Ci sono donne che ci hanno lasciato un’eredità immensa anche quando a loro non era concesso di farlo, protagoniste dell’universo femminile represse, ostacolate e messe in ombra dalla società retrograda e patriarcale in cui hanno vissuto. Tra queste troviamo anche Artemisia Gentileschi, la pittrice guerriera dal talento inestimabile.
Lo stile drammatico e altamente espressivo che apparteneva all’artista la misero in una posizione estremamente rara e importante nel panorama artistico del Seicento. Ma Artemisia era una donna e le sue vicende personali, non propriamente felici, hanno sminuito a lungo il suo talento.
Nonostante la vita non le sia stata particolarmente accomodante ce l’ha fatta, Artemisia è una delle più note fra le artiste italiane prima del Novecento, una di quelle poche, pochissime donne che compaiono nei libri di storia dell’arte e nei manuali.
Artemisia Gentileschi. Pittrice Guerriera, il film
E non è un caso che proprio il 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne istituita dall’Assemblea generale dell’ONU, è uscito il film dal nome Artemisia Gentileschi. Pittrice Guerriera. La pellicola, prodotta da Delta Star Pictures e diretta da Jordan River, ha voluto omaggiare e celebrare la vita e la tenacia di quella donna divenuta il simbolo mondiale del femminismo.
Una donna che ha trascorso la sua vita a fare ciò che amava: dipingere. L’unica riuscita a entrare nell’Accademia del disegno in un’epoca in cui, tutto questo, era permesso solo agli uomini. Così, in un giorno importante per noi tutte, è stata scelta Artemisia Gentileschi per affrontare il tema della disparità di genere e della violenza contro le donne che ancora oggi colpisce l’umanità e la dignità degli uomini.
Il film Artemisia Gentileschi. Pittrice Guerriera non vuole solo raccontare la storia biografica della pittrice, seppur molto interessante, ma vuole essere un’opera che fa emergere la potenza della protagonista che deve fare i conti con una quotidianità opprimente a lei riservata solo per il fatto di essere una donna. E se non avete ancora visto il film, la sua storia ve la raccontiamo noi.
La violenza, la denuncia e il riscatto
Nata l’8 luglio del 1593 a Roma, Artemisia si appassiona fin da piccolissima alla pittura, tutto merito di suo padre, Orazio Gentileschi, pittore pisano di stampo manierista influenzato dall’arte di Caravaggio. Ispirata dal papà, anche la giovane artista diventa devota alla lezione del realismo caravaggesco, ecco perché le sue opere sono così cariche ed espressive.
Ma durante l’apprendistato presso il pittore Agostino Tassi, la vita della giovane Gentileschi cambia per sempre: dopo un corteggiamento serrato e inopportuno viene violentata dall’artista in maniera brutale. Lui prova a rimediare, lo fa con la promessa di sposarla. Ma il matrimonio riparatore non arriva, anche perché Tassi è già spostato, e con il supporto del padre la pittrice sceglie di denunciare.
Il processo pubblico è troppo anche per lei. Artemisia, infatti, diventa nuovamente vittima: prima delle false testimonianze, poi delle numerose domande. Viene torturata affinché confessi e assicuri la verità della sua denuncia.
Alla fine, dopo un lungo e tortuoso processo, Tassi viene condannato ma questo non basta per lenire quelle ferite dell’anima e del corpo che ormai appartengono ad Artemisia e anche alla sua reputazione che è ormai compromessa. Nonostante sia infatti una pittrice affermata e adorata, le sue commissioni non sono lontanamente paragonabili a quelle dei colleghi uomini.
Artemisia Gentileschi morirà a Napoli nel 1653. Ignorata per secoli da molti storici dell’arte, che si limitano solo a descriverne la triste vicenda personale, oggi è diventata simbolo di un femminismo antelitteram manifestato attraverso le sue opere.