L’omicidio di Elisa Claps: 13 coltellate per morire e 17 anni di bugie

In questi casi l'unica domanda da fare a chi ha impedito di conoscere la verità è questa: e se fosse stata vostra figlia?

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Quello di Elisa Claps è un mistero cominciato la mattina del 12 settembre del 1993 e risolto, in parte, nel marzo del 2010 quando venne ritrovato il corpo della giovane ragazza, ormai mummificato, nel sottotetto di una chiesa di Potenza. La ragazza era svanita nel nulla quando di anni ne aveva solo sedici e mai più ritrovata per diciassette lunghi anni, 6.205 giorni di silenzio, anche da parte di chi, forse, quello strazio avrebbe potuto evitarlo solo dicendo la verità e permettendo agli inquirenti di fare il loro lavoro. Una scomparsa trasformatasi in omicidio che si sarebbe potuta concludere in 48 ore, e che avrebbe potuto risparmiare il dolore di non sapere. Di questo caso di cronaca nera tanto è stato scritto, e anche raccontato attraverso puntate e puntate di Chi l’ha visto, ma forse quello che davvero è riuscito a curare meglio quest’inchiesta e a restituire ad Elisa la sua storia e la sua esistenza di donna appena affacciata alla vita, è il podcast di Pablo Trincia, un piccolo grande capolavoro di parole e musica, ma soprattutto di verità.

Voi immaginate che una vostra figlia, sorella, amica, esca di casa per andare a messa, che dista poca centinaia di metri dalla vostra abitazione, e che dica di andarci in compagnia di una persona che conoscete bene, immaginate di aspettarla per l’ora di pranzo, per mangiare tutti insieme in campagna, immaginate di salutarla sul portone, di darle magari anche un bacio, e di fare quello che un genitore, un fratello, una persona che vi vuole bene, sia solita fare, le classiche raccomandazioni: “Stai attenta, non dare confidenza a nessuno, torna subito a casa quando hai finito.” E poi il nulla, il vuoto, il dolore che ti mangia dentro e fuori. E soprattutto immaginate di sapere che fine abbia fatto il sangue del vostro sangue, immaginate di conoscere il nome del suo assassino, di andare prima a riferirlo con calma, poi sempre più “costretti” ad urlarlo senza essere mai ascoltati, nonostante le coincidenze, nonostante le prove, nonostante l’evidenza dei fatti. Mai ascoltati per diciassette lunghi anni. Eppure la famiglia di Elisa, con la mamma Filomena, il papà Antonio ed i fratelli Gildo e Luciano non si sono mai arresi, fino alla fine, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno dopo anno, fino alla triste amara devastante verità. Lei era sempre stata a pochi passi, uccisa e nascosta in un luogo sacro, l’ultimo posto in cui era entrata da viva. La chiesa della santissima Trinità di Potenza.

Elisa Claps insieme a mamma Filomena_TONY VECE:ANSA
Fonte: TONY VECE/ANSA
Elisa Claps insieme a mamma Filomena nel giorno della sua Prima Comunione

Danilo Restivo, questo il nome del suo assassino, conosciuto alle forze dell’ordine per aver in passato tentato di uccidere con un coltellino un bambino di undici anni, dopo averlo legato a una sedia e bendato insieme alla cugina, grazie alla quale poi si era salvato. Lo stesso Restivo denunciato per molestie dalle studentesse che avevano avuto la sfortuna di abitare davanti alle finestre di quest’ultimo, e per questo tempestate di telefonate e minacciate nel cuore della notte. Quel Restivo che aveva un’insana passione per le ciocche di capelli appartenenti a ignare donne, che si appostava sui bus aspettando il momento opportuno per tagliarle e tornare a casa con il bottino, grazie al quale, probabilmente, raggiungeva il suo apice sessuale. Questo ragazzo problematico che il giorno della scomparsa di Elisa si reca in pronto soccorso con i vestiti sporchi di sangue e dei tagli alle mani, non verrà mai fermato, non verrà mai ritenuto colpevole fino a quando gli omicidi diventeranno due, con un terzo quasi sicuramente a carico suo, ma per il quale viene arrestata un’altra persona, che, ancora oggi dichiara la sua innocenza e che presto vedrà la riapertura del caso.

Ne parliamo ancora oggi, a distanza di trent’anni, perché la morte di questa ragazza e il suo ritrovamento a 17 anni della sua scomparsa, ha aperto un tante domande, molte delle quali sono rimaste sospese nel tempo, e che mai avranno risposta perché chi sapeva è morto lasciandosi dietro un muro di omertà che di ha fatto ha solo contribuito ad alimentare il dolore di una famiglia che chiedeva e che chiede solo di sapere la verità. Perché Don Mimì, il parroco della chiesa in cui Elisa è stata uccisa e nascosta non ha mai dato il permesso di perquisire il sottotetto? Perché aveva sempre negato di essere amico della famiglia Restivo e di Danilo, per poi essere impresso nella foto dei diciotto anni di quest’ultimo? Perché alte cariche dello stato preposte a questo caso hanno di fatto insabbiato la posizione dell’assassino? Perché ci sono voluti 17 anni e degli operai ignari per dare una giusta sepoltura ad una ragazzina di 16 anni? Perché? sono dovute morire altre due donne perché Restivo fosse arrestato e condannato all’ergastolo? A settembre 2023, dopo essere rimasta chiusa per 13 anni, la chiesa della Santissima trinità è stata riaperta al pubblico, nonostante le richieste fatte dalla famiglia Claps, che non vi venissero celebrati i sacramenti nell’ora della morte di quest’ultima, un altro sfregio alla memoria di questa adolescente che ancora oggi chiede solo una cosa: verità e giustizia.

In questi casi l’unica domanda che viene da fare a chi sapeva e ha impedito alla famiglia di conoscere la verità è questa: e se fosse stata vostra figlia?

In memoria di Elisa Claps uccisa da Danilo Restivo con 13 coltellate e nascosta sotto il sottotetto della santissima Trinità di Potenza per diciassette lunghi anni.