C’è qualcosa di dannatamente tragico e ingiusto nella morte di Mirko Farci, vuoi per la sua età, aveva solo diciannove anni, vuoi per la crudeltà e la ferocia con cui è stato ucciso, ma soprattutto perché questo giovane e coraggioso uomo ha perso la vita cercando di difendere la donna che lo aveva messo al mondo, sua madre. È quasi l’alba a Tortolì quando il 29enne pakistano Masih Shahid si introduce arrampicandosi su di un fluviale nell’abitazione di Paola Piras, sua ex compagna, colpendola come una furia almeno diciassette volte, al viso, ai reni, alla trachea e all’addome. Sotto lo stesso tetto si trova Mirko che, resosi conto dell’accaduto, si lancia come scudo sul corpo di sua madre, per proteggerla da quel mostro, perdendo la vita. A quel punto l’assassino, che era già stato arrestato per maltrattamenti ed era destinatario del divieto di avvicinamento all’abitazione della ex, si dà alla fuga, ma viene catturato dopo diverse ore. A dare l’allarme con una telefonata ai carabinieri sarebbe stato un parente della povera Paola che vive in un altro appartamento della palazzina e che ha sentito le urla. Trasportata d’urgenza all’ospedale Nostra Signora della Mercede di Lanusei, è stata sottoposta a un delicatissimo intervento chirurgico, durato oltre 4 ore e fortunatamente riuscito. La donna ora è affidata alla cure dei medici della rianimazione, la prognosi resta riservata.
Una delle insegnanti di Mirko, Luisa, sul profilo Facebook ha scritto: “Sei stato un alunno meraviglioso e non sono parole di convenienza, sono tutte vere, buono, gentile, sempre sorridente e bello. Mi dicesti che tu a casa ci stavi davvero bene, ed è proprio lì che ti ha tolto la serenità quel mostro che altro non può chiamarsi… difendere gli altri era il tuo motto e te lo sei portato addosso sino ad oggi e per sempre…”. E allora raccontiamolo questo ragazzo coraggioso, perché da questa tragedia almeno il ritratto di un uomo buono rimanga impressa nella mente di ognuno di noi. Mirko era davvero un bravo ragazzo, sempre solare e pronto ad aiutare gli altri, proprio come viene ricordato dai compagni di scuola, amava sua madre a tal punto che già in passato gli era capitato di mettersi in mezzo a discussioni tra lei e l’ex compagno, una persona violenta e aggressiva, a tal punto che aveva già ricevuto il divieto di avvicinarsi a quella casa e a quella famiglia. Ma non è bastato, perché quando l’amore si trasforma in ossessione e la gelosia in possesso, quella linea sottile tra relazione normale e relazione tossica viene oltrepassato, e ogni parola viene utilizzata per ferire, fino a quando le parole non bastano più, e si alzano le mani.
Questo bisognerebbe indagare, perché non basta mai una denuncia, perché non bastano i divieti di avvicinamento per fermare la mattanza di queste donne colpevoli solo di aver creduto nell’amore. Ancora una volta. E alla fine sono sempre loro a pagare in prima persona, e, se, come in questo caso, a pagare è il sangue del proprio sangue, il prezzo è il più alto di tutti, quello di sopravvivere a chi davvero ci ha amato più della sua stessa vita, quello per cui tu avresti dato la tua, quello che hai cullato e protetto per nove mesi nel tuo ventre, ma non sei riuscita a proteggere da un mostro, che proprio tu, inconsapevole, hai portato dentro casa. Che vita sarà quella di questa madre se dovesse riuscire a salvarsi? Sapere di essere sopravvissuta al proprio figlio sarà l’ennesimo scempio perpetrato ai danni di chi è stato abbandonato ai demoni terreni proprio da chi invece avrebbe dovuto proteggerla, lo Stato. Perché è così difficile denunciare e non morire ammazzate? Perché è così difficile non mettere in carcere chi picchia la sua compagna già alla prima volta, o quanto meno allontanarlo per renderlo innocuo? Perché alla fine a pagare sono sempre le donne, colpevoli solo di aver dato la seconda possibilità? L’ultima per loro.
Ma in questo mondo marcio dove esistono un Benno Neumair che non si è fatto scrupolo di uccidere entrambi i genitori, strangolando il padre e soffocando la madre, o una Elena Gioia che a 18 anni fa uccidere dal fidanzato, Giovanni Limata, il proprio papà e pianifica di sterminare il resto della famiglia, la madre e la sorellina più piccola, sono i ragazzi come Mirko Farci che devono rimanere nella memoria di tutti noi. Perché questo diciannovenne dal cuore grande non ci ha pensato un secondo a proteggere la propria mamma, non ha avuto paura del coltello, non ha avuto paura di morire, ha visto il sangue e ha fatto quello che un uomo coraggioso e buono fa, ha cercato di di fermare l’assassino, anche a costo della propria vita. E allora parliamone di queste brave persone che sono quelle che fanno la differenza, raccontiamo e lasciamo che tutti sappiano chi era Mirko, che un giorno di maggio, lasciato solo in questa lotta impari al femminicidio, ha fatto scudo con il suo corpo a quello di sua madre.
Mirko Farci è morto. Mirko Farci è diventato, suo malgrado, un piccolo grande eroe dei giorni nostri, facciamo che almeno la sua morte non sia stata vana. Fermiamo i femminicidi.