Il 9 marzo del 1973 Franca Rame fu stuprata. Cinque uomini, esponenti dell’estrema destra, la rapirono, la violentarono e poi l’abbandonarono in un parco. Volevano punire l’attrice teatrale e drammaturga italiana perché scomoda. Lei, donna fortissima e indipendente aveva espresso le sue opinioni, senza remore alcuna, riguardo l’Organizzazione Soccorso Militare per poi diventare, negli anni ’70, la voce del movimento femminista.
Una donna scomoda da mettere a tacere
“Una donna scomoda da mettere a tacere”, con questa scusa quegli uomini misero a punto un piano malato ai danni della compagna e poi moglie di Dario Fo. Oltre lo stupro anche la violenza fisica, il corpo di Franca fu deturpato con una lametta e la sua pelle bruciata con le sigarette.
Poi è arrivata la violenza sessuale, una ferita dell’anima più che del corpo, per la quale i cinque uomini non hanno pagato. Per quello stupro infatti solo una prescrizione, nonostante le testimonianze che il tutto fu organizzato da una squadra di fascisti che voleva punire la donna.
Un atto crudele e disumano quello subito dalla Rame che però non ha mai smesso di difendere la sua dignità e quella di tutte le donne, uomini e bambini che hanno subito nella loro vita una violenza. E non si è vergognata mai di raccontare a tutto il mondo quello che ha subito perché qualcuno ci ha provato a far passare lei per quella sbagliata, quando i veri mostri erano ancora là fuori. E così nel 1975 è arrivato il suo monologo Lo Stupro, finito poi nello spettacolo Tutta Casa, Letto e Chiesa.
Mi chiudo la giacca sui seni scoperti. Dove sono? Al parco. Mi sento male… mi sento male proprio nel senso che mi sento svenire… e non soltanto per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per la rabbia, per l’umiliazione, per lo schifo… per le mille sputate che mi son presa nel cervello… per… quello che mi sento uscire. Mi appoggio a un albero… mi fanno male anche i capelli… certo me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo una mano sulla faccia… è sporca di sangue.
Parole intense, soffocanti, coraggiose attraverso le quali Franca Rame ha raccontato di quella ferita che l’avrebbe segnata per tutta la vita. E così, armata di sole parole, la donna ha combattuto la violenza e la tortura che le è stata inflitta da uomini che l’hanno punita per le sue idee e quelle del marito con quale ha condiviso l’impegno civile e il palcoscenico.
Il coraggio di Franca Rame
Ed è stato proprio il teatro, la sua via di guarigione, alla stregua di un percorso di psicanalisi. Perché è stato parlandone, davanti al folto pubblico, che Franca ha messo in scena il suo trauma, lo ha affrontato e ha combattuto quella violenza a suo modo. Perché il suo posto nel mondo era lì, sul palcoscenico e in mezzo alla gente.
Lei, così forte e testarda anche in questo caso ha utilizzato le sue di regole e quel monologo, Lo stupro, oggi è diventato il manifesto contro la violenza di genere, il manifesto di una donna che non si è arresa davanti al silenzio politico, davanti a chi non voleva sapere e vedere. Parole coraggiose e forti che esorcizzano la paura, l’umiliazione, parole come lei, eroina moderna che noi ricorderemo sempre.
Cammino… cammino non so per quanto tempo. Non so dove sbattere, a casa no, a casa no. Poi… senza neanche accorgermene, mi trovo all’improvviso davanti al Palazzo della Questura. Sto appoggiata al muro della casa di fronte, non so per quanto tempo sto a guardarmi quell’ingresso. Le persone che vanno, che vengono, i poliziotti in divisa, penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… penso alle domande, penso ai mezzi sorrisi, penso e ci ripenso, poi mi decido… Vado a casa, vado a cas. Li denuncerò domani.