Michela Murgia, il vestito da sposa firmato Dior è un omaggio alla sua famiglia queer

Una abito speciale per il matrimonio di una donna che ha speso la vita a lottare contro ogni forma di discriminazione e diseguaglianza

Foto di Giorgia Prina

Giorgia Prina

Lifestyle Specialist

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Michela Murgia si è sposata qualche giorno fa con il compagno Lorenzo Terenzi. Un matrimonio che ha attirato l’attenzione di tutti per la particolarità dell’evento, per le condizioni di salute della scrittrice sarda e, ora, anche per l’abito da sposa che ha indossato. Il perché è semplice: Murgia, da sempre in lotta con ogni forma di patriarcato, non poteva certo portare un abito qualunque alla celebrazione delle sue nozze. A spiegarlo lei stessa in un lungo post Instagram in cui in prima battuta ringrazia Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior e talento indiscusso della moda italiana.

Si tratta inoltre di una firma sempre pronta ad assorbire, interpretare ed appoggiare messaggi femministi con il suo lavoro: “La nuova generazione ha sollevato grandi domande sul genere, sulla razza, sull’ambiente e sulle culture, che dobbiamo riflettere nella moda”. Nel 2016 Chiuri ha presentato la sua prima collezione, sempre per Christian Dior a Parigi, in cui ha messo in scena un’idea di femminismo tratto dal saggio di Chimamanda Ngozi Adichie We Should All Be Feminists, un sottotesto che ha posizionato Maria Grazia Chiuri sotto i riflettori e che l’ha resa la figura perfetta per pensare e realizzare il vestito per il matrimonio di Michela Murgia.

L’abito da sposa di Michela Murgia

Michela Murgia e Lorenzo Terenzi si sono sposati, ma “senza auguri”, come da volontà della scrittrice stessa. Un matrimonio che segna un passaggio obbligato e doloroso per il riconoscimento di diritti altrimenti non impugnabili in assenza della cerimonia, e ad un passo dalla fine, visto che Michela Murgia aveva dichiarato di aver deciso di sposarsi nella lunga intervista a Corriere della Sera in cui aveva rivelato di avere un tumore al quarto stadio. Il rito è stato civile, in articulo mortis, e si è svolto in casa. A testimoniarlo un video pubblicato da Murgia stessa sui suoi profili social.

La scelta dell’abito, per stessa confessione della sposa, non è stata facile: “Quando Maria Grazia Chiuri mi ha detto ‘voglio disegnarti l’abito da sposa’ ho provato imbarazzo: non mi considero una sposa. Il fatto che tutt3 continuino a romanticizzare la questione e farci le congratulazioni non cambia la realtà: io e Lorenzo abbiamo firmato un contratto con lo Stato per avere diritti che non c’era altro modo per ottenere così rapidamente. Sappiamo che abbiamo fatto uso di un privilegio: mutuo, adozioni, agevolazioni fiscali, sono tutte cose che, se le chiedessimo ora, ci sarebbero concesse in quanto due e in quanto maschio e femmina, ma per questo abbiamo dovuto ricorrere allo strumento del binarismo eterosessuale come norma naturale dei rapporti, cioè quello contro cui ci siamo sempre battut3″.

A convincerla la reazione della direttrice creativa alla sua volontà di imprimere un valore politico alla cerimonia: “‘Vorrei rendere politico il nostro vissuto per mostrare che abbiamo trovato un altro modo per stare insieme, un modo che il governo vorrebbe ridurre a stranezza sociale da perseguitare e invece è già la vita normale di tante persone’. Maria Grazia Chiuri mi ha detto: ho capito perfettamente, dammi tempo e ti propongo una cosa. Tre giorni dopo mi ha mandato i bozzetti di una intera mini-collezione familiare che interpreta alla perfezione lo spirito queer del nostro stare insieme”.

Famiglia queer: un omaggio nel giorno importante

Non solo un abito per lei, dunque, ma un vero e proprio omaggio all’intera famiglia queer di cui tanto si è parlato dall’annuncio dello stato terminale della sua malattia. Parlando del carcinoma renale al quarto stadio che l’ha colpita, la scrittrice ha infatti accennato ai mesi che le restano da vivere e alla decisione di comprare una casa con dieci letti dove la sua famiglia queer potesse vivere insieme. Un’idea nuova di nucleo familiare contro gli stereotipi e le convenzioni.

Il lavoro di Maria Grazia Chiuri esprime alla perfezione le sue intenzioni: si tratta infatti di una mini-collezione “completamente bianca per tutti, de-sacralizza il colore nuziale, che cambia significato: il bianco è inclusivo, sintesi additiva di tutti i colori dello spettro. Nella collezione di cui ci ha fatto dono, realizzata ad hoc, ci sono solo pezzi intercambiabili, no gender, tra i quali ciascunə ha scelto la combinazione che meglio esprimeva la sua identità. Sul mio vestito c’è un ricamo prezioso di perline: God save the queer, la stessa frase che appare sulla t-shirt personalizzata. Quel che siamo, multipli forti, è perfettamente rappresentato da questo incredibile discorso di tessuti e modelli, frutto della sensibilità creativa di una donna, un’amica, che ogni giorno mi dà lezioni di generosità, acume e professionalità”.