I migliori film basati su storie vere

Scopri i film tratti da storie vere da vedere assolutamente per riflettere su temi importanti della vita

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Redazione

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Pubblicato: 6 Gennaio 2019 21:03Aggiornato: 1 Agosto 2024 19:42

Film tratti da storie vere: la nota che attesta la veridicità di ciò che si sta per vedere ha un effetto diretto al cuore degli spettatori. Certamente la scenografia e la trama avvincente di un film ben girato sa come difendersi la sua fetta di pubblico, ma quando dietro i copioni si nascondono eventi reali, è tutta un’altra storia. Noi lo sappiamo, per questo abbiamo creato un pacchetto di film ad hoc da non perdere.

“A beautiful Mind”: saper fare i conti con il disturbo schizofrenico

Parlando di film basati su storie vere, non si può omettere il film “A beautiful Mind” che, uscito ormai un ventennio fa, si porta benissimo i suoi anni al pari di tante altre storie autentiche. La pellicola, motivante ed emozionante, offre una magistrale interpretazione di un giovane Russell Crowe nei panni del brillante matematico nonché Premio Nobel John Forbes Nash Jr. La storia autobiografica delinea il percorso di una mente che gioca abilmente con i numeri ma che deve fare i conti anche con il disturbo schizofrenico.

Perché vederlo?

Disturbi come la schizofrenia possono essere anche molto invalidanti, ma non sempre, e questo film ne è testimone. John Nash, matematico statunitense e vincitore del Premio Nobel per l’economia nel 1994, ha lottato contro il disturbo avvalendosi dei medicinali più moderni a cui ha aggiunto una grande dose di coraggio e determinazione. Un esempio vincente di come la volontà possa trasformare in realtà un obiettivo che appariva irrealizzabile.

“Blow”: la vita in un soffio

Probabilmente vi suonerà più familiare il nome di Pablo Escobar, piuttosto che del suo braccio destro, George Jung. Se Escobar, uno degli uomini più ricchi al mondo secondo quanto sostenuto da Forbes nonché uno dei più sanguinari, era riuscito ad accaparrarsi oltre l’80% della cocaina mondiale anche grazie alla copertura di cittadini e politici, il percorso del suo allievo George non deve essere stato poi così lontano. Magari non disponeva di una flotta di aerei e navi e non aveva regalato stadi per accaparrarsi la copertura da parte del popolo, ma possiamo dire che se la cavava egregiamente.

Johnny Depp, sotto le vesti di George, si racconta in prima persona come uomo e narcotrafficante, dagli esordi di spacciatore in erba fino a ricercato. Finisce più volte in prigione prima di darsi del tutto per vinto, quando la realtà da cui era scappato lo intrappola per non lasciarlo mai più.

Perché vederlo?

Un film che ripercorre le principali tappe autobiografiche del braccio destro di uno dei più potenti narcotrafficanti al mondo può rappresentare un valido alleato nello scoprire fino a che punto è possibile spingersi e se ne vale veramente la pena. Una storia guidata da Johnny Depp e Penélope Cruz ricca di suspense ed adrenalina accompagnerà la vostra serata.

“Ragazze interrotte”: storie di vita in un istituto psichiatrico

Impossibile pensare ai film basati su storie vere su Netflix e non rimanere almeno un attimo a riflettere con la mano sul mento scorgendo questo titolo dalla trama accattivante. Si tratta di un adattamento del diario di Susanna Kaysen trasposto su pellicola, datato 1999. La protagonista, interpretata da Winona Ryder, dopo aver tentato il suicidio con un’overdose da farmaci e alcool verrà rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Qui la diagnosi di disturbo borderline che le permetterà comunque di stringere rapporto con le altre ragazze prima di spiccare il volo grazie alla terapia. Altre tre ragazze si alternano sullo schermo, tra cui Lisa Rowe, sotto cui si cela Angelina Jolie, ragazza affetta da disturbo sociopatico ed antagonista del film, in quanto porta Susanna sulla cattiva strada. Soffre di crisi psicotiche e maniacali, che la portano più volte ad essere sottoposta ad elettroshock. È l’elemento carismatico e manipolatore del gruppo che riesce sempre ad ottenere ciò che vuole senza il minimo rischio di rimanere delusa.

Il quartetto si conclude con Georgina Tuskin, interpretata da Clea DuVall, affetta da pseudologia fantastica e Daisy Randone (Brittany Murphy) vittima degli abusi paterni, che ha sviluppato un disturbo ossessivo-compulsivo, bulimia ed autolesionismo.

Perché vederlo?

Toccante e particolarmente umano, mette in risalto le debolezze e le difficoltà relazionali di persone affette da disturbi come quelli descritti e di come ognuno di noi possa rispondere in modo diverso in base non solo al proprio contesto familiare, ma ai propri strumenti e capacità di adattamento. Una storia che mette a dura prova anche gli animi più forti ed insegna a superare le difficoltà.

“Quei bravi ragazzi”: una fetta di italianità malavitosa

Fate attenzione alla scena iniziale e finale di uno dei film tratti da storie vere drammatici più avvincenti firmato Martin Scorsese. Gli applausi che accolgono il giovane Henry Hill (Ray Liotta) all’uscita del tribunale per non aver testimoniato contro gli altri bravi ragazzi, è ossimorica rispetto al finale, in cui l’adulto Henry ha ricevuto una lezione di vita che gli cambia del tutto prospettiva.

L’ex gangster narra le sue vicissitudini tra violenza e illegalità fino agli apici del potere a fianco di una famiglia criminale di New York. Un sogno iniziale si trasforma in incubo sia per lui che per la moglie, la quale si trasforma da ingenua a complice della malavita. Lo stesso attore Ray Liotta appare anche nel film “Blow” nelle vesti del padre di George Jung. Vi attendono due ore di adrenalina da vivere tutte d’un fiato.

Perché vederlo?

Robert De Niro e Ray Liotta non a caso hanno cognomi italiani. Questa è una fetta di storia della nostra nazione che ha dirottato energie ed investimenti importanti nella prima metà del secolo scorso. Un modo per entrare nella vita malavitosa e capirne i meccanismi interni che si insinuano nelle scelte di tutti, ogni giorno.

“Il Divo”: Giulio Andreotti

Cambiamo del tutto genere con “Il Divo”, in cui la regia di Paolo Sorrentino si avvale della recitazione di Toni Servillo e Anna Bonaiuto. Rimane all’interno della categoria dei film ispirati a storie vere, ma di genere storico. Siamo nell’Italia degli anni di piombo che ha riempito i telegiornali di cronaca nera nel decennio tra gli anni ’70 e ’80. Anni densi di omicidi, rapimenti, atti terroristici spinti da motivazioni ideologiche e politiche. L’interessante film documentario delinea le tappe dell’uomo e del politico Giulio Andreotti -allora ministro italiano- e il lungo gioco imposto da suo partito alla politica di respiro nazionale.

Perché vederlo?

Un periodo che alla generazione odierna potrebbe sembrare lontano funge in realtà da trait d’union con la storia contemporanea. Guardare “Il Divo” permette, soprattutto alle giovani generazioni, di entrare in contatto con l’Italia che li ha allattati e cresciuti assieme ai loro genitori. Un modo piacevole per conoscere a volte storie scomode.

“Sulla mia pelle”: il caso del giovane Stefano Cucchi

Una lente d’ingrandimento chirurgica è quello testimoniata dal documentario “Sulla mia pelle”, con Alessandro Borghi nelle vesti del giovane Stefano Cucchi. Un evento che ha scosso l’opinione pubblica dell’intera penisola grazie alle parole di coraggio e alla determinazione della sorella della vittima, Ilaria, la quale ha messo nero su bianco ciò che è realmente accaduto.

Stefano, a causa di problemi con la droga, finisce in prigione, ma da quella cella non uscirà più, e non basteranno le bugie e le coperture del corpo dello Stato per coprire le percosse subite che ne hanno causato la morte. Anni e anni di lotta hanno portato finalmente la verità a galla, per far emergere il clima di aggressione e violenza fisica che a volte fa da padrone dove il sole non arriva.

Perché vederlo?

Si tratta di una storia vera che ha causato la morte ingiustificata di un giovane ragazzo vittima dell’odio e della rabbia frustrata di persone che pensavano di poterla scampare. Una pellicola emozionante ed autentica che vale la pena vedere per il desiderio di gridare a tutti il bisogno di verità. Ciliegina sulla torta, l’interpretazione di Alessandro Borghi.

“Il caso Spotlight”: lotta tra chiesa e realtà investigativa sugli abusi di minori

Simile per certi versi, ma di portata maggiore in quanto a ripercussioni su larga scala e numero di persone coinvolte, è “Il caso di Spotlight”. Una lotta a corpo libero tra giustizia e chi cerca di insabbiare la verità in un duello appassionante. La trama vede un gruppo di giornalisti e redattori del quotidiano The Boston Globe che indagano sull’arcivescovo Bernard Francis Law, caduto sotto accusa in quanto additato di aver coperto vari episodi di pedofilia ad opera di uomini di chiesa.

Un evento che delinea inevitabilmente il desiderio di andare a fondo, di capire come mai nonostante la recidività di alcuni individui non ci siano strumenti risolutivi efficaci.

Perché vederlo?

Credenti cattolici o meno, esiste un credo universale che è quello del rispetto e della tutela dei minori contro gli abusi. Un film che mette d’accordo tutti e che squarcia un velo su un fenomeno che interessa ogni parte del mondo: dalle mura domestiche agli uomini di chiesa. Se non siete ancora convinti, basta aggiungere che ha guadagnato il Premio Oscar come Miglior film e Miglior sceneggiatura originale a Josh Singer e Tom McCarthy.