Chiara Gualzetti, morire a 15 anni. L’omicida è un coetaneo

Chiara è stata uccisa subito dopo la sua scomparsa, l'ipotesi d'accusa nei confronti del coetaneo è di omicidio aggravato dalla premeditazione.

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Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

C’è qualcosa di tremendamente ingiusto nella morte di Chiara Gualzetti, sedici anni  ancora da compiere, uccisa a coltellate e abbandonata in cima ad un’altura nel parco regionale dell’Abbazia di Monteveglio, sui colli del Bolognese. Perché morire a quindici anni è qualcosa di dannatamente inconcepibile, ma se ad ucciderti è un tuo amico ed anche coetaneo, e per di più a poche centinaia di metri da casa, diventa insostenibile anche solo il pensiero.

Chiara era figlia unica, i genitori l’hanno vista uscire alle 9 di domenica mattina e non l’hanno mai più vista rientrare, allarmati dalla sua assenza e dal suo silenzio nel primo pomeriggio hanno dato l’allarme denunciando la sua scomparsa ai carabinieri e iniziando le ricerche con le unità cinofile, i volontari ed i vigili del fuoco.

È che un padre e una madre lo sanno, sanno quando c’è qualcosa che non va, se lo sentono scorrere nelle vene quel terrore, perché perdere un figlio è l’incubo peggiore di ogni genitore, figuriamoci l’unica figlia, di appena quindi anni, che ha tutta una vita davanti, loro che prima che lei nascesse decidono di trasferirsi dalla Campania in quel posto che sembra una cartolina, pieno di verde e di possibilità, e poi il mondo crolla, così all’improvviso, una domenica pomeriggio troppo calda e infame.

E tu rivivrai quegli istanti in cui la tua bambina esce dalla porta di casa salutando, senza sapere che sarà l’ultima volta che ascolterai la sua voce, ripetendoti per il resto dei tuoi giorni “se solo l’avessi fermata, se magari l’avessi accompagnata”, ma la realtà è che la vita non si riesce a prevedere, figuriamoci la morte.

I sospetti si sono concentrati da subito su quest’appuntamento che la quindicenne aveva con un suo amico e coetaneo, che anche i genitori conoscono, sono tranquilli, perché di sicuro non può essere lui, magari avrà incontrato qualche malintenzionato nel bosco oppure sui social, proprio come fa intendere il ragazzino, che inizialmente prova a sviare le indagini, sostenendo che Chiara avesse un appuntamento con un ragazzo conosciuto online, ma non è così.

È lui ad averla vista per ultimo, è lui ad averla uccisa, in tarda serata arriva la confessione. I sospetti su di lui si sono intensificati quando il papà dell’adolescente, Vincenzo, è riuscito a leggere alcune chat sul telefonino della figlia, nonostante fosse spento. Messaggi da cui si evincono minacce nei confronti della ragazza.

Ma come si fa ad accettare la morte di una figlia? Quale può essere il movente che ha armato la mano di questo, poco più, che bambino? E com’è possibile che a sedici anni si arrivi ad uccidere con tale ferocia invece di litigare anche magari animatamente, come fanno tutti, tirandosi anche la roba dietro? Come ci si trasforma da adolescente ad assassino? E poi ci sono la mamma e il papà di quest’ultimo, come si supera il dramma di una famiglia che nel giro di poche ore verrà menzionata solo per far riferimento al fatto di aver generato un omicida? Non sarai più solo Silvia (nome di fantasia), ma la mamma dell’assassino, e tua figlia sarà la sorella dell’assassino, e la vita (sociale) finirà quel giorno, senza davvero una colpa, se non quella di non aver capito la mente di sedicenne, che come noi tutti genitori di adolescenti sappiamo, è più complicata di un sudoku di ultimo livello.

Eppure questa famiglia in qualche modo potrà risorgere dalle sue ceneri, con l’aiuto di un bravo psichiatra, con anni di rieducazione in un carcere minorile, prima o poi riusciranno a riabbracciare quel figlio, magari a cambiarlo, riusciranno a fargli capire i suoi sbagli, l’errore madornale della sua breve vita.

Ma chi abbracceranno i genitori di Chiara? A chi daranno il bacio della buonanotte? Chi accompagneranno all’altare? con chi litigheranno per la gonna troppo corta o il trucco troppo pronunciato? Non riesco a non pensare allo strazio di questo papà e questa mamma privati della loro unica figlia, senza un motivo. Perché no, non esiste un motivo per trasformarsi in assassini, anche se nei videogiochi sembra così facile ammazzare l’avversario, perché tanto alla fine mica muore davvero, basta mettere in pausa, e ricominciare daccapo. Ma la morte no, quella vera, non la metti in pausa.

Adesso l’ipotesi di accusa nei confronti del minorenne, formulata dalla Procura, è di omicidio aggravato dalla premeditazione e dal fatto che la vittima avesse meno di 18 anni. Gli inquirenti hanno elementi per pensare che il ragazzo avesse pianificato il delitto, dando appuntamento alla ragazza con l’intenzione di ucciderla e portando con sé un coltello che poi è stato ritrovato.

Nell’interrogatorio avvenuto durante la notte ha confessato e ricostruito in maniera lucida e precisa il delitto, dicendo di aver agito sulla base di una spinta superiore “sento un demone che mi parla da anni”, riferendo che la ragazza gli aveva espresso il desiderio di morire. Facile vero dire così adesso che Chiara è morta? Speriamo che le chat cancellate parlino per lei. Perché Chiara non voleva morire, e di certo non avrebbe mai voluto morire così, accoltellata, picchiata e buttata in una scarpata, come si fa con i vecchi giocattoli. Chiara era felice, era tenace, ed aveva una fottuta voglia di vivere. Quella che le è stata tolta. A coltellate.