26 marzo 1942: le 999 donne di Auschwitz

Ignare di ciò che stava per accadere, piene di speranza per il futuro, indossarono i vestiti migliori confidando nel futuro. Non lo sapevano che quello che stavano per affrontare era un viaggio verso l'inferno

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Il 26 marzo del 1942 veniva inaugurato il capitolo più nero della nostra storia, scritto con una miscela drammatica di sangue e inchiostro, che nessuno avrebbe mai più potuto dimenticare. Il 26 marzo del 1942 fu inaugurato il campo di concentramento di Auschwitz. Quello stesso giorno furono deportate, per la prima volta, quasi mille donne di origine slovacca.

Il resto è storia. Solo in quel campo vennero sterminate oltre un milione di persone, la maggior parte ebree. C’erano anche altri uomini e donne, c’erano anche i bambini. Vittime innocenti costrette a salire a bordo di carrozze fredde e spartane, dalle quali non filtrava neanche un raggio di sole, per iniziare il loro viaggio verso l’inferno. Per tante di loro senza ritorno.

Ma il 26 marzo del 1942, quando ancora nessuno sapeva dei campi di concentramento, delle camere a gas, dei forni crematori e delle torture e degli esperimenti condotti ai danni dei prigionieri, tutto era stato già deciso. Il campo di concentramento di Auschwitz fu inaugurato, serviva quindi qualcuno per testare il funzionamento e l’efficacia di quello strumento volto a mettere in atto la Soluzione Finale. Quelle persone furono trovate a Poprad, in Slovacchia. Erano 999.

Le 999 donne di Auschwitz

Era un giorno qualunque di primavera quando alle donne ebree e nubili che abitavano nel villaggio ai piedi degli Alti Tatra venne chiesto di salutare familiari e amici e di lasciare tutto per partire. Erano giovanissime, le più grandi avevano appena 36 anni e una vita davanti ancora da scrivere, da vivere. Eppure, per la maggior parte di loro, questo, diventerà un viaggio senza ritorno.

Ignare di ciò che stava per accadere loro, piene di speranza e orgoglio patriottico, indossarono i vestiti migliori, confidando nel futuro. Erano entusiaste all’idea di aiutare il proprio Paese lavorando in fabbrica, come era stato loro annunciato. Invece vennero condotte ad Auschwitz.

La storia delle 999 donne slovacche deportate a Auschwitz il 26 marzo del 1942 è stata raccontata dalla scrittrice americana Heather Dune Macadam nel libro Le 999 donne di Auschwitz. La vera storia mai raccontata delle prime deportate nel campo di concentramento nazista, attraverso le parole delle poche sopravvissute, le testimonianze storiche e gli approfondimenti di chi ha studiato la vicenda.

Le 999 donne di Auschwitz.
Il libro di Heather Dune Macadam

Perché proprio 999? Secondo l’autrice del libro il numero non è stato scelto a caso e il suo significato è proprio da attribuire alla simbologia numerica del 9 che ha accezioni negative. Il 9, infatti, rappresenta l’ombra, e i tre numeri messi assieme farebbero riferimento proprio alla fine idealizzata in quella Soluzione Finale messa a punto dai nazisti.

La storia di Edith e delle altre

Il viaggio di Edith inizia proprio quel 26 marzo tra la confusione, lo sgomento e le domande. Non c’era ancora la paura, durante quel giorno di primavera, perché quelle 999 giovani donne slovacche non avevano mai sentito parlare di campi di concentramento. La maggior parte di loro non si era neanche mai allontanata da Poprad, almeno fino a quel momento.

Si svegliarono qualche giorno prima trovando le case del loro villaggio tappezzate da annunci: tutte le ragazze ebree e non sposate dovevano recarsi nei centri di raccolta perché sarebbero state mandate a lavorare in una fabbrica di scarpe fuori dal Paese. Ci avevano creduto tutti.

Qualcuno era preoccupato di separarsi dalla famiglia e di affrontare un’esperienza del tutto nuova. Eppure c’era anche chi non nascondeva un certo entusiasmo per quella che sembrava una possibilità concessa. Per molte ragazze, infatti, quel viaggio sembrava quasi un’opportunità di ricominciare e di farlo in meglio. Lo era anche per Edith, in qualche modo, dopo che dall’emanazione delle leggi razziali contro gli ebrei, aveva dovuto rinunciare al sogno di diventare un medico.

Così, tutte, si prepararono a partire per condividere quell’esperienza, senza sapere che la loro destinazione era l’inferno. Edith non lo sapeva, così come non lo potevano immaginare le 998 compagne di viaggio. Eppure a tutte loro basterà posare lo sguardo su quei vagoni bestiame che andavano ad allinearsi sui binari.

Il resto, fatto di lavori forzati, torture, fatica, freddo e morte è una storia che conosciamo già. Il giorno della liberazione di Auschwitz, il 27 gennaio 1945, solo una quarantina delle ragazze slovacche portate lì anni prima, erano sopravvissute.