Margherita Torretta: “Rimmel racconta la mia rinascita dopo l’evento drammatico”

Margherita Torretta, pianista a livello internazionale, racconta in "Rimmel" la sua rinascita dopo il tragico incidente che ha cambiato la sua vita

Foto di Federica Cislaghi

Federica Cislaghi

Royal e Lifestyle Specialist

Dopo il dottorato in filosofia, decide di fare della scrittura una professione. Si specializza così nel raccontare la cronaca rosa, i vizi e le virtù dei Reali, i segreti del mondo dello spettacolo e della televisione.

Margherita Torretta, pianista concertista di livello internazionale, ha pubblicato il suo romanzo autobiografico Rimmel (edito da Pendragon) con la collaborazione dell’amica autrice Anna Codega.

Nato come un diario, Rimmel è una storia dove si alternano fragilità e coraggio, sensibilità e forza, adattamento e ribellione. I contrasti ci accompagnano sempre nella vita, ma soprattutto se si è donna e se per questo si sente l’obbligo di dover ricoprire più ruoli solo apparentemente contrastanti.

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Margherita Torretta ci ha raccontato come è nato il suo romanzo di formazione, come un evento drammatico abbiamo cambiato la vita della protagonista, Sveva, ma anche la sua esistenza, e di quelle cicatrici indelebili sul suo corpo che ha fatto fatica ad accettare. Anche se quell’incidente che ha stravolto tutto ha dato inizio a un percorso meraviglioso di rinascita e di riscatto.

Il tuo libro, Rimmel, è una storia di rinascita e ha un carattere autobiografico: perché hai deciso di pubblicarlo?
Rimmel è un romanzo di formazione e possiamo dire autobiografico, perché è ispirato alla mia vita. È la storia di Sveva, una bambina intelligente e piena di sogni, che vive in un piccolo paese dove frequenta la scuola di danza, studia pianoforte, vorrebbe diventare una stilista e inizia a disegnare abiti da sera. Insomma, ha diverse capacità artistiche. Come tutti gli adolescenti è felice e vive le proprie storie d’amore. Ma a 18 anni la sua vita è travolta da un evento tragico. A causa di un incidente domestico si ritrova con delle ustioni di secondo grado molto profonde e rimarrà ricoverata per mesi al reparto grandi ustioni dell’ospedale di Parma, per poi dover affrontare un lento e doloroso recupero fisico e psicologico. Ma soprattutto il suo corpo non sarà più come prima e questa è una grande tragedia che cambia radicalmente la sua vita. Ed è esattamente quello che è successo a me.
Nel libro viene raccontato questo evento drammatico che però sarà in qualche modo fondamentale, perché a partire da lì Sveva riuscirà ad essere se stessa. E il suo modo di esprimersi attraverso l’arte avverrà in altro modo, non più con la danza ma attraverso il pianoforte. Si ritrova infatti per una serie di eventi casuali ad entrare nel mondo della musica e così si ricrea da zero, decidendo di diventare pianista, quasi in modo inconsapevole e in un’età avanzata, perché a 18 anni di solito ci si diploma al conservatorio mentre lei, come me, inizia a quell’età il suo percorso da musicista che sarà molto difficile e articolato, ma alla fine ce la fa.
In più, oltre a questo, nel libro vengono raccontati gli amori sbagliati e altre cose che hanno creato molti ostacoli in tutto questo percorso, già complicato. Anche perché Sveva non accetta subito il suo corpo modificato e l’arte ha funzionato da antidoto, è stata una distrazione molto forte. Parlo proprio in prima persona, perché l’arte mi ha permesso di rinascere perché non riuscivo ad accettarmi. La musica mi ha permesso di concentrarmi su altro rispetto al mio corpo e all’esteriorità che vivevo come cose ostili. La musica mi ha dato la possibilità di concentrarmi sulla mia anima anziché sul mio corpo.

Quando hai iniziato ad accerti dopo l’incidente?
In età più matura. Innanzitutto con la realizzazione professionale che ha funzionato da riscatto. Ce l’ho fatta nonostante tutto e questo mi ha permesso di accettare il mio corpo e le mie cicatrici. Poi nel 2019 ho partecipato a una campagna fotografica di Sophie Mayanne, una fotografa molto conosciuta in Inghilterra – io attualmente vivo a Londra – che ha voluto mostrare i corpi di uomini e di donne che hanno subito traumi, malformazioni per supportare una bellezza che si discosta dai canoni che i media e i social ci vogliono imporre. In quel momento ho visto il mio corpo da un altro punto di vista, non come qualcosa di brutto ma come qualcosa di artistico e da lì ho iniziato ad accettarlo e ad amarlo.

Margherita Torretta
Fonte: Sophie Mayanne
Margherita Torretta

Hai mai rimpianti per la tua vita passata, prima dell’incidente?
No, comunque sono passati 20 anni. Vedo la mia vita prima come un ricordo lontano, da adolescente. La vita bella è accaduta dopo. L’incidente mi ha condotto attraverso un percorso doloroso ma incredibile. Ovviamente sarebbe stato meglio che non accadesse, però quell’episodio e le cicatrici che mi ha lasciato sono diventate parti di me e non li trovo più ostili.

Perché hai scelto di intitolare il libro Rimmel?
Il titolo l’ho pensato ancor prima che il libro fosse scritto. Rimmel, per varie ragioni. La prima immagine che mi è venuta in mente quando ho pensato al libro è stata quella di mia nonna cui ero molto legata, avevamo un rapporto speciale. Lei è morta quando avevo 20 anni e il libro è dedicato principalmente a lei. Era una donna che, nonostante le sue origini molto umili, aveva un senso artistico: amava ballare, andava alle feste di paese, si truccava. Mi ricordo che quando ero bambina andavamo a ballare il mercoledì alla festa del paese e prima di uscire si metteva sempre il mascara che lei chiamava rimmel. Così io ho pensato che quel gesto doveva essere l’inizio del mio libro e in effetti così si apre.
Poi il rimmel, in quanto cosmetico, è un simbolo del prendersi cura di sé e si aggancia perfettamente alla femminilità perduta e ritrovata di Sveva.
Rimmel è anche una canzone di Francesco De Gregori ed è stata una delle prime che ho suonato al pianoforte, è legata anche ai miei primi amori, dunque è un brano molto importante per la mia vita.
Infine, il rimmel è un cosmetico che è stato inventato da Eugene Rimmel a Londra nell’Ottocento e io adesso vivo a Londra. Nel mio romanzo questo piccolo oggetto ricorre molto spesso.

Perché hai scelto di vivere a Londra?
Per una questione professionale ma anche soprattutto per una questione di stile di vita. Io sono nata e cresciuta nella provincia, ma avevo bisogno di vivere in un grande città che fosse fonte d’ispirazione per la mia arte. Nel 2016 ero venuta a Londra per un concerto e in quel momento mi sono innamorata di questa città. Verso i 30 anni in un momento di difficoltà ho deciso di trasferirmi. All’inizio dovevo rimanere a Londra solo per un breve periodo ma poi mi sono resa conto che è proprio il posto ideale per me. Sono dieci anni che vivo qua e sono molto felice.

Dopo Rimmel pensi di scrivere altri romanzi?
Al momento no, perché sono molto presa come pianista. A ottobre uscirà il mio nuovo disco da solista. Però non si sa mai in futuro.