“Non siamo nel medioevo”: la lezione di Stefano Ferri, crossdresser deriso a Milano

Battute e risatine, ma lo scrittore non ha voluto subire oltre e ha deciso di affrontare chi stava cercando di umiliarlo

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Redazione

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Non siamo nel medioevo. Bisogna leggerle lentamente queste parole. E poi pronunciarle altrettanto lentamente. Lasciarle prima decantare e poi cercare di sentirne la consistenza, il retrogusto, l’essenza, esattamente come si fa quando si beve un buon vino. Non siamo nel medioevo e vale la pena ricordarlo, anche se per molti versi sembra che l’umanità non sia andata avanti di un singolo passo, come ci ha fatto notare Stefano Ferri, scrittore, giornalista e pubblicitario professionista.

Di recente, Ferri ha scritto un post sulle sue pagine Facebook e Instagram, raccontando di essere stato deriso per ciò che indossa. Sì, perché Ferri è un crossdresser, indossa cioè abiti che sono generalmente associati al sesso opposto (in questo caso quello femminile), per stare bene con sé stesso ed esprimere la sua individualità. Ma ancora oggi, esprimere chi si è resta un lusso, un privilegio quasi inarrivabile che richiede sacrifici e che spesso si scontra contro mura d’ignoranza e superficialità.

Il potere feroce di una risata

Prima di fare una piccola (e sicuramente approssimativa, considerando l’importanza dell’argomento) analisi, raccontiamo cos’è successo a Ferri. A narrare l’accaduto, come abbiamo già accennato, è stato il giornalista, che ha scritto: «Sto aspettando il treno nella banchina semideserta quando noto una signora in maglietta e pantaloni scrutarmi con sarcasmo. Niente di diverso da quello cui sono abituato se non che costei a un certo punto scoppia a ridere. Nemmeno le risate sguaiate al mio indirizzo sono una novità».

Già queste prime frasi tratteggiano uno scenario desolante, quello che dipinge una fetta (purtroppo ancora molto consistente) dell’umanità immersa nel pregiudizio e nell’incapacità di superarlo. Il fatto che lo stesso Ferri racconti che questi comportamenti non sono una novità è, purtroppo, la conferma che a dispetto di quanto sulla carta gli esseri umani stiano progredendo, all’atto pratico restino spesso limitati e al contempo limitanti, impedendo a chi li circonda di vivere serenamente.

La derisione e la scelta di Ferri

Può sembrare superfluo (ma in realtà non lo è mai) spiegare che questi gesti intrisi di pregiudizio sembrano solo apparentemente innocui. Cosa potrà mai essere uno sguardo? Cosa potrà mai essere una risata? Non sono violenze concrete, non fanno male fisicamente. Invece non è così. Fanno male e sono, semplicemente, tutto. Sono le radici su cui si ergono spaventosi alberi i cui rami prendono i nomi di atteggiamenti deleteri, violenti e degradanti (come bullismoomofobia, transomofobia, solo per citarne alcune). E di fatto, Ferri questo lo sa bene. È per questo che ha deciso, stavolta, di non subire in silenzio.

«Stavolta non ci vedo più e mi avvicino a lei – scrive il giornalista – la guardo con pari sarcasmo e aspetto che la smetta. Smette in fretta, non aveva considerato che avrei preso il toro per le corna. “Un tempo”, le sussurro mentre mi guarda basita, “erano le donne in pantalone a suscitare questa reazione negli uomini e oggi siamo unanimi nel ritenere quegli uomini imbecilli. Pensi quanta gente, in futuro, darà dell’imbecille a lei”».

Il medioevo sociale che richiede una rivoluzione

Come abbiamo detto all’inizio, quanto accaduto a Ferri ci porta a una piccola analisi. Un’analisi che, scritta su queste pagine, non potrà mai rendere giustizia all’enormità, alla complessità e purtroppo alla varietà delle discriminazioni che vertono tutte intorno alle parole di normalità e diversità. Questi due termini apparentemente innocui comprendono al loro interno tutte le ragioni per cui si punta il dito verso qualcuno che è altro da: altro da quello che pensiamo sia giusto, che pensiamo sia canonico, che pensiamo sia ordinario.

La verità è che non esiste e non dovrebbe esistere alcuna regola che ingabbi la libertà altrui in nome di una sedicente normalità. Nessuna convinzione che la condanni e la ghettizzi perché è diversa dalla nostra. La strada per arrivare a questa conclusione, però, è ancora lunga. E se Ferri ha avuto la forza di reagire, ci sono persone molto meno fortunate che non solo subiscono la derisione, ma sono vere e proprie vittime di chi si sente in dovere di far vigere la legge del più forte.

In un altro post, Ferri ha scritto: «Restiamo uniti, poniamo fine a questo medioevo sociale. Facciamo capire a queste persone che si ride guardando un film, a teatro, leggendo un libro. Ridere di una persona è deridere. E deridere, schernire una persona è un atto di discriminazione». E forse, se iniziassimo a tenere a mente questo, il cammino comincerebbe a farsi meno irto.