Michela F. e la sua lotta contro la malattia di Lyme

"Se ne avessi sentito parlare, se fossi stata in grado di riconoscere subito i sintomi, a quest'ora avrei ancora la mia vita"

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

La chiamano la malattia silenziosa delle star, quella che ha colpito Justin Bieber, Bella Hadid, Richard Gere, Avril Lavigne e anche la conduttrice italiana Victoria Cabello. Quello che non tutti sanno, però, è che la malattia di Lyme colpisce tutti, indipendentemente dal sesso, dalla provenienza e dall’età. E quando lo fa segna in maniera irreversibile la vita delle persone.

Lo ha fatto anche con Michela F., una giovane donna di 28 anni che 9 anni fa si è ritrovata, da sola, a combattere una guerra con un nemico invisibile che gli si era attaccato addosso e in maniera subdola, stravolgendo la sua intera esistenza.

Nell’agosto del 2014 Michela è stata punta da una zecca, ma non lo sapeva. Non sapeva neanche di aver contratto la malattia di Lyme, perché di questa non ne conosceva l’esistenza, come del resto molte altre persone in Italia. Quello che sapeva con certezza, però, è che al contrario di quanto gli altri le avevano detto, per dare un senso a quei sintomi che sembravano inspiegabili, non era pazza.

Malattia di Lyme: invisibile e non immaginaria

“La malattia di Lyme è un’infezione trasmessa dalle zecche e causata dalla spirocheta Borrelia spp.” – si legge sul Manuale MSD – “I sintomi precoci comprendono rash cutaneo eritematoso migrante, che può essere seguito dopo settimane o mesi da alterazioni neurologiche, cardiache o articolari. La diagnosi è essenzialmente clinica negli stadi iniziali della malattia, ma i test sierologici possono aiutare a diagnosticare complicanze cardiache, neurologiche e reumatologiche che si verificano nelle fasi tardive della malattia”.

La tipica eruzione cutanea, considerata un vero e proprio segnale di allarme, non è sempre presente, notata o riconosciuta. Non lo è stata per Michela e non lo è, forse, per le tante persone che oggi combattono silenziosamente questa battaglia. E questo è un problema: grande, immenso, pericoloso. Perché se la malattia di Lyme non viene riconosciuta, e contrastata in tempo attraverso l’analisi dei sintomi causati dall’infezione del morso della zecca, diventa cronica.

Se la malattia non è trattata, la fase tardiva ha delle conseguenze molto gravi. “L’artrite si sviluppa in circa il 60% dei pazienti nell’arco di diversi mesi, fino a 2 anni dall’esordio della malattia” – si legge sempre sul Manuale MSD – “Malessere, astenia e febbricola possono precedere o accompagnare gli attacchi artritici”. Altre conseguenze tardive comprendono “lesioni cutanee, alterazioni croniche del sistema nervoso centrale, disturbi dell’umore, della memoria e del sonno”.

Ma come si previene e come si guarisce dalla malattia di Lyme? Questa è una domanda controversa che non conosce ancora una risposta unica e chiara quando parliamo dello stato avanzato del morbo. Negli Stati Uniti, dove la malattia è diffusa e studiata da tempo, sono stati messi a disposizione dei vaccini ottenuti grazie all’ingegneria genetica. Una vaccinazione che, però, non è utilizzabile in Italia e in Europa.

Nel nostro Paese, la borreliosi di Lyme è considerata una malattia rara. Secondo i dati raccolti nella Circolare del Ministero della Sanità, nell’ultimo decennio dello scorso secolo si sono registrati circa un migliaio di casi. Persone che, secondo il rapporto “Malattia di Lyme, la voce di pazienti e caregiver” hanno dovuto cambiare i loro progetti di vita.

Michela F. e la sua lotta contro la malattia di Lyme

Bella Hadid, Richard Gere, Kelly Osbourne, Avril Lavigne e per ultimo Justin Bieber. Questi sono solo alcuni dei nomi di vip e celebrities che sono affetti dalla malattia di Lyme. Una patologia, questa, che è ancora sconosciuta ai più, ma sulla quale i media si stanno concentrando sempre più spesso per fare chiarezza. Una malattia che presenta un quadro clinico complesso, fatto di sintomi vaghi e di diagnosi difficili, fatto anche di disaccordi tra le linee guida europee e quelle americane (Osservatorio Malattie Rare). Fatto di vite rubate.

Michela F. sente che la sua vita le è stata rubata. Dalla malattia, dalla poca conoscenza, dall’incapacità di riconoscere i sintomi. Da tutto quello che è stato. Ed è per questo che ha scelto di raccontarci la sua storia, perché “le persone devono imparare a riconoscere i sintomi. Se lo avessi saputo prima, se avessi saputo farlo anche io, adesso avrei ancora la mia vita”.

Ciao Michela, ci parli di te?
Mi chiamo Michela, vivo a Senigallia e ho 28 anni. Sono disoccupata, ho lasciato l’Università, e attualmente porto avanti la mia lotta contro la malattia di Lyme. Sono qui per raccontare la mia storia, per dare voce a tutte le persone che stanno affrontando la stessa situazione nel silenzio e nella disperazione.

Come hai contratto la malattia di Lyme?
Tutto è iniziato nell’agosto del 2014, 9 anni fa. Mi ero appena diplomata e fantasticavo già su come sarebbe stata la mia vita da lì a poco con l’inizio dell’Università ad Ancona. Avevo scelto di studiare medicina. Insieme al mio fidanzato ero andata a fare un picnic in una bellissima riserva naturale in provincia di Pesaro. Una giornata spensierata, come tante, che però ha cambiato per sempre la mia vita.

Ti ha morso una zecca?
Sì, ma è molto più complicato di così perché ai tempi io non ebbi nessuna reazione cutanea. Pochi giorni dopo quella scampagnata, ho iniziato a sviluppare i classici sintomi influenzali: qualche linea di febbre, stanchezza e malessere in generale. I giorni passano, ma la febbre non va via, così inizio una cura antibiotica. Ma neanche quella fa effetto. Dopo qualche settimana, mentre facevo shopping, accuso un malessere e svengo all’interno di un negozio. Mia madre, che è un medico, mi accompagna subito a fare dei controlli. Mi viene detto che ho avuto un semplice calo di pressione.

Erano i sintomi della malattia di Lyme che si manifestavano. Qualcuno li ha riconosciuti?
Assolutamente no. Nessuno ha analizzato tutti i sintomi nell’insieme, né mi ha chiesto se avessi fatto qualcosa di diverso o dove fossi stata. Al contrario, attribuivano tutto allo stress del periodo, e alla fine me ne sono convinta anche io. Avevo iniziato l’Università, e nonostante fosse una cosa che desideravo fare con tutta me stessa, ho pensato anche io che questo cambiamento potesse in qualche modo aver influito sul mio benessere.

Stanchezza, stress e febbre ti hanno accompagnato a lungo. Cosa ti dicevano i medici?
Ho cercato di andare avanti, anche perché i sintomi andavano e venivano. Oltre ad avere spesso la febbre, però, mi sentivo perennemente stanca, fisicamente e mentalmente. Poi soffrivo di insonnia, sentivo dei formicolii e avevo spesso la tachicardia. Non riuscivo a studiare e neanche a fare sport. Sentivo che c’era qualcosa che non andava. I sintomi, però, per gli specialisti erano di natura psicosomatica. Mi hanno diagnosticato la depressione reattiva. Ma io sapevo di non essere depressa. Ne ero certa.

Come sei arrivata a collegare i tuoi sintomi a quelli della malattia di Lyme?
Ho fatto quello che non si dovrebbe fare. Insieme a mia madre, che mi ha sempre supportata e creduta, ho fatto delle ricerche sul web rispetto alla stanchezza cronica. E confrontandomi con alcune persone che stavano nella mia stessa situazione, queste mi hanno parlato della malattia di Lyme. A mia volta ne ho parlato con mia madre che, dopo essersi informata su una malattia che è ancora rara in Italia, ha riconosciuto tutti i sintomi. Certo è che io non avevo idea di essere stata punta da una zecca, non me ne ero accorta.

Non hai avuto rush cutanei, giusto?
Non all’inizio. Dopo qualche tempo, però, avevo avuto due eruzioni sulla gamba sinistra che però erano state curate con una pomata dopo una visita dermatologica. Ti dico che sono stata ricoverata anche in un reparto di malattie infettive e nessuno mi ha trovato niente. Questa malattia imita così tanti sintomi che è davvero difficile rivelarla con i test diagnostici.

2018, a distanza di 4 anni dalla comparsa dei sintomi, scopri di avere la malattia di Lyme. Come ti sei sentita?
Nel mese di gennaio 2018 scopro di avere la malattia di Lyme cronica. Non è stata propriamente una sorpresa perché ormai me ne ero quasi convinta. Anche se ti confesso che ogni tanto, a distanza di anni, spero ancora che qualcuno mi venga a dire che la diagnosi è sbagliata. Comunque sempre grazie al web conosco tantissime persone, anche disperate, che mi dicono che guarire è difficile. Perché la fase cronica ha un piano di terapia completamente diverso e perché l’Italia non ha ancora queste terapie.

Secondo il report “Malattia di Lyme, la voce di pazienti e caregiver”, il il 25% di chi è affetto dalla malattia è costretto ad uscire dalla propria regione mentre il 35% va addirittura all’estero. Tu cosa hai fatto?
Nel settembre del 2018 sono diventata paziente di un medico americano. Ho iniziato con lui una terapia sperimentale che non è riconosciuta in Italia. Non è stato facile, però. Oltre al grande dispendio economico, anche il pensiero che quelle cure non avessero funzionato mi tormentava. Però non potevo lasciare andare la speranza, anche perché più il tempo passava più peggioravo. Due anni fa ho iniziato ad avere problemi a camminare, così ho scelto di andare in Polonia per provare la SOT, ma anche quella non ha funzionato. Non mi sono arresa, però, e alla fine grazie a un vecchio amico di mia zia ho scoperto che in Germania curano la malattia di Lyme con l’ipertermia.

Leggo, sempre sul report “Malattia di Lyme, la voce di pazienti e caregiver”, che l’impegno economico è significativo e spesso affrontato con difficoltà dai pazienti e dai caregiver. Per il 68% dei pazienti l’esborso annuo è maggiore di 1.000 euro. Anche tu hai affrontato spese simili?
Molto più alte in realtà. In totale ho speso 35.000 euro di tasca mia per terapie che lo Stato Italiano non mi ha rimborsato, perché appunto non riconosciute e sperimentali. Io mi sento una privilegiata in questo senso, non solo perché ho potuto accedere a queste cure, ma anche perché oggi sto meglio. Anche se i sintomi non sono spariti, i dolori lancinanti sì, e ho anche ripreso a mangiare.

Come stai tu oggi?
È dura, tanto. Per anni mi sono ritrovata a dover spiegare alle persone e ai medici che non ero malata, non ero depressa. Ho dovuto combattere con tutta me stessa per dimostrare che non ero pazza, anche quando sarebbe stato più facile credere che fosse così. Nonostante questo mi sento fortunata, perché ho avuto una famiglia e un fidanzato che mi hanno sempre sostenuto, ieri come oggi. E continuerò a farmi forza, per distruggere questo nemico invisibile, ma anche per parlare della malattia che ancora in pochi conoscono. Perché se l’avessi conosciuta prima, se avessi riconosciuto i sintomi, a quest’ora avrei ancora la mia vita.