La Malattia di Anderson-Fabry, spesso nota solo come malattia di Fabry, è una patologia genetica rara di natura metabolica, caratterizzata da un accumulo di particolari lipidi in varie cellule dell’organismo. Colpisce soprattutto i reni, il sistema nervoso e l’apparato cardiocircolatorio. Proprio per la sua natura genetica, la patologia può far riflettere su problematiche legate alla procreazione e alla programmazione familiare.
Sul tema si sono interrogati pazienti, famiglie ed esperti del settore, con approfondimenti su tematiche fondamentali legate alla gestione della malattia di Fabry, in occasione dell’VIII Meeting Nazionale Pazienti e Famiglie Fabry, organizzato dall’Associazione Italiana Anderson-Fabry (AIAF).
Indice
La complessità delle scelte
Per la prima volta nell’occasione si è affrontato il tema della genitorialità, un aspetto cruciale per le persone che convivono con la malattia di Anderson-Fabry, trattandosi di una patologia genetica ereditaria legata al cromosoma X.
Sia uomini che donne, infatti, si trovano ad affrontare scelte non sempre facili riguardo alla possibilità di trasmettere la malattia ai propri figli, con implicazioni non solo mediche, ma anche psicologiche.
“Affrontare la tematica della gravidanza e della pianificazione familiare – spiega la presidente Stefania Tobaldini – significa dare alle giovani coppie strumenti e informazioni utili che permettano loro di fare delle scelte in modo consapevole, colmando così un’importante lacuna informativa. Si tratta di un tema molto delicato, perché coinvolge valori, stili di vita e storia clinica, riproduttiva e familiare”.
Due esperti Renzo Mignani e Daniela Zuccarello hanno affrontato il tema della gestione della gravidanza nelle donne con Fabry, analizzando le possibili complicanze e le strategie di gestione ottimali per garantire la salute materno-fetale. Sono stati inoltre discussi gli strumenti disponibili per la pianificazione familiare, comprese le opzioni di diagnosi genetica preimpianto e le implicazioni delle diverse scelte riproduttive.
“Non esistono scelte giuste o sbagliate, – sottolinea Tobaldini – il nostro scopo è dare delle informazioni chiare e puntuali. Siamo orgogliosi di aver portato tale tematica proprio all’interno del nostro Meeting Nazionale, così da discuterne con esperti quotati e riconosciuti a livello nazionale e non solo”.
Gli spazi per la procreazione medicalmente assistita o PMA
Come ha descritto la Zuccarello, la diagnosi genetica preimpianto (o PGT) “consente alle coppie in cui uno dei due partner è affetto da malattia di Fabry di programmare con serenità una gravidanza, avendo la certezza di non trasmettere la malattia ai figli. Infatti, la PGT consente di conoscere la costituzione genetica dell’embrione prima del suo trasferimento in utero, al fine di evitare l’esecuzione di diagnosi prenatale invasiva (villocentesi) e una eventuale dolorosa scelta di interruzione volontaria di gravidanza”.
Questa tecnica, eseguibile in Italia da più di 15 anni in combinazione con un ciclo di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita), rappresenta davvero una svolta per tutte le coppie che desiderano una genitorialità responsabile, perché la PGT consente anche di verificare se l’embrione sia affetto o meno da malattie causate da un alterato numero di cromosomi, in modo tale da preferire il trasferimento degli embrioni con la più elevata probabilità di nascere sani. Esistono in Italia circa 60 centri PMA che eseguono questa diagnosi e in alcuni di questi i costi sono totalmente a carico del SSN.
Come gestire la patologia in gravidanza
“La gravidanza nella malattia di Fabry – ha spiegato il prof. Mignani – è un evento frequente che non comporta problematiche particolarmente differenti rispetto alla gravidanza di una donna non affetta dalla malattia”.
L’incidenza delle principali complicanze, come l’eclampsia, è infatti del tutto sovrapponibile a quella della popolazione in generale. Ciononostante rimane una gravidanza a rischio, soprattutto nelle pazienti che presentano alterazioni a livello cardiaco o renale, e che richiede un’attenzione e un monitoraggio ginecologico stretto e continuo come in tali condizioni.
Nelle donne che sono in trattamento con le terapie specifiche per la Fabry, come le terapie enzimatiche sostitutive o la terapia chaperonica, la continuazione del trattamento durante la gravidanza può essere consentita seppure sotto stretto controllo di medici esperti della malattia. Diverse esperienze internazionali e anche italiane hanno dimostrato infatti la tolleranza di tali trattamenti e la stabilità della malattia nelle donne che hanno continuato la terapia. Infine non sono documentati particolari problemi o complicanze nei neonati sia di madri in trattamento che non ancora trattate, a parte una modesta prematurità.
La malattia e l’associazione
La Malattia di Anderson-Fabry è legata ad un accumulo di particolari grassi causato dal deficit o dalla carenza di un enzima, chiamato alfa-galattosidasi A. Ciò comporta il depositarsi di scorie nei tessuti viscerali e nell’endotelio vascolare di tutto l’organismo, con danni progressivi a livello cardiaco, renale e del sistema nervoso centrale.
Detto che la diagnosi spesso arriva con anni di ritardo, va ricordato che la malattia si può manifestare in modo estremamente vario con neoformazioni cutanee, problemi oculari, insufficienza renale e cardiopatia. Il coinvolgimento del cuore è caratterizzato da alterazioni del ritmo cardiaco, disturbi della conduzione, che nel tempo possono progredire nello scompenso cardiaco.
Ancora: esistono due differenti forme di malattia di Fabry: la forma classica e la forma ad esordio tardivo. Più in generale, comunque la patologia colpisce soprattutto i reni, il sistema nervoso e l’apparato cardiocircolatorio. Il disturbo ereditario del metabolismo si manifesta fin dall’età pediatrica con angiocheratomi, neuropatia dolorosa, acroparestesie, opacità corneale, problemi all’udito ed episodi febbrili ricorrenti, fino a determinare, in età adulta, delle complicanze cerebrovascolari, insufficienza renale e cardiaca.
L’associazione AIAF APS non ha fini di lucro e si impegna per dare sostegno e tutela a pazienti e famiglie, affinché non si sentano soli a partire dal delicato momento della diagnosi, con l’intento di migliorarne la qualità di vita.