Mangiare uova fa bene o male?

Le uova sono un alimento nutriente e poco costoso ma spesso si teme che possano far male a causa del loro contenuto in colesterolo. Facciamo chiarezza

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Roberta Martinoli

Medico Nutrizionista

Dopo una Laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca in Fisiologia dei Distretti Corporei, consegue una Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Medicina e Chirurgia.

Pubblicato: 15 Febbraio 2022 17:17

Valore calorico e nutrizionale

Un uovo intero del peso di 60 grammi fornisce mediamente 77 kcal che derivano in gran parte dai 7,5 grammi di proteine dall’elevato valore biologico (cioè complete di amminoacidi essenziali) e dai 5,2 grammi di grassi. I grassi presenti nell’uovo possono essere distinti in grassi saturi (1,9 grammi), grassi monoinsaturi (1,6 grammi) e grassi polinsaturi (0,75 grammi). Si tratta di un alimento poco costoso e nutriente.

Il suo elevato contenuto in colesterolo (oltre 200 grammi presenti nel tuorlo, la parte rossa) pone, però una serie di dubbi riguardo alla frequenza di consumo consigliata. Al Sig. Rossi il medico ha detto di evitare le uova per via degli alti livelli di colesterolo nelle ultime analisi del sangue. Il figlio Marco, che fa palestra, di uova invece ne mangia un paio tutte le mattine. “Quante uova posso mangiare a settimana?” è una domanda che ogni nutrizionista si sente fare spesso. È possibile che la frequenza di consumo possa essere diversa a seconda del paziente e a seconda della dieta?

Uova e colesterolo

Se vi siete imposti di non consumare più di tre uova a settimana perché temete il colesterolo siete anche voi vittima di un messaggio distorto. Sono oramai vecchie di 50 anni le raccomandazioni nutrizionali che impongono di non assumere più di 300 mg di colesterolo alimentare al giorno e non più di 3 uova a settimana. Solo negli ultimi anni le principali agenzie internazionali che si occupano di nutrizione e salute umana hanno rivisto queste indicazioni arrivando a rimuovere un limite al consumo così restrittivo (vedi Dietary Guidelines for Americans). In fase di revisione una delle domande a cui si è cercato di rispondere è come fosse stato possibile stabilire il limite dei 300 mg al giorno di colesterolo alimentare. Perché non 250 o 400? Quando ci si rese conto del ruolo che il colesterolo aveva nel promuovere la formazione delle placche all’interno delle nostre arterie nacque l’esigenza di limitarne l’assunzione alimentare. Non venne condotta alcuna indagine scientifica. Una volta verificato che in media la popolazione americana assumeva 600 mg al giorno di colesterolo si pensò che portare questo valore a 300 fosse già di per sé un vantaggio. Non si trattava certo di un approccio scientifico ma, nonostante ciò, questa indicazione è divenuta un dogma nell’ambito della comunità scientifica.

Il colesterolo non è da demonizzare, è invece indispensabile ai fini della sintesi degli ormoni sessuali (estrogeni, progesterone, testosterone e derivati), del cortisolo e degli altri ormoni della corteccia surrenale, della vitamina D, degli acidi e dei sali biliari (necessari alla digestione dei grassi alimentari e all’assorbimento delle vitamine liposolubili). Entra nella costituzione delle membrane cellulari formando le cosiddette zattere lipidiche, strutture in grado di modulare il passaggio di segnali biochimici da e verso la cellula. In questo senso il colesterolo è in grado di condizionare il buon funzionamento del Sistema Nervoso Centrale, del Sistema Immunitario, del Sistema Endocrino e in una parola di tutto l’organismo.

Quando dosiamo il colesterolo a livello ematico la quantità che troviamo non è solo quella derivata dagli alimenti. La gran parte è invece rappresentata dal colesterolo endogeno (ne produciamo tra 1 e 2 grammi al giorno, principalmente a livello del fegato). In situazione fisiologiche, tanto più alto è l’apporto di colesterolo con la dieta minore sarà la quota di colesterolo che sintetizziamo. L’enzima HMG-CoA reduttasi preposto alla sintesi di colesterolo viene infatti inibito dal colesterolo alimentare mentre è stimolato da un elevato consumo di carboidrati. Inoltre, maggiore è la quantità introdotta con gli alimenti e maggiore è la concentrazione ematica di colesterolo, minore è la quantità che l’intestino ne fa passare nel sangue.

Se la colesterolemia è abbondantemente superiore al valore considerato borderline (>240 mg/dl) con molta probabilità non è colpa solamente di ciò che si mangia. È più probabile invece che vi sia un non funzionamento del sistema di regolazione legato ad un difetto genetico. In questo caso genitori o fratelli e sorelle potrebbero condividere lo stesso problema. Bisognerebbe poi sapere che il colesterolo non è tutto uguale. In particolare, il colesterolo LDL può assumere l’aspetto di molecole grandi e leggere (large buoyant LDL) o di molecole piccole e dense (small dense LDL). Queste ultime portano più facilmente alla formazione delle placche a livello delle arterie perché tendono con più facilità ad ossidarsi. Curioso sapere che le uova contengono molecole del primo tipo. Sarebbe opportuno non accanirsi su un unico fattore di rischio, il colesterolo per l’appunto. L’aterosclerosi è una malattia su base multifattoriale: obesità, sedentarietà, fumo, alimentazione sbilanciata (troppo ricca di carboidrati, di cibi industriali, di grassi trans) e stress sono tutti fattori modificabili. Somministrare una pillola per ridurre il colesterolo (a volte fino a valori estremamente bassi) non ha alcuna utilità se nel frattempo tutti gli altri fattori di rischio continuano ad agire.

Quante uova mangiare

Se non c’è una ipercolesterolemia su base genetica, le uova possono essere consumate con tranquillità. La frequenza di assunzione potrebbe andare dalle quattro uova a settimana per chi segue un’alimentazione onnivora con presenza di carne e di altri alimenti di derivazione animale alle sette uova a settimana per chi ha adottato un’alimentazione vegetariana. Qual è però il modo migliore per cuocerle? Quello che lascia morbido il tuorlo mentre fa coagulare l’albume (vedi uova all’occhio di bue, alla coque, in camicia). In questo modo si preserva il valore nutrizionale della parte nobile che contiene oltre al colesterolo anche proteine di elevato valore biologico e vitamine del gruppo B, mentre si denatura l’avidina, sostanza tossica che si trova nelle uova crude. Il nome avidina deriva dalla particolare avidità di questa molecola nei confronti della biotina o vitamina H o vitamina B7. Questa si lega in maniera talmente forte all’avidina da formare un complesso non più assorbibile.