Addio a Louise Gluck, 5 poesie e 3 libri dell’autrice Premio Nobel

La poetessa e scrittrice americana aveva vinto il Premio Nobel nel 2020: è morta di cancro nella sua casa di Cambridge, nel Massachusetts

Foto di Antonella Latilla

Antonella Latilla

Giornalista, esperta di tv e lifestyle

Giornalista curiosa e determinata. Scrittura, lettura e cronaca rosa sono il suo pane quotidiano. Collabora principalmente con portali di gossip e tv.

Louise Gluck è morta all’età di 80 anni. A dare l’annuncio l’Università di Yale, dove insegnava. Nata a New York, la poetessa e scrittrice è considerata una delle più grandi figure della poesia americana. Nel 2020 aveva vinto il Premio Nobel “per la sua caratteristica voce poetica”, diventando la sedicesima donna a vincere il Nobel per la letteratura. Un’amica ha rivelato al New York Times che la Gluck è morta di cancro nella sua casa di Cambridge, nel Massachusetts.

Le poesie di Louise Gluck parlano spesso di trauma e disillusione. “La poesia di Louise Gluck dà voce al nostro diffidente ma instabile bisogno di conoscenza e connessione in un mondo spesso inaffidabile”, ha detto in una nota il suo editore di lunga data Jonathan Galassi. “Il suo lavoro è immortale”. I giudici del Nobel avevano elogiato Louise per “la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza individuale“.

Non solo Nobel: nel 1993 Louis Gluck aveva vinto il Premio Pulitzer per la sua raccolta The Wild Iris, un libro di poesie che tratta temi di sofferenza, morte e rinascita. Tra i suoi altri riconoscimenti il Bollingen Prize for Poetry del 2001, il Wallace Stevens Award, assegnato nel 2008, il National Book Award nel 2014 e una National Humanities Medaglia, consegnata nel 2015 da Barack Obama.

Le 5 poesie più belle di Louise Gluck

Inizio di dicembre a Croton-on-Hudson

Lance di sole. Lo Hudson si

Scheggia di ghiaccio.

Sento i dadi d’osso

Della ghiaia nel vento scricchiolare. Pallida

D’osso, la neve recente

Aderisce come pelliccia al fiume,

Stasi, Partivamo per consegnare

Regali di Natale quando scoppiò la gomma

L’anno scorso. Sopra le morte valve pini cimati

Da un temporale stavano, i rami spogli…

Ti voglio.

Mattutino

Non solamente il sole ma la terra
stessa splende, fuoco bianco
che balza dalle montagne vistose
e la strada piatta
tremolante di primo mattino: è questo
solo per noi, per provocare
una risposta, o sei anche tu commosso, incapace
di controllarti
in presenza della terra? … Mi vergogno
di quello che pensavo tu fossi,
distante da noi, considerandoci
un esperimento: è
cosa amara essere
l’animale sostituibile,
cosa amara. Caro amico,
caro compagno tremante, cosa
ti sorprende di più in quel che provi,
il bagliore della terra o il tuo stesso piacere?
Per me, sempre
il piacere è la sorpresa.

Sirena

Fu quando m’innamorai che divenni una criminale.
Prima facevo la cameriera.
Non volevo venire a Chicago con te.
Volevo sposarti, volevo
che tua moglie soffrisse.
Volevo rendere la sua vita una piéce
in cui tutti i ruoli sono tristi.
Può una persona brava
pensarla in quel modo? Merito
apprezzamento per il coraggio –
Sedevo al buio davanti alla tua porta.
Per me era tutto chiaro:
se tua moglie non ti lasciava andar via
era segno che non ti amava.
Se ti avessi amato
non avrebbe forse voluto vederti felice?
Adesso penso
che con meno sentimenti sarei stata
una persona migliore. Come cameriera
ero brava.
Riuscivo a portare otto bicchieri per volta.
Ti raccontavo i sogni.
Stanotte ho visto una donna seduta al buio sull’autobus
Nel sogno piange, e l’autobus su cui si trova
sta partendo. Con una mano
saluta; con l’altra accarezzare
un cartone di uova piene di bambini.
Ma il sogno non salva la fanciulla.

Canzone del liuto

Nessuno vuol essere la musa;
alla fine, tutti vogliono essere Orfeo.

Eroicamente ricostruito
(da terrore e dolore)
e poi travolgemente bello;

ristabilita, in definitiva,
non Euridice, la compianta,
ma l’ardente
spirito di Orfeo, reso presente

non come essere umano, piuttosto
come pura anima resa
distaccata, immortale,
attraverso un narcisismo deviato.

Ho fatto un’arpa nel disastro
per perpetuare la bellezza del mio ultimo amore.
Eppure nella mia angoscia, così com’è,
rimane la lotta per la forma

e i miei sogni, se parlo apertamente,
hanno meno il desiderio di essere ricordati
come il desiderio di sopravvivere,
che è, io credo, il più profondo desiderio umano.

Tramonto

La mia grande felicità
è il suono che fa la tua voce
chiamandomi anche nella disperazione; il mio dolore
che non posso risponderti
in parole che accetti come mie.

Non hai fede nella tua stessa lingua.
Così deleghi
autorità a segni
che non puoi leggere con alcuna precisione.

Eppure la tua voce mi raggiunge sempre.
E io rispondo costantemente,
la mia collera passa
come passa l’inverno. La mia tenerezza
dovrebbe esserti chiara
nella brezza della sera d’estate
e nelle parole che diventano
la tua stessa risposta.

I 3 libri da leggere di Louise Gluck

L’Iris selvatico

Un’opera straordinaria che dimostra una profonda esperienza e autorità. Nel New England di Louise Gluck, l’estate è breve e ogni fiore ha la sua voce, dolce e discreta; la stessa della poetessa, che qui canta caducità ed eternità, bellezza e morte, cura e indifferenza. La scelta delle parole è accurata e la descrizione degli ambienti risulta incredibilmente vivida. Le metafore utilizzate sono potenti ed evocative, aggiungendo ulteriore fascino al testo. La prosa fluente e ben bilanciata rende la lettura un piacere per i sensi.

Ararat

Un commovente ritratto di famiglia, turbato, sullo sfondo, dalla presenza gelida della morte. Il lutto, dice Louise Gluck, è una ferita aperta, pulsa, brucia; ma aspetta: il tempo trascolora, le ore sfioriscono. I giorni diventano mesi, i mesi anni: allora riviviamo l’ultimo saluto, il tremore di una mano, i sorrisi che non nascondono le lacrime, e capiamo che la sofferenza è compagna inevitabile della compassione, dell’amore. E nella dolcezza del dolore diventiamo inequivocabilmente umani.

Averno

Louise Gluck canta la solitudine e il terrore per l’ignoto, lo splendore della notte e l’amore, il desiderio: perché, sembra dirci, anche quando tutto è muto e spento, capita a volte di sentire musica da una finestra aperta, in una mattina di neve, e allora il mondo ci richiama a sé, e la sua bellezza è un invito.