Io me la ricordo ancora la mia notte prima degli esami

E a quei tempi io non lo sapevo che non stavo dicendo addio solo alla scuola, ma a uno dei periodi più importanti della mia vita, la mia adolescenza

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 15 Giugno 2021 11:07

Io me li ricordo quei quattro ragazzi con la chitarra, perché tra quelli c’ero anche io. E insieme a noi, c’erano anche quelli cantati da Venditti, quelli col pianoforte sulla spalla che facevano da colonna sonora alla notte più importante della mia vita. Quella prima degli esami.

Quella che rappresentava la prima grande prova della vita, quella che mi avrebbe reso matura. E mi ricordo anche che mi sentivo forte e invincibile, convinta che reduce da quella notte avrei saputo affrontare tutte le difficoltà, le delusioni e i fallimenti, anche quelli troppo grandi.

Come quella relazione che mi trascinavo da mesi, che mi toglieva il sonno e la fame, quella troppo complicata per la mia età. Quello che mi aveva fatto sentire per la prima volta le farfalle nello stomaco e mi aveva fatta diventare grande. Quella che mi distraeva dalle giornate di studio collettivo, quando le mie amiche mi incitavano a concentrarmi sulla prova di informatica che, a quei tempi, era davvero temutissima.

E allora ci munivamo di Red Bull e merende energetiche per restare concentrati, salvo poi scoppiare a ridere, e farlo ancora, così tanto da sentire il dolore nello stomaco. “Chissà con che voto uscirò?”, ci domandavano curiosi tra di noi fantasticando su tutto quello che sarebbe stata dopo la nostra vita. E contavamo i giorni che ci separavano da quella notte, quella prima degli esami, perché dovevamo organizzare qualcosa di davvero speciale per celebrare quella fine. Perché non potevamo immaginare che quello sarebbe stato solo l’inizio.

A quei tempi non c’era whatsapp, ma tramite messaggi, telefonate e passaparola il gruppo era formato e la serata organizzata. Un falò al mare per suggellare nella mente e nel cuore quel ricordo, quello della notte in cui ogni nostra parola di trasformava in un ruggito, perché eravamo dei leoni. Io ero una leonessa. Di Leopardi e applicazioni gestionali, di matematica e lingua straniera, ce ne saremmo occupati il giorno dopo. Quella notte era nostra.

Perché saremmo diventati maturi. Io, Alessia, Silvia, Luigi, Orazio e tutti quelli che come noi avrebbero affrontato la maturità. Lo avremmo fatto insieme e sarebbe stato bellissimo. Poi ci saremmo salutati per le vacanze, ci sarebbe stato il primo viaggio con gli amici, le promesse di non perderci di vista e l’università.

Ma quella era già un’altra storia che avremmo scritto dopo il fatidico giorno, quello in cui saremmo diventati maturi.

Sono passati quindici anni quella notte. Io sono cresciuta, ho cambiato città e amici. Ho conosciuto l’amore, quello vero e poi l’ho perso. Ho fallito, mi sono smarrita e mi sono ritrovata. Ho realizzato i miei sogni. Gli altri, quelli con cui ho passato cinque anni gomito a gomito, li ho persi di vista. Perché è stata la maturità a infilarci, inesorabilmente, in destini differenti.

Perché durante quella notte, quella fatta di lacrime e preghiere, io non lo sapevo che non stavo dicendo addio solo alla scuola, ma a un periodo della mia vita, quello dell’adolescenza. Non lo sapevo che gli amici sarebbero cambiati, e con loro anche le certezze, perché avevo solo voglia di vivere nuove avventure. E mentre il presente diventava già passato, quel ricordo stava lasciando un segno indelebile nel mio cuore.