Giuseppina Torre: “Con la musica creo atmosfere. Scegliere ci rende liberi”

La pianista e compositrice Giuseppina Torre, che ha suonato per Papa Francesco e ha aperto i concerti del Volo, ci racconta di "The Choice"

Foto di Federica Cislaghi

Federica Cislaghi

Royal e Lifestyle Specialist

Dopo il dottorato in filosofia, decide di fare della scrittura una professione. Si specializza così nel raccontare la cronaca rosa, i vizi e le virtù dei Reali, i segreti del mondo dello spettacolo e della televisione.

Giuseppina Torre è una delle pianiste e compositrici più raffinate d’Italia. Siciliana di nascita, milanese di adozione, è un’artista di fama internazionale che comunica con la sua musica emozioni, messaggi, atmosfere.

Ma non solo, Giuseppina Torre è diventata un simbolo della lotta contro la violenza sulle donne a causa della sua storia personale. La sua esperienza l’ha resa una voce potente e autentica nella sensibilizzazione su questo tema. Attraverso il suo impegno, sia artistico che personale, ha ispirato molte persone, diventando un’icona di resilienza e forza per tutte le vittime di abusi. In questo percorso, la musica è stata fondamentale per lei, offrendo un mezzo di espressione e guarigione che ha trasformato il suo dolore in arte e speranza per gli altri.

Il suo ultimo album, che ha portato in tour in tutta Italia, si intitola The Choice perché racconta di una scelta fondamentale che ha fatto per la sua vita e la sua carriera, ma parla anche dell’importanza di avere la libertà di compiere questa scelta.

Come è nato il suo nuovo album The Choice e cosa rappresenta per lei?
The Choice è un album pensato come un viaggio sonoro sulle note della libertà e del poter scegliere e riflette un momento significativo della mia vita, quando ho deciso di trasferirmi a Milano. Un passo che per me non è stato per niente semplice ed era pieno di incognite. Questa è stata una delle decisioni più difficili che abbia mai preso, perché comportava dei rischi e anche un cambiamento radicale. Per me è stato un salto nel buio e questa sensazione la racconto nel brano Breathless. The Choice rappresenta proprio questo percorso di scelta e di transizione verso una nuova vita, verso una città che conoscevo solo per lavoro, ma non come cittadina. Milano comunque è piena di stimoli per chi fa un lavoro artistico come il mio. The Choice nasce dalla riflessione che ho fatto sulla scelta che ho compiuto, di lasciare la mia amata Sicilia e l’ho interpretata come una delle forme più grandi di libertà. La possibilità di scelta ci rende liberi. Ho riflettuto anche sul valore delle scelte e su quanto influiscano sulla vita.

Come può la musica rappresentare tutto questo?
La musica rappresenta ciò, creando delle atmosfere. Attraverso le note del pianoforte, che è lo strumento che mi rappresenta, esprimo questi sentimenti, creando appunto delle atmosfere. Le mie composizioni sono delle pagine di diario e molte persone, nell’ascoltarle, si immedesimano in questa storia che io, traccia per traccia, racconto. La musica strumentale non è influenzata e condizionata dalle parole e quindi è molto più libera di essere accolta da chi l’ascolta. Per questo è ideale per chi cerca un’esperienza di immedesimazione nella musica.

La sua scelta l’ha soddisfatta?
Sì, mi pento di non averla fatta prima. Però, ogni cosa avviene a suo tempo. Io vivevo in Sicilia, una terra meravigliosa ma arida di opportunità. L’isola, proprio in quanto tale, ti isola e così negli anni mi sono persa tante occasioni che adesso sto cercando di recuperare. Banalmente in Sicilia anche spostarsi è molto più problematico.

A proposito di viaggi, lei è reduce di un tour in Corea che è stato un successo
Ho fatto delle esperienze che porterò sempre nel mio cuore. Ho avuto delle possibilità che tramite il mio lavoro mi hanno permesso di conoscere una cultura molto diversa dalla nostra, sia a livello musicale che sociale. Sono entrata in contatto con un pubblico diverso da quello italiano, soprattutto per il peso che danno all’arte. C’è molta attenzione verso l’artista che crea arte, quindi hanno una vera e propria venerazione per l’artista. Dopo il primo concerto che ho fatto a Seoul, ho chiesto se era possibile incontrare il pubblico, come è mia abitudine qui in Italia, ma mi è stato negato, perché l’artista non può entrare in contatto con la gente. Questo mi lasciò perplessa, ma grazie alla mia sicilianità ho scardinato i loro protocolli e già durante il concerto il pubblico si è sciolto in applausi calorosi e poi in uno dei miei bis – me ne hanno chiesti più di uno – ho suonato una canzone folkloristica coreana che ho arrangiato al pianoforte e da lì è stato un tripudio, perché hanno visto come la mia cultura entrava in contatto con la loro. E alla fine il direttore di palcoscenico si è dovuto arrendere ed è stato costretto a far salire il pubblico che ha voluto fare le foto con me o fare selfie dal palco. Questo mi è piaciuto molto perché ho scardinato le regole ma arricchendo l’esperienza del pubblico coreano che ha così avuto modo di entrare in contatto con l’artista che per la cultura coreana è sacro. Infatti, io sono stata trattata da regina.

Invece come è stata accolta negli Stati Uniti, dove per altro ha ricevuto molti riconoscimenti?
Il pubblico statunitense è molto caloroso, molto affettuoso e meritocratico, perché ti valorizza e fa di tutto per dare visibilità all’artista. A me è successo per il Los Angeles Music Awards. Quando ci fu la serata per il lancio delle nomination delle 30 categorie, venne com’è una mia zia. Scesi dal taxi e ho visto che alcuni fotografi venivano verso di me. D’istino mi sono girata per vedere chi c’era d’importante dietro. Invece, non c’era nessuno. Loro venivano per me, mi avevano riconosciuta e mi chiamavano per nome per attrarre la mia attenzione. Io rimasi folgorata, perché si erano informati su chi era Giuseppina Torre. Tra l’altra la mia traccia, Il silenzio delle stelle, è stata sempre al primo posto come brano strumentale nella radio online fino alla premiazione. Questo mi ha dato una carica nel credere ancora di più nelle mie capacità e proseguire nel mio percorso e pian piano sto costruendo la mia carriera su solide basi.

Infatti, tra le moltissime esibizioni che ha fatto, ha suonato anche per Papa Francesco e ha aperto i concerti de Il Volo
Queste sono state esperienze bellissime. Suonare per Papa Francesco è stato emozionante e lui è una figura molto importante per me. Caso vuole che a distanza di qualche anno ho composto le musiche per il docu-film, Papa Francesco – La mia Idea di Arte, tratto dal libro scritto dal Pontefice. È quindi come se ci fosse qualcosa che ci lega. Poi nel 2018 avevo un’udienza col Papa ma non sono potuta andare, perché il disco della colonna sonora del documentario era stato selezionato agli I.M.E.A. Awards, un premio americano molto prestigioso, e lo vinsi nello stesso giorno in cui avrei dovuto incontrare il Pontefice. Pensare che in un primo momento avevo rifiutato la proposta di scrivere le musiche per il docu-film perché mi era arrivata in un periodo molto difficile della mia vita, ma le parole del Papa mi hanno scosso e così ho cambiato idea e mi sono rimessa a lavorare. Per me è stato salvifico, peccato che non ho avuto più l’occasione di incontrarlo, ma mai dire mai.
Per quanto riguarda Il Volo, è stata un’esperienza scioccante, perché avere l’Arena di Verona piena e sentire l’applauso del pubblico che mi ha conosciuto in quell’occasione è stato bellissimo. E poi ho avuto modo di incontrare i tre tenori che sono davvero dei ragazzi splendidi che mi hanno accolto veramente bene e mi hanno voluto sul palco anche per i saluti finali. Un’emozione grandissima, ma grazie alla musica la realtà ha superato il sogno.

Lei ha vinto Premio Civetta 2023 perché ha usato la musica come strumento di denuncia della violenza sulle donne: ci può raccontare di questo impegno che nasce anche da un’esperienza persona dolorosa?
Già prima di quello che ho vissuto, ero molto sensibile al tema della violenza sulle donne. Parlo sempre con molta discrezione del mio impegno per il quale sono diventata anche Cavaliere dell’Ordine “Al Merito Della Repubblica Italiana”. Penso che la musica ha una grande potenzialità anche nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Infatti, da circa un anno e mezzo quando mi esibisco metto sul pianoforte un paio di scarpe rosse che sono il simbolo internazionale della lotta contro la violenza sulle donne. Ma hanno un duplice significato, perché le scarpe indicano il movimento e il cambiamento che è quello che cerco di realizzare per quanto riguarda la cultura dell’oppressione femminile. Ogni passo, ogni cambiamento che riesco ad apportare con la musica è rappresentato dalle scarpe rosse che porto in giro ovunque con me, dall’Italia alla Corea. Sono un simbolo discreto ma molto forte. In Corea sono state molto fotografate e mi hanno chiesto del loro significato. E questa domanda dimostra che lì non c’è ancora una grande sensibilità sul tema. Quindi ho spiegato cosa fossero queste scarpe rosse e così ho lanciato dei piccoli semi che un domani diventeranno piante bellissime. Il mio impegno passa anche attraverso i giovani, vado nelle scuole, spiego ai ragazzi che cos’è l’amore e quali sono i segnali che devono essere subito decodificati. E ripeto sempre che la gelosia non è amore ma possesso. Invece la massima espressione dell’amore è il rispetto, ossia riconoscere la libertà dell’altro e dell’altra. Noi donne abbiamo diritto ad esprimerci e ad essere valorizzate per quello che siamo e mai discriminate in quanto donne.