Irene Vella, la scelta di rinascere

Il cibo come una tossicodipendenza, la consolazione al dolore. La prigioni in un corpo sovrappeso. La rinascita. La storia della nostra Irene Vella, nel nuovo libro "Un chilo alla volta"

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Alessandra Del Re

Giornalista esperta di Costume&Società

Scrive per necessità e passione. Ama le storie degli altri, famosi e non, leggerle e raccontarle

A qualcuno ne basta uno di punto di non ritorno, per capire che è ora di cambiare. Ad altri, come è successo a Irene Vella, ne sono serviti diversi. Il non riuscire ad allacciarsi le scarpe. Il non riuscire a salire una rampa di scale senza avere il fiatone. Il rimanere incastrate nella vasca da bagno. La guardi nelle foto di oggi e la vedi rinata: una donna nuova, anzi, una Irene ritrovata. Luminosa, sorridente felice. La sua discesa all’inferno e ritorno la racconta nel suo libro appena uscito Un Chilo Alla Volta. Viaggio Di Andata E Ritorno Dalla Prigione Dell’obesità, edito da Feltrinelli. Che per noi di DiLei è un po’ una storia che ci appartiene, perché buona parte del vissuto raccontato lo ha condiviso con noi.

«Avere 42 kg di troppo è invalidante. Ma nessuno ti può avvisare che quello è il tuo momento di non ritorno, lo devi capire da sola – ci racconta – La chirurgia bariatrica molti la considerano una scorciatoia, perché nel sentire comune chi è grasso lo è semplicemente perché mangia troppo. Ma dietro quei chili ci sono tante problematiche che non avvengono per scelta. O meglio, avvengono per scelte sbagliate, che vanno riconosciute come tali per convincersi che bisogna uscirne. Ma aiutare qualcuno che non vuole farsi aiutare non è possibile».

Le persone vicino agli obesi a volte mentono dicendo cose tipo “non sei grassa”… Credi che certe verità andrebbero dette chiaramente?
Se conosci bene la persona che hai davanti sai se puoi spingerti a essere sincera oppure no. Ma ci sono persone con le quali non puoi essere sincera, perché chi hai davanti non è pronto a sentirsela dire quella verità che fa male. Le decisioni e i giudizi sul proprio corpo sono così delicati… meglio dire: “Di qualunque cosa tu abbia bisogno, io ci sono”. Non serve a niente suggerire di andare da un dietologo. Una volta qualcuno mi suggerì di operarmi e io mi arrabbia come una bestia. E sai perché? Perché non ero pronta. Per me l’operazione era solo per i grandi obesi del programma “Vite al limite”.

“Irene non ti sembra di mangiare troppo? Devi stare attenta alla tua salute, ti stai facendo del male”. Dio che dolore quelle parole.

Un giorno succede che sali sulla bilancia e vedi quello che già sai ma non vuoi vedere. Crolli. Ed è tua figlia Donatella, all’epoca 12enne che ti tende la mano, ti risolleva
Donatella è fantastica, è speciale, con un cuore grande e un cervello ancora più grande. Mia figlia ha saputo capire questa mamma tanto ingombrante. Mi ha presa per mano quel giorno, io sulla bilancia che piangevo, e lei che mi dice che: “Noi non siamo il nostro peso”. Lei lo aveva capito già a 12 anni, e io che avevo 30 anni più di lei no.

A proposito di rapporto madre-figlia: nel tua libro racconti il rapporto in parte conflittuale con tua madre. “Un modello irraggiungibile”, lo definisci. Che cos’ha detto lei leggendo il libro?
Ancora non lo ha letto e non so come la prenderà. In alcuni passaggi dico che certe cose non me le ha dette abbastanza. Con mia madre ho avuto sempre un rapporto conflittuale, è vero, anche perché lei è stata ultra mega protettiva. Ma la capisco, ha affrontato diversi lutti in famiglia, anche di persone giovani, per cui le è cresciuta dentro la paura di potermi perdere. Questo terrore l’ha portata a proteggermi troppo, al punto da togliermi tutti i dolci per anni e anni dopo un episodio che mi ha portato al ricovero ospedaliero quando ero una bambina. Ma quando ero obesa lei non mi ha mai detto niente. Non serviva perché io certe cose gliele leggevo dentro gli occhi. Non le diceva apertamente perché sapeva che mi avrebbe fatto tanto male.

Segui una dieta oggi?
Mangio di tutto, ma in piccole porzioni. Mangio le stesse cose di Luigi, Donatella e dello Gabriele ma in porzioni ridotte. Oggi apprezzo di più le cose cucinate in maniera semplice, come una semplice pasta al sugo di pomodoro. Le cose troppo elaborate e i fritti non mi garbano più di tanto, mentre una cosa che è rimasta invariata è il pazzo amore per i dolci. Ho quasi smesso di mangiare il gelato però, che per me era diventata come una droga, una dipendenza psicologica. Non mi bastava mai, non mi annoiava mai. Oggi non più.

Fonte: Alberto Buzzanca
Irene Vella oggi, foto di Alberto Buzzanca

Irene, quanto ti piaci oggi da 1 a 10?
Venticinque! Tantissimo. Tanto che mi sono fatta fare un servizio fotografico (le foto che vediamo qui, ndr.). Credo che bisognerebbe farselo un regalo così, una volta nella vita. Fosse per me una volta all’anno addirittura. Perché ti aiuta a riapprezzare il tuo corpo. Amarti, vederti in un modo diverso. Rivedersi bene.

Qual è stata la prima cosa che ti sei comprata quando sei dimagrita?
Un abito rosa, fuxia e bianco… avevo perso “solo” 20 kg all’epoca, erano passati pochi mesi dall’operazione. Poi sono calata di altri 22 kg e ora mi va grade. Però quando l’ho preso è stato meraviglioso. Ecco, se posso dire l’unica controindicazione dell’operazione, per quello che mi riguarda, è stata comprare tanti, troppi vestiti. Perché mi dovevo rifare di quello che non ho speso prima, quando non potevo prendermi niente perché non mi entrava nulla.

Hai buttato via i vecchi vestiti?
Una parte l’ho imbustata e data alla Caritas, perché erano abiti tenuti bene. Alcuni li ho dati via subito. Ma essendo più volte ingrassata e dimagrita nell’arco della mia vita, sono passata dalla 42 fino alla 50, in realtà sono riuscita a recuperare molti capi della che non mi andavano più da decenni. Poi ho tenuto delle giacche, che mi piace indossare oversize. Quelli di cui mi sono liberata subito sono quei vestiti che mi ricordano certi momenti, quando mi mettevo sempre le stesse cose e non mi piacevo.

Irene Vella nel marzo 2021

Riferita all’operazione dici che rifaresti tutto, “magari prima”, ma alla fine ritieni che la decisione è arrivata quando doveva arrivare, nel momento giusto.
Sono fatalista, molto, in tutto. Credo che anche le cose brutte capitino al tempo giusto. L’ultima volta che Luigi è stato male mi ero già operata e avevo perso molto peso. Luigi ha rischiato due volte di morire e in tre mesi ha avuto due ricoveri lunghissimi, di cui uno lontano da casa. Con tutto quel peso addosso, la fatica sarebbe stata immane. Se mio marito fosse stato male prima della mia rinascita, sono certa che la mia reazione sarebbe stata sfogarmi con cibo, avrei mangiato continuamente a mo’ di consolazione e sarei arrivata tranquillamente a pesare 150 kg.

Siamo sbagliate quando smettiamo di volerci bene e permettiamo agli altri di farci del male

La tua è una guarigione definitiva?
No. La dipendenza da cibo, come tutte le dipendenze, è una cosa dentro la quale ci puoi ricascare. Lo stomaco si può riallargare, se mangi male, se bevi tante bibite gasate o zuccherate. A me per fortuna non piacciono. Bisogna stare attenti. Ho imparato, anche grazie all’aiuto dello psicoterapeuta, che devo tirare fuori quello che ho dentro, sempre, non rimuginare troppo, se c’è qualcosa ne parlo. E sto attenta a non mangiare schifezze, cosa che avrei la tendenza a fare. Non ho app per il controllo del peso o delle calorie, e mi peso non più di una volta al mese. Operazioni come la mia possono portare anche al problema opposto: diventare fissati col peso e con quello che si mangia. Io per fortuna no. E sai perché? Credo che a salvarmi sia stato il fatto che ho avuto una vita da magra prima, poi una vita da grassoccia e una da obesa. Le fasi le ho passate tutte, e oggi mi sono riappropriata di quella che ero un tempo. Mi sono ritrovata.

Il cibo era diventato una bacchetta magica per far svanire le mie emozioni

Cosa ti auguri che scopra, chi legge il tuo libro?
Che trovi la sua strada per rinascere. Per ritrovarsi. Questo libro è una voce esterna. Non ti giudica. E una voce esterna a volte l’ascolti più di quanto tu possa fare con qualcuno che ti è vicino. Spero che certe parole, certe frasi, possano aiutare qualcuno a riconoscersi e a trovare la propria strada, diversa dalla mia. Io avevo un libro che andavo a rivedere quando avevo bisogno di ritrovare la motivazione, la scintilla, è il libro L’anno de sì di Shonda Rhimes, in particolare quando racconta che sale in aereo e non le si chiude la cintura ma per la vergogna non chiede la prolunga. Non è facile cambiare, e ancora prima decidere di farlo, ma la cosa più importante è che la scelta sia tua, non imposta da altri. Altrimenti ci ricaschi.

Appuntamenti con Irene:
Napoli, libreria IO CI STO, 11 aprile dalle ore 18:00
Pisa, libreria Feltrinelli Corso Italia, 19 aprile dalle ore 17:30
Padova, libreria La forma del libro, 26 aprile dalle 18:30

Un chilo alla volta
Viaggio di andata e ritorno dalla prigione dell’obesità