Massimo Troisi, il grande artista. Una storia di bellezza e semplicità

Di tutte le doti che gli appartenevano, era la semplicità a rendere unico Massimo Troisi. Ed è proprio con semplicità che il suo ricordo è rimasto nell'eternità

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 20 Febbraio 2023 13:32

Ho letto una frase da qualche parte, attribuita allo scrittore e saggista britannico Richard Steele, che dice che “Di tutte le cose, la semplicità è la più difficile da copiare“. E giuro che se non fosse per la differenza di epoche in cui lui e Massimo Troisi sono vissuti, avrei detto che è proprio al grande artista napoletano che questa è dedicata.

Perché di tutte le doti che gli appartenevano, come il talento, l’ironia e l’umorismo spontaneo, probabilmente era la semplicità a rendere unico Massimo Troisi. A renderlo inimitabile. Una semplicità che proveniva dalle sue origini e dal suo grande cuore e che ha trasmesso in ogni modo quando era in vita. E con semplicità è rimasto nell’eternità.

A 70 anni dalla sua nascita, e a quasi 30 anni dalla sua scomparsa, viene quasi naturale chiedersi come sarebbe lui oggi. Cosa penserebbe della sua Napoli e del mondo, di tutto quello che succede intorno. Viene da chiedersi quanti successi ancora avrebbe collezionato e quanta bellezza avrebbe raccontato. Ma “Il comico dei sentimenti”, oggi, non c’è più. Quello che resta di lui è un ricordo indelebile ed eterno che troveremo sempre in tutto ciò che ha detto. In tutto ciò che ha fatto.

Da domani mi alzo tardi

Ce lo chiediamo un po’ tutti quando ci troviamo davanti alla morte prematura di qualcuno. Ci domandiamo quante cose ancora quella persona avrebbe fatto, quanti sogni avrebbe realizzato e quanti successi collezionato. Quesiti, questi, che però sono destinati a restare senza risposta.

Una risposta, però, Anna Pavignano l’ha trovata. Forse più per necessità che per conoscenza. Lei, autrice e sceneggiatrice dei film di Massimo Troisi, nonché sua compagna di vita per alcuni anni, ha deciso di sfidare la morte, annullandola con la sua scrittura. Immaginando una vita parallela fatta di presenza e non di assenza. Da quel libro, che si intitola Da domani mi alzo tardi, è stato ispirato anche l’omonimo film di Stefano Veneruso, nipote di Troisi. Una pellicola che immagina, indaga ed esplora il campo del “quello che poteva essere” se solo Troisi non fosse morto quel 4 giugno del 1994.

C’era una volta Massimo Troisi

Chi era, e cosa ha rappresentato Massimo Troisi, lo sappiamo tutti. Non c’è persona nel Paese che non abbia visto un suo film, che non abbia riso a una sua battuta, che non sia rimasto affascinato dalla sua autentica bellezza, quella che traspariva dalla semplicità che gli apparteneva.

A San Giorgio a Cremano, dove è nato, tutti lo conoscono. Lo conoscono a Napoli, in Italia e forse nel resto del mondo. Nato il 19 febbraio del 1953, Massimo Troisi è l’ultimogenito di un ferroviere e di una casalinga. Vive al numero 31 di Via Cavalli di Bronzo, lo stesso indirizzo che compare in Ricomincio da Tre, e vive insieme ai suoi 5 fratelli, ai nonni materni, a una coppia di zii e ai loro cinque nipoti.

Sono nato in una casa con 17 persone. Ecco perché ho questo senso della comunità assai spiccato. Ecco perché quando ci sono meno di 15 persone mi colgono violenti attacchi di solitudine.

Il destino glielo ha deciso mamma Elena quando lui è solo un neonato. Ha spedito la sua foto all’azienda alimentare Mellin e lui è stato scelto come testimonial di una pubblicità sul latte in polvere. Nessuno sa ancora che quel bambino si trasformerà in un grande artista.

È bello Massimo da piccolo, con i capelli scuri scuri e i riccioli che gli incorniciano il viso, ma è anche fragile. Sin da bambino, infatti, soffre di febbre reumatica che lo porta a sviluppare una malformazione della valvola mitrale che poi, in età adulta, diverrà fatale. Eppure, nonostante quei problemi di salute condizionano in qualche modo il suo presente, quel bambino sorride timido, e non smetterà mai di farlo.

Affascinato dall’arte, dalla poesia e dalla recitazione, ad appena 15 anni esordisce come attore nel teatro della Chiesa di Sant’Anna. Insieme a lui ci sono gli amici di sempre, quelli che rimarranno al suo fianco fino alla fine, tra i quali anche Lello Arena.

Massimo è un adolescente timido che non ama stare al centro dell’attenzione, ma si rende conto che proprio sul palco, e sotto i riflettori, riesce a dare il meglio di sé. Non si dimostra solo un abile attore, ma è un artista a tutto tondo il giovane Troisi, che scrive poesie e atti teatrali destinati a diventare grandi, esattamente come lui.

Insieme a Lello Arena, che diventa la sua spalla sul palco e nella vita, Massimo Troisi inizia a farsi conoscere nell’ambiente teatrale. Indossa la maschera di Pulcinella che però, nel suo caso, è un Pulcinella senza più nessuna maschera.

Massimo Troisi e Roberto Benigni in Non ci resta che piangere
Fonte: Getty Images
Massimo Troisi e Roberto Benigni in Non ci resta che piangere

Il Pulcinella senza maschera

Le tematiche che porta in scena con i suoi amici e colleghi sono diverse dalle altre. Sono avanguardiste e moderne e portano in scena una nuova comicità napoletana, la stessa che influenzerà gli anni a venire e che ha un bisogno urgente di farsi conoscere. Insieme a Lello Arena e Enzo Decaro costituisce il gruppo teatrale I saraceni, poi diventano La smorfia. I ragazzi escono dal teatro parrocchiale in cui sono cresciuti e si fanno conoscere nella città portando sul palco personaggi autentici e differenti, uomini di diversi ceti, caratteri e personalità.

Nel 1976, a soli 23 anni, Massimo Troisi è costretto a ritirarsi dalle scene ma solo per poco. Si sottopone a un intervento chirurgico alla valvola mitrale negli Stati Uniti, al quale ha accesso anche grazie a una colletta organizzata da chi già gli vuole bene. È uno che sa farsi spazio nel cuore degli altri, Massimo, anche se forse non lo sa. Dopo l’intervento torna a recitare, senza smettere più fino alla sua morte.

Nel 1981 viene notato dal produttore Mauro Berardi che è alla ricerca di nuovi volti per il cinema. Troisi non gli è rimasto indifferente. Gli propone di scrivere e interpretare un film che lui stesso avrebbe prodotto. Così, grazie alla collaborazione di Anna Pavignano, in solo 12 mesi nasce Ricomincio da tre.

L’anno successivo, sempre in collaborazione con la sceneggiatrice che poi diventerà anche la sua fidanzata e con Lello Arena, Troisi scrive Morto Troisi, viva Troisi!, portando sullo schermo un finto reportage della sua morte.

È del 1984, invece, il suo più grande capolavoro: Non ci resta che piangere. Scritto, diretto e interpretato da Massimo Troisi e Roberto Benigni, la pellicola diventa un cult del cinema italiano. Un film in cui i due attori recitano improvvisando, non seguendo mai un vero e proprio copione.

Massimo Troisi, la leggenda

Soprannominato “Il comico dei sentimenti”, Massimo Troisi diventa un simbolo del teatro e del cinema italiano. Tutto merito di uno stile inconfondibile che trapela dalla mimica e dalla gestualità, e che riesce a portare in scena temi profondi e di attualità con una vena umoristica e autoironica.

Non solo attore, Massimo Troisi è anche regista, sceneggiatore e poeta. Scrive infatti “O ssaje comme fa ‘o core”, una poesia che Pino Daniele trasforma in una dolce melodia. È anche un uomo buono, umile e semplice. E proprio di quella semplicità è fatta la sua vita.

Potrebbe essere un divo del cinema, del resto i suoi successi hanno aperto la strada a questo ruolo. Ma lui sceglie di non interpretarlo mai, restando sempre se stesso fino alla fine. È più un antieroe, Troisi, un uomo moderno con le sue fragilità, le sue paure e i suoi problemi.

Il 4 giugno del 1995, il giorno dopo la conclusione delle riprese del film Il postino, che gli varrà la candidatura ai Premi Oscar come miglior attore, è colpito da un attacco cardiaco. Massimo Troisi muore così, a soli 41 anni, lasciando un vuoto incolmabile.

La presunzione di avere tante cose da dire.
L’ambizione di avere una storia da raccontare…
L’orgoglio di sentirsi pieno di invenzioni. E sentirle solo mie e volere ad ogni costo dirle a tutti…
Ma forse sarei piu’ vicino a voi se vi parlassi delle mie paure, dei sogni svaniti, dei miei progetti e inibizioni…
Ma forse sono solo uno che si illude. Senza umiltà di essere diverso dagli altri.

Massimo Troisi
Fonte: Getty Images
Massimo Troisi