata con l’obiettivo di unificare in un solo testo, concordato da tutte le parti politiche, quella che poi diventerà la legge. Non ci resta che attendere con la speranza che finalmente entrambi i genitori possano decidere liberamente quale cognome dare al proprio figlio e che questa possibilità sia data, finalmente in modo equo, sia alla madre che al padre.