Bell Hooks: la donna che ha trasgredito al patriarcato e al razzismo

Il femminismo rivoluzionario e inclusivo di Bell Hooks è la più grande eredità degli nostri tempi. Ecco perché dovremmo riscoprire il suo pensiero

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 14 Maggio 2021 12:37Aggiornato: 12 Aprile 2024 11:58

Una donna non può essere femminista soltanto perché è donna. Il femminismo è un movimento che mira a porre fine al sessismo, allo sfruttamento sessista e all’oppressione perché compie una rivoluzione nella propria coscienza

Il suo nome è Gloria Jean Watkins, ma tutti la conoscono con lo pseudonimo Bell Hooks. È stata una femminista e un’attivista sociale, la voce grande e ribelle degli intellettuali, un simbolo per la comunità nera, per chi lotta contro le discriminazioni e l’oppressione, il razzismo e il patriarcato.

Una brillante autrice che negli anni ha pubblicato saggi memorabili che compongono una grandissima eredità letteraria legata indissolubilmente al tema dell’oppressione, il letimotiv di tutti i suoi lavori. Ha scritto, ha agito e ha pensato per sconfiggere il patriarcato e il razzismo, proprio lei che, da donna nera afroamericana, lo ha vissuto sulla sua pelle. Questa è la sua storia.

Gloria Jean Watkin, biografia

Gloria Jean Watkins nasce a Hopkinsville, nel Kentucky, in una famiglia di classe operaia e cresce insieme alle 5 sorelle a un fratello. Frequenta le scuole pubbliche negli anni della segregazione razziale trovando la libertà che sogna all’interno dei numerosi libri che legge.

Gli anni scolastici non sono semplici, Gloria si ritrova a vivere in prima persona tutte le avversità di una scuola integrata dove, insegnanti e studenti, sono prevalentemente bianchi. Ma da avida curiosa studia e legge fino a laurearsi. Inizia a insegnare e a scrivere e completa un dottorato in letteratura presso l’Università della California con una tesi su Toni Morrison, scrittrice afroamericana e vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 1993.

Sono giunta alla teoria attraverso la sofferenza:il dolore dentro di me era così intenso che non potevo più sopportarlo. Sono arrivata alla teoria disperata, bisognosa di comprendere, comprendere cosa stesse accadendo intorno a me e nel mio intimo. Più di ogni altra cosa, desideravo che il dolore sparisse. La teoria ha rappresentato per me un luogo di guarigione

È supportata dalla comunità nera del Sud che crede fermamente nell’istruzione come strumento contro l’oppressione razzista. Ma suo padre non è d’accordo con le sue scelte: quel desiderio di coltivare il talento può ostacolare il matrimonio al quale la figlia è destinata.

Gloria è una donna, è nera e proviene da una classe operaia. Non può scegliere di essere qualcosa di diverso: questa è la sua identità. E il femminismo – e tutte le lotte verso l’uguaglianza – non può non tenerne conto.

Mentre lavora come docente di inglese e studi etnici presso l’University of Southern California, l’editore statunitense Golemics pubblica il suo primo lavoro: And There We Wept. Per la prima volta, il mondo, conosce il nome di Bell Hooks, pseudonimo utilizzato da Gloria per la pubblicazione.

Il nome scelto è quello della sua bisnonna, per rendere omaggio a una donna brillante e audace che lei ammira molto. Ma il nome, da Gloria, viene utilizzato da quel momento in poi sempre in minuscolo per portare l’attenzione sulla sostanza dei suoi libri e non sulla sua identità.

Nel 1981 pubblica il suo primo importante lavoro sul femminismo: Ain’t I a Woman?: Black Women and Feminism ottenendo il riconoscimento da parte della comunità per aver dato un contributo importante e influente sul pensiero femminista. Il libro, infatti, approfondisce l’impatto storico del sessismo, ma anche del razzismo sulle donne nere e di come questo sia stato perpetuato dai media, dalle rappresentazioni, dall’istruzione e dalla società capitalistica. Sottolinea, anche, le questioni di razza e di classe all’interno dello stesso movimento femminista.

Il femminismo può significare tutto e niente

Dopo la pubblicazione di Ain’t I a Woman?: Black Women and Feminism, il pensiero di Bell Hooks si diffonde a macchia d’olio negli ambienti femministi perché è grazie a lei se una nuova definizione di femminismo è venuta alla luce. Perché non basta essere dire “sono femminista” per esserlo davvero. E questo Bell Hooks lo sa.

La sua produzione è ampissima: pubblica oltre 30 libri sull’oppressione, il patriarcato, la mascolinità e gli uomini neri. Prevale, nei suoi saggi, la consapevolezza della necessità di creare una comunità unita capace di superare le diseguaglianza di razza, classe e generi lontana dalla sorellanza proclamata dalle femministe bianche e cisgender. Per Hooks la sorellanza deve essere un luogo d’incontro e di inclusività tra le diversità che non si limiti solo alla solidarietà politica e occasionale, quanto più a un’unione tra valori e obiettivi condivisi.

Per Bell la costruzione di una comunità sana passa per l’educazione e l’alfabetizzazione che portano alla capacità di leggere e pensare in modo critico, che diventano la pratica della libertà.

L’oppressione passa per la classe e per il genere

Devo farmi femminista perché ciò diventa il veicolo attraverso cui mi proietto come donna al centro della battaglia, ma la lotta non comincia col femminismo. Comincia con la comprensione della dominazione e con la ribellione a tutte le sue forme

Bell Hooks sperimenta diverse oppressioni sulla sua pelle. Prima quella della famiglia dove cresce e nasce, patriarcale, operaia e nera. Poi quella del mondo nero segregato. Classe e genere sono strettamente correlate e pongono grandi limiti alle menti delle donne, non a quella di Bell che fin da giovanissima inizia a lavorare, con passione, per la sua libertà.

Classe, razza e sesso s’intrecciano in maniera così radicata e profonda nella sua opera che non è possibile parlare di femminismo senza prendere in considerazione questa più ampia visione. Perché non esiste una sola condizione femminile, ma tante condizioni e destini che, se non considerati, rischiano di creare ancora più diversità.

Ed è in queste considerazioni che troviamo un pensiero femminista posizionato, completamente diverso da quello mainstream, fintamente universale, che oggi troviamo nei media, sui social network, nella moda e persino tra le tendenze di abbigliamento. Perché essere femministe non può essere una moda. Perché la lotta contro le oppressioni non possono non considerare anche la razza, la classe e il genere che sono inevitabilmente intersecati tra loro.

Bell Hooks, l’eredità

In Italia la produzione di Bell Hooks non ha avuto grande diffusione editoriale come invece è successo per altre scrittrici, attiviste e femministe. Conoscere la sua opera e il suo pensiero, però, è necessario per avere una visione più globale che ci aiuti a comprendere fino in fondo il vero impegno femminista, quello che comprende anche le differenze di sesso, sessualità e classe, quello che non lascia indietro nessuno, quello che è costruito sull’esperienza di una donna che è segnata materialmente dalle condizioni di nascita, dal colore della pelle e dal denaro, dal razzismo e dall’oppressione.

Bell Hocks, nel 2014, fonda il bell hooks Institute al Berea College in Berea, Kentucky. Continuerà a insegnare per esprimere il suo attivismo politico, perché le aule per lei sono i luoghi delle grandi possibilità, fino al giorno della sua morte. Bell si è spenta il 15 dicembre del 2021all’età di 69 anni.