Eccoci in presenza della Dott.ssa Ferrero, medico nutrizionista, e della Prof.ssa Manfrini, endocrinologa, per parlare di una patologia molto frequente nella nostra popolazione, ovvero il diabete e, nello specifico, della correlazione tra questo e gli approcci alimentari più indicati per affrontarlo, come le diete chetogeniche VLCKD (very low calorie ketogenic diet).
Prof.ssa Manfrini, possiamo spiegare in modo semplice ai nostri ascoltatori, che cos’è il diabete, quanti tipologie esistono e quali sono le principali cause?
Iniziamo spiegando che il diabete è una patologia multifattoriale, cioè dipendente da fattori genetici, ma soprattutto ambientali quali lo stile di vita, ed è caratterizzata da un ‘iperglicemia cronica che porta a disturbi e ad alterazioni del metabolismo degli zuccheri, quindi dei carboidrati, dei lipidi, dei grassi e delle proteine, ed è correlata a un’alterazione dell’insulina, sia della sua secrezione che dalla sua azione a livello dei tessuti periferici, come il muscolo, il grasso, il fregato, oppure entrambe i meccanismi collegati insieme. Pertanto, questa condizione è dannosa perché nella cronicità, quindi nel tempo che passa, dà adito a delle complicanze che portano a avere proprio malattie che possono interessare cuore, reni, nervi e occhio, per cui richiede una particolare attenzione.
La classificazione del diabete è molto ampia e dettagliata: le forme più comuni, partendo in ordine di frequenza e prevalenza, sono il diabete di tipo 2, tipico dell’adulto, per lo più di una certa età e spesso in sovrappeso, con uno stile di vita scorretto, caratterizzato da insulina- resistenza o sindrome metabolica. Il diabete di tipo 1, invece, è caratterizzato da una riduzione della secrezione di insulina da parte della beta-cellula, ovvero la cellula pancreatica deputata alla sua sintesi. Questo si manifesta prevalentemente in età pediatrica, anche neonatale: essendo caratterizzato dall’assenza totale di produzione dell’insulina, l’unica terapia è la somministrazione della stessa.
Altre forme comuni di diabete sono quello gravidico, che si può manifestare tra il secondo e il terzo trimestre di gravidanza in una donna che precedentemente non aveva dato segni e sintomi della patologia, oppure quello di tipo genetico, come il “mody”, oppure quello secondario, legato all’utilizzo dei farmaci, quali il cortisone.
Potrebbe anche darci delle indicazioni legati alla diffusione del diabete in Italia ad oggi?
I dati ISTAT italiani del 2020 dicono che la prevalenza del diabete è del 5,9%: ciò significa che 3 milioni e mezzo di persone hanno il diabete e questo dato è in continuo incremento. Questi dati, sicuramente legati al nostro stile di vita medio, derivano anche da diagnosi fatte precocemente, grazie al fatto che oggi abbiamo diversi strumenti per intercettare questa condizione e i suoi fattori predisponenti, come l’alterata glicemia a digiuno e la ridotta tolleranza ai carboidrati. La prevalenza nel nostro Paese, confrontata con quelle internazionali, come riportato dall’International Diabetes Federation, è leggermente inferiore (10,5): per dare un’idea di grandezza, nel mondo ci sono circa 536 milioni di diabetici.
Professoressa Manfrini, spesso una glicemia che è leggermente alterata viene sottovalutata dalla maggior parte della popolazione. Quando invece dobbiamo realmente preoccuparci rivolgendoci quindi ad un esperto?
Per alterata glicemia digiuno, si intende una valore superiore al 100 o il 110 fino al massimo al 126 mg/dl. Se sono presenti valori di questo tipo dobbiamo attivarci per andare ad approfondire la situazione.
Come sappiamo, la diagnosi di diabete si pone quando in due momenti distinti, viene rilevata una glicemia superiore al 126 mg/dl, oppure un valore di emoglobina glicata (un nuovo strumento recentemente introdotto) pari o superiore al 6 .5 %. È chiaro che glicemie molto elevate, come superiori a 200 mg/dl, possono presentare anche segni e sintomi, come un aumentato senso della sete, un urinare più frequente, una perdita di peso ingiustificata, che possono chiarire più facilmente la situazione patologica.
Quando il diabete viene diagnosticato, viene curato attraverso un ‘adeguata terapia, che non può essere sospesa anche se i valori glicemici si riducono. Il diabete diventa, quindi, un compagno di viaggio: non si deve mai abbandonare la terapia, soprattutto in un momento storico come questo, nel quale abbiamo un ventaglio di offerte terapeutiche, sia dieto-terapiche, farmacologiche e tecnologiche, come le modalità di erogazione dell’ insulina, che portano sempre di più paziente al corretto target di normalizzazione e protezione. È importante che il livello di guardia non scenda mai: il diabete è molto subdolo, va sempre monitorato nel tempo, anche se i livelli glicemici sono a target, deve essere sempre messo in atto un atteggiamento di prevenzione, al fine di ridurre le complicanze che spesso e volentieri si fanno presenti anche quando i livelli glicemici magari sono rientrati nella norma.
Dott.ssa Ferrero, la Prof.ssa Manfrini ci ha parlato di stile di vita: sappiamo bene che una chiave dello stile di vita è l ‘alimentazione. È risaputo che il diabete è correlato alla quantità di zuccheri che vengono assunti all ‘interno della propria giornata alimentare, ma è vero che un diabetico non può assolutamente assumere nessun tipo di carboidrato?
Diciamo che l ‘assunzione di zuccheri influenza forse più la glicemia: questa è un parametro molto importante che indica la quantità di zucchero nel sangue, che come abbiamo visto è influenzato e tento sotto controllo da tantissimi e complessi sistemi di regolazione, per cui sicuramente un eccessivo consumo di zucchero ha un effetto diretto sull’innalzamento della glicemia, ma non è assolutamente vero che il paziente affetto da diabete non possa assumere i carboidrati.
È pur vero, però, che la quantità di carboidrati nella sua alimentazione deve in qualche modo essere bilanciata e controllata, ma più che sulla quantità sulla qualità: questi pazienti dovrebbero assumere principalmente quelli caratterizzati da un basso indice glicemico, ovvero quelli che abbiano una minore influenza diretta sul rialzo della glicemia, come quelli presenti nelle farine di tipo integrale, più ricchi di fibra rispetto ai cibi più raffinati.
Dott.ssa, sappiamo però anche che effettivamente una delle cause del diabete, soprattutto quello di tipo 2, può essere l ‘incremento di peso. A livello di protocolli alimentari, negli ultimi anni si sente parlare spesso di dieta chetogenica, potrebbe spiegarci in modo molto breve effettivamente di che cosa si tratti e se potrebbe essere una soluzione adeguata per un paziente diabetico?
Sicuramente il diabete e l ‘obesità/sovrappeso sono legati da un filo strettissimo, non necessariamente solo causale, cioè non semplicemente il fatto che l ‘obesità causi il diabete, ma da tanti fattori patogenetici che le due patologie condividono, tant’è che si usa anche il termine di “diabesità” per descrivere la situazione clinica in cui un eccesso di peso è compresente alla patologia diabetica. In questo caso, nel paziente con un eccesso di peso importante o l ‘obesità e il diabete, si consigliano terapie dietetiche e, effettivamente, sentiamo parlare molto spesso di diete chetogeniche. Questi sono dei trattamenti dietetici caratterizzati da una forte restrizione di consumo quotidiano di carboidrati. Questo implica una progressiva riduzione dei livelli di insulina del sangue e, quindi, la possibilità del nostro corpo di attingere non solo alle riserve di grasso, ma anche di produrre delle sostanze che si chiamano corpi chetonici, utilizzate come fonte energetica.
Possiamo dire quindi che le diete chetogeniche sono dei trattamenti dietetici molto ben strutturati da un punto di vista biochimico, caratterizzate però solo dal fatto di avere un ristretto contenuto di carboidrati. I trattamenti dietetici che sfruttano questi meccanismo, detto chetosi, vengono utilizzati molto efficacemente nei pazienti obesi: la restrizione di carboidrati, ma anche calorica, consente la mobilizzazione del grasso, con conseguente riduzione del peso corporeo, step terapeutico fondamentale del paziente diabetico. Per cui aiutano a ridurre il peso corporeo proprio perché permettono di ridurre tanto le calorie ma sono trattamenti dietetici normo- proteici, con un contenuto ridotto anche in grassi proprio per permettere questa riduzione calorica: è molto importante questa differenziazione perché nel paziente obeso e, più in generale nel diabetico, è necessario stare molto attenti da un punto di vista alimentare in modo da provocare un vantaggio metabolico, con controllo dei parametri metabolici alterati, quali la glicemia, il quadro lipidico o la pressione arteriosa. Si è visto che queste diete sono utilizzate molto efficacemente.
Dott.ssa, lei prima ha parlato già di carboidrati, sottolineando soprattutto la qualità di questi. Potrebbe anche suggerire ai nostri ascoltatori come alimentarsi in modo corretto, in particolare per quei soggetti che hanno il diabete e, eventualmente, quali sono quegli alimenti a cui si dovrebbe stare particolarmente attenti, quindi da limitare il più possibile?
Quello che è importante sottolineare è che, fortunatamente, le linee guida di tutto il mondo in questi anni si sono sganciate dal concetto di una dieta specifica per il paziente diabetico, avvicinandosi, invece, all’ idea di uno stile alimentare sano e salutare, soprattutto per il paziente patologico come il diabetico che è a grande rischio cardiovascolare. Ovviamente, tutto questo nel rispetto delle preferenze alimentari, tradizionali e religiose del paziente. Tutti questi aspetti devono essere considerati nel proporre quello che non è più visto come una cura, come può essere un trattamento con una dieta chetogenica, ma quello che deve essere validato come uno stile di vita sano da protrarre nel tempo, per mantenere ovviamente un buon controllo della patologia a lungo termine, in assenza di interventi terapeutici particolari.
Come abbiamo detto, per quanto riguarda la qualità dei carboidrati per il paziente diabetico e per tutti noi naturalmente, va posto l ‘accento sul limitare un eccessivo consumo di zuccheri semplici; ricordiamo che anche la frutta limitata nella quantità di assunzione giornaliera perché chiaramente contiene degli zuccheri semplici: tutto quello che è un eccesso, sia da un punto di vista calorico che di proporzioni tra i macronutrienti, deve essere eventualmente valutato al fine della correzione del peso. In conclusione, non ci sono delle preclusioni alimentari particolari per questa patologia, se non delle attenzioni per quanto riguarda la quantità generale di zuccheri semplici, un consumo eccessivo di alcool, di particolari alimenti che sappiamo essere dannosi sul quadro lipidico, mantenendo sempre un occhio molto attento sulla qualità di quello che assumiamo quotidianamente.
Ringraziamo sia la professoressa Manfrini sia la dott.ssa Ferrero per essere intervenute oggi e vi ricordiamo che possiamo trovare questa intervista e tantissimi altri approfondimenti su questa rubrica.
In collaborazione con Penta Diet